Eccoci qua, stessa spiaggia, stesso mare. Le polemiche per le lunghe attese al Pronto Soccorso arriveranno.
Io gioco d’anticipo, visto che la scorsa notte c’eravamo, anche se non avremmo dovuto essere lì.
Avevamo appena finito il nostro turno da 12 ore e siamo stati chiamati perché c’era “affollamento”.
Capita, soprattutto d’estate, che SENZA NESSUN OBBLIGO si rientri a lavoro.
Neanche il tempo di arrivare e i pazienti, quasi sempre turisti, ci assalgono con le solite domande.
1) ma quanto devo aspettare?
2) vi siete scordati di me?
3) per voi possiamo anche morire?
4) se non avete voglia di lavorare, perché non cambiate lavoro?
E poi un grande classico: “Al Pronto Soccorso della mia città sono più veloci!”
Non avevo tempo di rispondere a tutti e lo faccio adesso, sperando che qualcuno legga e capisca.
1) L’attesa era lunga, ma come al solito oltre il 90% dei presenti aveva fatto un accesso inappropriato. Non avrebbe dovuto essere in pronto soccorso, ad intasarlo, creando lunghe attese, e facendoci aumentare la possibilità di errore. Probabilmente ancora non si è capito quando ci si deve rivolgere al pronto soccorso e quando altrove. Ecco alcune delle motivazioni con cui pazienti si sono rivolti al pronto soccorso nel corso di quella serata/notte (e non è stata un’eccezione).
2) No, non ci scordiamo di nessuno, siamo impegnati a prestare le cure a quel 10% dei pazienti che sono in pericolo di vita (quelli che non si lamentano). Può succedere che gli infermieri del Triage siano sopraffatti dal numero di pazienti che hanno in carico e che abbiano difficoltà a rivalutarli tutti nel breve periodo, ma assumendosi rischi e responsabilità lavorano senza sosta per tutto il turno; per la soluzione leggi la risposta al punto 1.
3) Per noi non “potete morire”, perché il nostro lavoro è salvarvi la vita, è a questo che siamo preparati, ma nel 90% dei casi siamo impegnati a fare tutt’altro che procedure salva vita. Per la soluzione leggi la risposta al punto 1.
4) Per lavorare in un Pronto Soccorso, non solo devi avere tanta voglia di lavorare, che tu sia medico, infermiere o OSS, tutti i giorni devi essere in grado di accettare una sfida: capire quali, tra gli oltre 100 pazienti, siano i pochi che sono realmente in pericolo di vita. Inoltre devi essere anche capace di resistere al continuo corteggiamento della sanità privata, in cui i guadagni sono di molto superiori e lo stress è quantomeno inferiore. E’ un lavoro per pochi, che non consente distrazioni, perché possono essere fatali. Per la soluzione leggi la risposta al punto 1.
L’ultima considerazione, mi farebbe piacere se davvero i nostri colleghi delle altre città non avessero problemi di lunghe attese, ma è una bella favola a cui non posso credere.
Riccardo Ristori
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