Nuovo Sistema di garanzia dei Lea: i dati sono allarmanti

Soltanto 9 Regioni su 21 ottengono la sufficienza piena in tutte e tre le aree di assistenza.

Sono allarmanti i dati che emergono dal nuovo Sistema di garanzia dei Lea (vedi allegato), sperimentato dal ministero della Salute dopo l’approvazione dello scorso dicembre in Conferenza Stato-Regioni. Parliamo di sperimentazione perché il modello entrerà ufficialmente in vigore nel 2020, mentre il 2019 servirà a testarne l’efficacia. Ebbene, stando alle anticipazioni, ben 12 Regioni su 21 (il 60%) non garantirebbe i Livelli essenziali di assistenza. Una fotografia ben diversa da quella che ha scattato la Griglia Lea, secondo cui le Regioni inadempienti sarebbero soltanto due (Calabria e Campania).

I risultati si basano sull’esame di tre distinte aree di assistenza con riferimento al 2016: ospedaliera, distrettuale e prevenzione. Ogni area è stata poi suddivisa secondo indicatori precisi, e per la sperimentazione è stato utilizzato un sottoinsieme di sei indicatori per l’area della prevenzione: copertura vaccinale pediatrica per esavalente e Mpr; controllo animali e alimenti; stili di vita; screening. Otto sono invece gli indicatori test per l’attività distrettuale: tasso di ospedalizzazione adulti per diabete, Bpco e scompenso cardiaco; tasso di ospedalizzazione minori per asma e gastroenterite; tempi di attesa; consumo di antibiotici; pazienti trattati in Adi; percentuale di re-ricoveri in psichiatria; numero decessi da tumore; anziani non autosufficienti nelle Rsa. Sette sono infine gli indicatori test per l’attività ospedaliera: tasso ospedalizzazione; interventi per tumore maligno al seno; ricoveri a rischio inappropriatezza; proporzione colecistectomie con degenza inferiore ai tre giorni; over 65 operati di frattura al femore entro due giorni; parti cesarei.

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Tornando ai risultati, la graduatoria delle 9 Regioni che garantiscono i Lea vede in testa il Piemonte, seguito da Lombardia, Provincia Autonoma di Trento, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche. Dato, questo, che in linea di massima – cambiano alcune posizioni – rispecchia quanto emerso dalla Griglia Lea 2016, dove mancava però l’analisi delle Regioni a statuto speciale.

Tutt’altro discorso per le altre 12 Regioni. Tra quelle vicine alla sufficienza figurano Friuli Venezia Giulia (insufficiente solo per l’attività di prevenzione) e il Lazio (insufficiente solo per l’attività distrettuale). Un gradino più in basso troviamo l’Abruzzo (appena sotto la sufficienza per l’attività distrettuale e ospedaliera) e, a seguire, la Puglia (appena sotto la sufficienza in tutte e tre le aree). Quindi c’è un sottogruppo di 3 Regioni che raggiungono una valutazione complessiva compresa tra 4 e 5: Basilicata, Calabria (che invece era penultima nella Griglia Lea 2016) e Sicilia. Chiudono 5 Regioni ottengono punteggi moto bassi soprattutto nell’assistenza territoriale: Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano (entrambi sufficienti solo per l’assistenza ospedaliera), Molise e Sardegna (sufficienti solo per la prevenzione), Campania (già ultima nella Griglia Lea e insufficiente in tutte e tre le aree).

Insomma, i dati emersi dal nuovo sistema di monitoraggio evidenziano una forbice più ampia nelle performance dei diversi servizi sanitari regionali. “Una forbice con la quale le proposte di autonomia differenziata di tutte le Regioni che le avanzeranno (quindi non solo quelle di Veneto, Emilia Romagna e Lombardia) dovranno necessariamente confrontarsi, e che potrà rappresentare una parte di dati funzionali per quella analisi rischi-benefici proposta congiuntamente da tutte le Federazioni nazionali degli ordini delle professioni sanitarie e sociali lo scorso 23 febbraio”

, sottolinea il portavoce Fnopi, Tonino Aceti.

“Neanche a dirlo – prosegue –, il livello di Assistenza più critico che sembra emergere dalla sperimentazione è quello distrettuale, con un Piano nazionale della cronicità a macchia di leopardo e recepito solo da alcune Regioni, l’assenza di un ‘DM 70’ dell’assistenza sanitaria territoriale (analogamente a quello per gli ospedali) che definisca gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici da garantire a tutti i cittadini in tutte le aree del Paese, le esperienze regionali sull’infermieristica di famiglia e di comunità ancora patrimonio di poche Regioni (ad oggi solo Lombardia, Piemonte e Toscana hanno deliberato ufficialmente) e, più in generale, investimenti totalmente insufficienti nel personale infermieristico del territorio”.

A conferma di ciò, Aceti snocciola i dati: “Il tetto di spesa del personale sanitario è ancora fermo al valore del 2004, ridotto dell’1,4%. Il 78% degli infermieri lavora negli ospedali e l’offerta di infermieri sul territorio nazionale è molto diversificata da Regione a Regione: si passa da un infermiere ogni 8 pazienti del Friuli Venezia Giulia, a un infermiere ogni 9 pazienti del Veneto, sino a valori come quelli della Campania di un infermiere ogni 17 pazienti. Tutti temi, questi, che ci auguriamo trovino spazio nel prossimo Patto per la salute, che per il momento appare un percorso ad ostacoli, vista l’attuale dinamica tra ministero della Salute e Regioni. Regioni che, se da una parte chiedono al Governo di accelerare sull’autonomia differenziata, dall’altra sembrano molto più caute sul potere di verifica del Governo centrale. A partire dal rinvio almeno al 2020 dell’applicazione del nuovo Sistema nazionale di garanzia dei Lea, nonostante la prima sperimentazione sembri delineare un quadro dei Lea nelle Regioni (2016) più complesso rispetto a quello che ad oggi conosciamo e che ogni giorno viene sperimentato dai cittadini”.

Concludendo, il portavoce Fnopi afferma: “Accanto al tema delle autonomie differenziate, diventa sempre più centrale il tema dei pesi e dei contrappesi nella dinamica tra Stato e Regioni, che servono e che devono essere efficienti ed efficaci, per riempire di concretezza e sostanza alcune parole che in questo momento storico ricorrono spesso nel dibattito pubblico (anche sulle autonomie differenziate), come la necessità di salvaguardare l’equità e la solidarietà del nostro Servizio sanitario pubblico. Senza contare, infine, le ripercussioni che un sistema di valutazione più attento alla qualità dei servizi erogati avrebbe anche nella valutazione del management sanitario regionale a tutti i livelli. In questo senso l’implementazione e il rafforzamento continuo del nuovo Sistema di garanzia dei Lea rappresenta uno tra i principali contrappesi all’autonomia regionale da garantire. E l’accesso tempestivo ai suoi dati è un elemento di informazione e trasparenza nei confronti di cittadini e professionisti della salute che va salvaguardato”.

Redazione Nurse Times

ALLEGATO: Dati del nuovo Sistema di garanzia dei Lea

 

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