È stato licenziato il primario urologo del San Filippo Neri. Per la Asl Roma 1, cui fa capo l’ospedale, il dirigente (G.S. le sue iniziali), avrebbe fatto entrare in sala operatoria il figlio specializzando in urologia, ma estraneo all’organico dell’ospedale, per eseguire interventi chirurgici. La richiesta per questa attività era stata presentata, ma l’autorizzazione non era ancora arrivata. Inoltre non sarebbero state rispettate le liste di priorità negli interventi di elezione, quelli programmati e per i quali si aspettano mesi. Infine, l’Ufficio procedimenti disciplinari della Azienda ha contestato al primario anche i criteri di organizzazione e gestione del reparto.
L’inchiesta amministrativa interna era partita dalle denuncia di due infermiere sulle molestie verbali e fisiche perpetrate nei loro confronti da due medici urologi, ora sospesi rispettivamente per quindici giorni e quattro mesi. Il provvedimento disciplinare nei confronti del primario si somma dunque all’indagine della Procura sul comportamento dei questi due professionisti, che avrebbero molestato le infermiere con battute pesanti, frasi volgari, insolenze e persino allungando le mani. Pare che a nulla siano valsi i rifiuti netti, le resistenze ferme delle donne. I medici avrebbero perseverato nei loro comportamenti. “Siamo stati noi a segnalare questi comportamenti alla Procura” , spiega il direttore della Asl, Angelo Tanese, senza aggiungere altro. Ora i due medici sono indagati: uno per violenza sessuale, l’altro per molestie.
Insomma, il lavoro degli inquirenti della Procura e quella dei funzionari dell’Ufficio procedimenti disciplinari si intrecciano sulla vicenda dei comportamenti molesti. Anche perché, partiti da questi ultimi, gli accertamenti della Asl si sono spostati sugli altri due versanti, che hanno portato al licenziamento. Ora le indagini, giudiziaria e amministrativa, concorrono a gettare un fascio di luce non solo sull’Urologia del San Filippo, ma anche sulle molestie di dirigenti medici di altri ospedali verso infermiere e specializzande.
Ma ricostruiamo la vicenda. Le accuse delle due infermiere si riferiscono a comportamenti ripetuti messi in atto tra l’inverno e la primavera del 2018. Avances fisiche, frasi volgari, apprezzamenti sempre rifiutati con decisione da parte delle vittime. Nonostante la fermezza delle donne, i medici avrebbero continuato in un’escalation diabolica. Il caso più eclatante, l’ultimo, si sarebbe consumato in aprile. Prima di un intervento, in sala operatoria, uno dei due si sarebbe avvicinato all’infermiera e le avrebbe leccato il collo. La donna avrebbe reagito tirandogli con un ceffone e urlando di smetterla.
Alla fine, esausta, ha deciso di presentare una denuncia, perché “quell’uomo – così ha spiegato agli investigatori – non si sarebbe fatto spaventare dal mio fermo diniego e io non ero più in grado di gestire la paura”. La collega, invece, sarebbe stata chiusa dentro uno sgabuzzino e fatta bersaglio di baci rubati, malgrado le sue resistenze. Dei comportamenti molesti sarebbero stati avvertiti, secondo quanto sostengono le vittime, anche i vertici dell’ospedale, che però avrebbero minimizzato, riducendo l’origine dei fatti a un fraintendimento. Come se non bastasse, i medici avrebbero alimentato un clima di tensione, intimando alle infermiere di ritirare le denunce.
Redazione Nurse Times
Fonte: Repubblica
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