Morte del neonato per latte in vena: infermiera scagionata dopo 7 anni?

La perizia del tribunale potrebbe portare all’assoluzione di Roberta Stanig, imputata per omicidio colposo nella vicenda che vide la morte del piccolo Markus De Vega.

A sette anni dalla morte del piccolo Markus De Vega, il bimbo nato prematuro e morto all’ospedale San Giovanni di Roma nel giugno 2012, dopo che per errore gli è stato iniettato in vena del latte al posto della soluzione fisiologica, la perizia del tribunale rimette tutto in ballo e potrebbe spianare la strada all’assoluzione dell’infermiera Roberta Stanig, unica imputata per l’omicidio colposo del neonato.Stando ai periti nominati dal giudice Luca Comand, il medico legale Francesco Ausania, l’anatomopatologo Arnaldo Capelli e il pediatra Marta Castorina, sentiti ieri in aula, l’errore sanitario che ha causato la morte del neonato sarebbe stato commesso nel turno successivo a quello in cui era in servizio la donna. Lo scambio tra il sondino dell’alimentazione e quello del sangue sarebbe infatti avvenuto non prima delle 17. L’infermiera Stanig, però, a quell’ora risultava fuori servizio già da tre ore, visto che aveva staccato alle 14.La perizia, dunque, se da una parte mette nero su bianco che la morte del bimbo è da attribuire a un errore sanitario avvenuto all’interno del San Giovanni (ovvero all’aver “inavvertitamente collegato l’alimentazione enterale al catetere venoso applicato a De Vega”), dall’altra crea un vero e proprio giallo, visto che collocando a tre ore dopo la fine del turno dell’imputata lo scambio di sondini, la scagiona totalmente. D’altra parte, Stanig aveva mostrato fin dal principio dubbi sul suo coinvolgimento, dichiarando di escludere di aver commesso l’errore. E segnalando una serie di incongruenze nei diari clinici, con l’inserimento di fogli a posteriori. A novembre la sentenza. Il giudice potrebbe disporre in quella sede anche nuove indagini. Quello che è certo, finora, sono le condanne in Appello per un medico e due infermieri che provarono a insabbiare la vicenda.Redazione Nurse TimesFonte: la Repubblica  
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