Risulta positivo all’HIV: l’Arma dei carabinieri non gli permette di arruolarsi

Biella – Risulta positivo al virus dell’Hiv e l’Arma dei Carabinieri lo dichiara non idoneo. Lo riporta il quotidiano “La Repubblica”

L’episodio accaduto ad un ragazzo di 28 anni, che ha scoperto di aver contratto il virus durante gli esami previsti per l’arruolamento e dopo aver svolto regolare servizio di leva dal 2014 al 2017. Il ragazzo fa parte dei 1937 aspiranti carabinieri che due anni fa hanno superato le prove scritte, peccato non abbia mai potuto sostenere le prove pratiche e fisiche. Sul risultato di ammissione alle prove c’è scritto “non idoneo”, senza altre spiegazioni.

La notizia di aver contratto il virus dell’Hiv è arrivata come una doccia fredda.

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Con il suo avvocato decide di chiedere una sospensione del provvedimento e di intentare un ricorso perché con quel rifiuto “la decisione viene presa senza che venga specificata la motivazione del respingimento, senza contare che l’Hiv non può costituire una discriminazione per mantenere un posto di lavoro – spiega Aliprandi – E viola anche l’articolo 3 della Costituzione perché è evidente che siamo di fronte a una disparità di trattamento: Se un carabiniere contrae l’Hiv dopo essersi ormai arruolato non viene espulso dall’Arma”.

Questa è la tesi che Francesco porta davanti al Tar del Lazio. Francesco, infatti, con i farmaci è in grado di condurre una vita del tutto normale riducendo al minimo il rischio di possibili contagi.

Il Tar, però, a febbraio, da ragione all’Arma e respinge il ricorso. “La decisione non viola i principi di uguaglianza – si legge nel provvedimento – in quanto trova giustificazione nell’esigenza di reclutare personale militare che deve essere in condizioni tali da assicurare in pronto impiego anche all’estero e in condizioni ambientali e operative estreme, nelle quali non sempre è possibile assicurarsi la fornitura dei medicinali necessari, per cui anche patologie del tutto banali e suscettibili di essere tenute sotto controllo con i farmaci sono preclusive dell’arruolamento”. Una motivazione che lascia perplesso Francesco: “Anche un militare che si ammala durante il servizio si trova nella stessa situazione, ma questa è un’eventualità su cui i giudici non hanno dato una risposta”.

La battaglia di Francesco si è fermata qui perché l’alternativa è peggio di rinunciare al suo sogno: “Per poter proseguire avremmo dovuto accettare che il nome del mio cliente venisse pubblicato con la sua patologia esponendolo così alla pubblica gogna sul sito del Ministero della Difesa”.

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Fonte: La Repubblica

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