Sbattuto sui giornali come “Infermiere molestatore”, in realtà è un OTA

È accaduto di nuovo e, ormai, non fa più notizia: i media hanno sbattuto in prima pagina, con tanto di locandine in bella mostra nelle edicole per essere sicuri dell’efficacia della propria disinformazione, un bel titolone che lede il decoro della professione infermieristica.

Stavolta, dopo le innumerevoli uscite come quella che identificava gli infermieri come “paramedici che puliscono le sale operatorie” (VEDI) o quella che vedeva i professionisti dell’assistenza anche un po’ idraulici (VEDI), stavolta l’infermiere è diventato un maniaco sessuale.

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Eh sì, avete capito bene. Perché su TusciaWeb, quotidiano locale di Viterbo, oggi è stato partorito un articolo dal roboante titolo: “L’infermiere ci palpeggiava e sfiorava nelle parti intime” e che parlava, purtroppo, di alcune molestie sessuali subite da tre pazienti.

Articolo ripreso poi da altri quotidiani locali e da, udite udite, Il Messaggero, con altri bei titoloni ad effetto come: “Abusi sessuali sui pazienti ricoverate nella casa di cura, arrestato INFERMIERE”, oppure “Giovane INFERMIERE abusa di tre pazienti in casa di cura”, e ancora “Arrestato INFERMIERE per violenza sessuale aggravata e continuata su tre pazienti della casa di cura”.

Che c’è di strano? Nulla a parte che… Ancora una volta, i professionisti infermieri e l’infermieristica italiana, con questa triste vicenda, non c’entrano proprio nulla: oltre al titolo che infanga la nostra professione, infatti, su TusciaWeb si legge chiaramente che l’uomo sotto accusa è un “OTA, ovvero un operatore tecnico addetto all’assistenza”.

Perché diavolo parlare di infermieri, allora? Beh, perché fa più “Titolo”, probabilmente… Perché si sa benissimo, con ogni probabilità, che chi ci rappresenta non ha la stessa forza di altre professioni assai più riconosciute e con un’identità ben precisa. O semplicemente perché cittadini e media, negli ospedali, al di là delle chiacchiere, sono confusi da ciò che vedono.

Perché oltre alle leggi e alle tante carte prodotte negli ultimi 24 anni, le dinamiche che si apprezzano tutti i giorni e pressoché dappertutto nei nosocomi italiani, condannano di fatto la credibilità della professione infermieristica senza possibilità di appello.

È infatti inevitabile che se un cittadino (che può essere anche un giornalista) vede un Ota e un infermiere fare la stessa cosa (trasportare una barella, ad esempio), per tale utente infermiere e “operatore tecnico dell’assistenza” sono la stessa cosa. Se altresì vede un OSS e un infermiere fare il fantomatico “giro letti” insieme, è normale che per l’osservatore le due figure si equivalgano.

Gli si può spiegare in tutte le salse che l’infermieristica è una professione intellettuale, che è cresciuta tantissimo negli ultimi 30 anni, che si è responsabili di questo e di quello, ma… Oltre a rischiare di fargli fare due risate, i fatti dicono che il cittadino non vedrà mai un medico, un fisioterapista, un logopedista, un podologia o un tecnico di radiologia trasportare la suddetta barella o dedicarsi anima e corpo agli effetti letterecci. Mai.

Comunque, al di là di questa stucchevole e ripetitiva riflessione che oramai, per ovvi motivi, insieme a quella sulla discutibilità della denominazione “Infermiere”, è quasi all’ordine del giorno… Ci attendiamo un intervento deciso della FNOPI col fine di fare, per l’ennesima volta, chiarezza. Perché non se ne può davvero più.

Redazione Nurse Times

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