Non c’è una legge che impedisce di fatto agli infermieri di svolgere attività per così dire “innovative”, ovvero che non rientrano nello stretto perimetro di quelle funzioni che i nostri professionisti svolgono di prassi: per altro una delle norme principali di riferimento, la legge 42/1999, individua in modo specifico i criteri limite entro i quali il professionista si muove, e stabilisce che tutto ciò che fa parte del bagaglio formativo e curriculare che gli infermieri vantano, agito nel rispetto del codice deontologico e del profilo professionale, consente loro di assumersi specifiche responsabilità . Parliamo di responsabilità che vanno ben oltre quelle che agiamo nella nostra limitata quotidianità operativa e di discutibili modelli organizzativi, parliamo di prassi obsolete e medico centriche.
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, durante il recente vertice del 13 maggio tra i sindacati di categoria organizzato dalla Cnai.
Accade così, che ogni volta che legittimamente avanziamo ipotesi innovative di esercizio professionale, ne consegue una levata di scudi, con i medici che sollevano le armi e che gridano alla lesa maestà.
Questo non è più accettabile. Ora tocca a noi, il futuro è a portata di mano, a patto di essere capaci di “dare corpo e sostanza alle norme che già esistono”. Ma per fare questo, le istanze rappresentative della professione, in particolare quelle che si confrontano ogni giorno con il Governo, dovranno avere, da un lato il coraggio e la forza necessari per sostenere fino in fondo la crescita e la valorizzazione della nostra categoria, dall’altro la determinazione e la competenza per opporsi alle apodittiche e precostituite posizioni delle lobbies.
Chiediamo nelle piazze, e da mesi, un alveo autonomo di contrattazione.
Che si chiami area o sezione per noi poco conta, purché si tratti di un ambito di trattativa riservata e finanziariamente autonoma, dove il personale delle professioni infermieristiche possa trattare in autonomia con la controparte pubblica. Ne hanno beneficiato già i medici, quando sono usciti dal calderone del comparto, accadrà di certo in positivo anche per noi.
Non dimentichiamo poi quanto ci sta a cuore la necessità che la libera professione sia allargata a tutte le attività che gli infermieri possono svolgere e che non sia limitata alla sola realtà vaccinale del Covid. Così che si creerà, ad esempio, finalmente, un filo conduttore solido tra sanità pubblica e privata, permettendo agli infermieri dipendenti di andare in soccorso di quelle realtà private come le Rsa italiane, che negli ultimi mesi più che mai versano in difficoltà enormi per le fughe di personale sottopagato e costretto a turni massacranti».
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