Presidenza Erc, tocca a un “cervello” italiano

Mauro Ferrari ha lasciato gli Stati Uniti e si appresta a guidare la ricerca in Europa.

Sarà un italiano il prossimo capo della ricerca in Europa. È Mauro Ferrari, nato 59 anni fa a Udine e designato ieri come prossimo presidente del Consiglio europeo della Ricerca (Erc), la principale agenzia di finanziamento della Ue. Lascia gli Stati Uniti, dove era arrivato 38 anni fa con una laurea in Matematica a Padova e dove è diventato una figura di riferimento nel campo della medicina e della nanotecnologia, per tornare a casa, in Europa. Dopo aver ricevuto venerdì scorso in Senato, a Roma, il Premio “Guido Carli”, ieri è arrivato a Bruxelles per prendere i primi contatti.

Erano 50 i candidati tra i quali il comitato presieduto da Mario Monti e composto, tra gli altri, da Fabiola Gianotti del Cem, ha selezionato la rosa di nomi. Il commissario Moedas ha poi scelto Ferrari. L’Erc, che ogni anno assegna le più prestigiose borse di ricerca per progetti nei Paesi europei ha a disposizione un bilancio di 13,1 miliardi (2014-2020), che per il settennato 2012-2027 diventeranno 16,6. Ere

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«È un modello mondiale per il finanziamento dell’eccellenza – spiega Ferrari –, un’agenzia che ci invidiano nel mondo anche per i criteri scientifici rigorosi su cui basa il proprio lavoro». Per il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, e per il direttore della Ricerca, Giuseppe Valditara, la nomina di un italiano è «un successo che certifica la caratura mondiale dei nostri scienziati ed è il frutto della credibilità internazionale del nostro Paese e del suo sistema di ricerca».

Ferrari vanta un lunghissimo curriculum di incarichi e partecipazioni a ricerche negli Stati Uniti, dalle quali sono stati sviluppati alcuni dei farmaci più innovativi per la cura dei tumori. Conta 60 brevetti a suo nome e oltre 350 pubblicazioni su riviste internazionali. Ha girato le università americane: da Berkeley, dove si è specializzato in ingegneria, a Houston, dove è presidente e amministratore delegato dello Houston Methodist Hospital Research Institute.

In Italia ha ricevuto due lauree honoris causa, a Palermo e a Napoli, ed è stato protagonista di un incidente mediatico sul caso Stamina: nel 2013, nominato dal ministro Lorenzin capo della commissione che avrebbe dovuto indagare sull’efficacia del metodo, lo aveva definito alle Iene «un caso importante di medicina rigenerativa», e l’incarico non fu mai confermato.

Cosa pensa dei mali cronici della ricerca in Italia, ossia sottofinanziamento, burocrazia e mancanza di attrattività? «Mi sembra che i dati dell’Italia siano in miglioramento», dice. E in effetti l’ultima tornata di finanziamenti ha visto l’Italia come quarto Paese per numero di ricercatori premiati con la borsa Erc. Ma dei 23 italiani, ben 10 hanno scelto di usare i milioni a loro disposizione in un laboratorio straniero. Un dato che al ministero viene considerato come negativo. Frena invece sul pessimismo Ferrari: «Non dobbiamo avere paura della mobilità, non basiamo i nostri giudizi su aneddoti e guardiamo avanti: la mobilità porta benefici in tutti i Paesi».

Ferrari è un caso particolare di “cervello” che rientra in Europa. E spiega così la sua scelta: «Dieci, quindici anni fa non sarei tornato. Ma ora voglio mettermi al servizio della scienza europea. Credo che l’Europa abbia le potenzialità per avere la leadership del mondo scientifico. Tra l’altro, il fatto che consideri alla pari le scienze mediche e matematiche e le scienze sociali le dà un grandissimo vantaggio competitivo nel mondo».

Redazione Nurse Times

Fonte: Corriere della Sera

 

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