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Sanità penitenziaria: nuova proposta di ripartizione dei 165,4 milioni di euro

I servizi sanitari destinati ai detenuti rappresentano una nota dolente sotto diversi aspetti

I servizi sanitari destinati ai detenuti rappresentano una nota dolente sotto diversi aspetti

Sicurezza del detenuto e del personale, fondi insufficienti, strutture architettoniche inadeguate ma non solo, tutti aspetti che dipendono anche dalla ripartizione di quel fondo.

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Riguardo la situazione economica, che per ovvi motivi influisce sulle altre criticità limitandone la possibilità di risposta e risoluzione, arrivano buone notizie.

La Conferenza Stato-Regioni e provincie autonome, durante il suo ultimo appuntamento dell’anno avvenuto a Roma lo scorso 16 novembre, ha sancito la ripartizione dei fondi per la sanità penitenziaria che ammontano a 165,4 milioni di euro.

Questi fondi sono destinati grazie all’effetto del D.P.C.M. 1° aprile 2008 che con l’articolo 6 sancisce appunto il trasferimento delle risorse finanziarie al fine di  permettere al SSN di provvedere alle funzioni sanitarie afferenti alla medicina penitenziaria.

A livello logistico i fondi sono stati distribuiti tenendo conto di un preciso criterio di ripartizione: il 65% sulla base dell’incidenza percentuale complessiva del numero di detenuti, il 35% sulla base dell’incidenza percentuale complessiva del numero di ingressi.

Secondo questo calcolo, le regioni a cui è sono stati destinati fondi maggiori sono la Lombardia, che ospita il 15% dei detenuti di tutto il territorio nazionale, con 24,4 milioni, la Campania 21,4 milioni, il Lazio 19,7 milioni. Seguono Sicilia (13,6 milioni), Toscana (12 milioni) ed Emilia Romagna (11 milioni).

La priorità assoluta rispetto ai servizi erogati resta sempre quella di garantire i Livelli Essenziali di Assistenza anche all’interno di realtà complicate come gli istituti di giustizia.

La complessità della richiesta di salute è fortemente condizionata dalla substruttura sociale interna all’ambiente, alla scarsa disponibilità ed aderenza alle cure, a barriere linguistiche, a preconcetti culturali, al mancato riconoscimento dei ruoli sanitari e dei percorsi sanitari. Secondo i dati comunicati dal ministero in Italia è registrata la presenza arrotondata di 55mila detenuti, tenendo anche conto dei minori affidati ai servizi di Giustizia Minorile.

Riguardo gli aspetti infermieristici sono molte le problematiche denunciate sia a livello organizzativo che a livello dell’attività assistenziale stessa.

L’infermieristica penitenziaria rappresenta una componente della famiglia professionale sicuramente non eclatante per numeri di infermieri coinvolti o per prestigio clinico.

Tenendo però di conto tutta una serie di atti scritti, dal patto infermiere-cittadino in poi, e di altrettanti principi etici fondanti la nostra professione non è pensabile ragionare su questa componente senza equipararla per importanza a tutte le altre componenti.

Sebbene le posizioni e l’operato della FNC Ipasvi siano esemplari in merito, il problema da non sottovalutare è rappresentato da chi non riconosce culturalmente l’equiparata necessità ed importanza di queste componenti definite talvolta come “minori”.

Dimenticando forse come la dignità dell’intera famiglia professionale è costituita dalla dignità di uno suo singolo rappresentante.

 

Marco Tapinassi

 

Allegato

Documento Ministero della Salute sulla ripartizione del fondo sanità penitenziaria

 

Redazione Nurse Times

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