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Pronto soccorso del San Camillo al collasso: quali soluzioni?

Da circa una settimana, al pronto soccorso del San Camillo di Roma, vi è una situazione di sovraffollamento massiccio che porta gli assistiti a lamentarsi della troppa attesa, non solo per l’accesso alla visita ma, anche, per il completamento di tutto l’iter diagnostico terapeutico a cui viene sottoposto l’utente. Si parla di eccessiva attesa anche per i malati gravi e, anche se solo pochi pazienti sono “appoggiati” nel corridoio, quelli che si trovano dentro le stanze, sotto controllo costante di infermiere e medico, sono posizionati in barelle molto vicine le une alle altre, al fine di ottimizzare gli spazi, ma, addirittura, viene denunciato dalla dott.ssa Maddalena Schiano, sindacalista ANAAO, talmente vicini al punto che alcuni pazienti “sporcano di sangue” altri pazienti e altri utenti mangiano accanto ai corpi di persone decedute. Una situazione al limite della decenza e della dignità umana. Una situazione che contrasta colpevolmente con la deontologia professionale infermieristica e medica.

Ma di questa situazione, la dirigenza dell’ospedale in questione sembra non farsene un cruccio. “Non abbiamo la bacchetta magica” e, ancora, “il progetto di miglioramento in corso è graduale” affermano i dirigenti della struttura ospedaliera. Forse questi dirigenti non hanno ben chiaro che l’obiettivo delle loro azioni incide direttamente su un principio costituzionalmente garantito quale è la salute. In questo caso, quindi, sarebbe meglio che si dedicassero a dirigere impianti produttivi di altri beni, anzichè continuare a prendere decisioni con leggerezza, nella gestione di beni fondamentali della persona.

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Ad ogni modo, il direttore generale, dott. D’urso, quello sanitario, dott. Cortese e il dott. Guglielmelli tengono a sottolineare che, dal 16 Gennaio, arriveranno due nuovi medici. Ecco l’ennesima dimostrazione della misconoscenza del reale funzionamento di un settore sanitario come il pronto soccorso. Ci domandiamo, infatti, quale sia l’utilità dell’assunzione di soli due medici, lasciando il numero di infermieri invariato. Solitamente nel lavoro in pronto soccorso, il rapporto infermiere – medico è di 1:1 perchè se il medico diagnostica e prescrive chi mette in atto le prescrizioni del personale medico? E chi prende in carico l’utente?

Le possibili soluzioni

In un nostro precedente articolo dal titolo “Sovraffollamento dei P.S..Le proposte del collegio Ipasvi spezzino” (CLICCA QUI) avevamo affrontato questo argomento cercando di suggerire alcune soluzioni.

Problematiche affrontate e risolte in parte, in altre regioni, come in Umbria dove, a Perugia, è stato aperto un reparto a conduzione infermieristica per diversi motivi, tra cui il miglioramento dell’appropriatezza dei ricoveri, la riduzione degli accessi impropri al pronto soccorso o, ancora, lo stazionamento eccessivo degli assistiti anche nei corridoi. I risultati raggiunti da questa realtà sono stati soddisfacenti ma, anche questa volta, si preferisce far finta di nulla e assumente due medici per risolvere una situazione già affrontata (e con successo) in altri luoghi italiani, europei e extra europei. Eppure tra gli elementi di governo clinico che, anche questa dirigenza, dovrebbe maneggiare con estrema facilità troviamo la ricerca di evidenze scientifiche.

Ci auspichiamo che, una volta per tutte, vengono utilizzate le evidenze scientifiche che vedono l’infermiere come risorsa per risolvere alcune problematiche organizzativo – assistenziali, implementando la qualità dell’assistenza e la soddisfazione stessa dell’utente, riconoscendo, inoltre, il ruolo fondamentale dell’infermiere nella gestione clinico assistenziale dell’utenza tutta e il ruolo di attore principale nella gestione delle cronicità degli assistiti. L’atteggiamento di cecità delle dirigenze verso la questione infermieristica e, di conseguenza, la totale assistenza medico centrica, organizzazione tipicamente tutta italiana, è la causa che, sempre più spesso, porta a queste situazioni estreme.

Carmelo Rinnone

Redazione Nurse Times

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