Napoli. Al Pascale vaccinato il primo paziente con cancro al fegato

Una sperimentazione contro il cancro al fegato con Hepavac che ha preso il via ai primi di settembre

Una sperimentazione contro il cancro al fegato con Hepavac che ha preso il via ai primi di settembre

Hepavac contro il cancro al fegato. E’ il primo vaccino mondiale contro il cancro al fegato scoperto da un team di ricercatori del Pascale coordinato da Luigi Buonaguro. Dopo il nulla osta del Comitato etico dell’Istituto dei tumori di Napoli tutto è pronto per l’arruolamento dei primi 40 pazienti affetti da epatocarcinoma non metastatico. Dopo 3 anni di studi, che ha visto coinvolti, oltre all’Italia con il Pascale e il Sacro Cuore di Verona, altri 4 Paesi europei (Germania, Spagna, Belgio e Regno Unito) il protocollo vaccinale è stato approvato dalle Agenzie regolatorie e la settimana scorsa ha avuto l’ok anche dal Comitato etico del polo oncologico campano, ultimo passaggio perché il vaccino prendesse il via.

E’ un uomo di 80 anni il primo paziente campano, quinto nel mondo, affetto da tumore al fegato a cui, l’altro giorno, è stato somministrato il vaccino terapeutico Hepavac, l’unica sperimentazione del genere in atto nel mondo.

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La somministrazione è avvenuta presso l’Istituto dei tumori Pascale di Napoli. Il paziente, da tempo in cura al polo oncologico partenopeo per un epatocarcinoma primario, prima di essere avviato alla sperimentazione, era stato sottoposto a una resezione chirurgica e a quattro radiofrequenze.

Il trattamento consiste in 9 iniezioni intradermiche da effettuare periodicamente e precedute da un’unica infusione endovena di ciclofosfamide a bassa dose, un chemioterapico che ha lo scopo di preparare il terreno. L’obiettivo è, innanzitutto, quello di valutare l’assenza di tossicità e la risposta immunitaria al vaccino e poi avere una stima di efficacia sulla riduzione delle recidive e, quindi, prevenire la ricomparsa della malattia.

Ad oggi, in tutti i centri clinici coinvolti, sono stati arruolati 49 pazienti con epatocarcinoma primario. Di questi, al Pascale ne sono stati arruolati 15. Dei 49 pazienti, dopo tutti i vari step di verifica, 5 sono arrivati in fase di vaccinazione. Uno ha completato tutto il ciclo di vaccinazione ed ora è in follow up nell’Istituto oncologico di Anversa, in Belgio; tre pazienti finiranno la sperimentazione nelle prossime settimane al Negrar di Verona.

“Gli effetti collaterali osservati nei primi quattro pazienti – spiega Luigi Buonagurosono stati di minima entità, per cui il nostro nucleo di valutazione dei rischi ha dato il disco verde per continuare l’arruolamento. L’obiettivo del vaccino è avere una prima idea di efficacia, un ritardo della ricomparsa del tumore o, nella migliore delle ipotesi, l’assenza di ricomparsa del tumore”.

Durante i primi cinque anni del progetto finanziato con fondi dell’Unione europea, i ricercatori hanno identificato gli antigeni dell’epatocarcinoma, cioè le proteine presenti in grandi quantità solo sulle cellule tumorali.

Tali antigeni sono totalmente nuovi e specifici per il tumore del fegato, infatti non si trovano sulle cellule sane del fegato, né in altri organi. Questi antigeni sono stati utilizzati per preparare il vaccino Hepavac.
“A questo vaccino il team internazionale di ricercatori coordinati da Luigi Buonaguro sta lavorando dal 2013

– chiosa il direttore generale del Pascale, Attilio Bianchi e senza indurre facili entusiasmi, siamo fiduciosi che se i risultati saranno quelli auspicati, Hepavac sarà il primo vaccino al mondo per il tumore epatico candidato alla successiva sperimentazione su vasta scala per testarne in maniera definitiva l’efficacia e fornire uno strumento terapeutico per i pazienti affetti da un tumore così letale”.

Il tumore del fegato rappresenta, infatti, la terza causa di morte per cancro nel mondo e le opzioni terapeutiche attualmente a disposizione sono molto limitate con una sopravvivenza media del 20 per cento.

Cancro della mammella

E il Pascale è in prima fila anche sul fronte della sperimentazione di un vaccino contro un cancro della mammella refrattario alle cure. La somministrazione iniziata nel 2018 e in questo caso la struttura partenopea sarà l’unica in Italia a testare la terapia. La novità è stata presentata al congresso Asco (American society of Clinical oncology) di Chicago, tempio mondiale della ricerca clinica oncologica. I risultati, discussi tra gli altri da Michelino De Laurentiis primario di oncologia medica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli, hanno rappresentato la base per il lancio di questo studio clinico mondiale di fase III, (quindi uno studio di fase avanzata) e in grado di fornire risultati definitivi.

“Lo studio, altamente innovativo – dice De Laurentiisprevede la somministrazione del vaccino anti Globo H-KLH come terapia adiuvante (cioè subito dopo l’intervento chirurgico al seno) in donne con tumore triplo-negativo con lo scopo di aumentare i tassi di guarigione di questo sottotipo di tumore mammario ad alta aggressività”.

De Laurentiis ha già ottenuto di affiancare alla sperimentazione principale ulteriori studi di combinazione del vaccino con farmaci inibitori dei checkpoint immunologici su pazienti in fase metastatica.

Il Pascale dunque conferma di essere uno dei centri mondiali col maggior numero di trattamenti innovativi per il tumore della mammella. “I farmaci immunoterapici attuali, cosi detti inibitori dei checkpoint immunologici, – conclude de Laurentiis – agiscono sostanzialmente rimuovendo il freno immunologico che il tumore tiene premuto per evitare di essere attaccato dal sistema immunitario. Ne consegue un’attivazione generica del sistema immunitario che ha il potenziale negativo di scatenare patologie autoimmunitarie nell’organismo. Inoltre, questa risposta immunitaria, proprio perché in qualche modo generica, non è sempre efficace contro il tumore. Questo è forse uno dei motivi per cui l’immunoterapia ha avuto, per ora, successi limitati nelle forme tumorali meno immunogene, come il tumore della mammella. I vaccini terapeutici, invece, mirano a scatenare una risposta immunitaria altamente specifica contro il tumore, in teoria potenzialmente più efficace e con meno effetti collaterali”.

 

Redazione NurseTimes

 

 

Marianna Di Benedetto

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