Prevenzione

Mortalità evitabile: i dati del rapporto MEV(i) 2018

L’Italia si conferma un Paese a più velocità, spesso con profonde differenze territoriali.

Sono 105mila i morti evitabili (decessi avvenuti prima dei 75 anni per cause per le quali non si dovrebbe morire) stimati da Nebo Ricerche PA sui dati Istat relativi al 2015, recentemente diffusi. In due casi su tre si tratta di maschi, fra i quali incide in netta prevalenza la mortalità legata agli stili di vita: alimentazione, consumo di alcol e di tabacco, attività fisica.

Oltre al monitoraggio di risorse e strutture del servizio sanitario, i dati MEV(i) suggeriscono di potenziare gli interventi sui fronti dell’educazione e dell’informazione sanitaria fra la popolazione, anche sul più corretto ed efficace utilizzo degli strumenti di prevenzione, screening e diagnostica. Al Progetto “MEV(i) – Mortalità evitabile (con intelligenza)” è dedicato il sito www.mortalitaevitabile.it, dove sono liberamente disponibili la banca dati degli indicatori e i riferimenti bibliografici, nonché tutte le edizioni e gli speciali pubblicati.

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1 – La classifica della mortalità evitabile

È il Trentino Alto Adige a guadagnare il primo posto fra le regioni nella consueta classifica MEV(i), che quantifica i decessi per cause per cui non si dovrebbe morire, pesando maggiormente le morti avvenute in età più giovani. La Campania mantiene l’ultimo posto, così come Napoli chiude la classifica provinciale, aperta da Rimini per i maschi e da Treviso per le femmine. Le mappe epidemiologiche provinciali sottolineano i livelli più critici in gran parte del meridione e nelle isole, ma anche in qualche area del Nord-Ovest. Firenze registra la mortalità evitabile più modesta tra le città metropolitane, tra le quali i posizionamenti migliori sono tutti occupati da città del Nord, a eccezione di Bari.

«Al di là della classifica generale – sottolinea Natalia Buzzi, responsabile della ricerca –, una lettura più approfondita dei dati MEV(i) permette di cogliere importanti differenze nella composizione del fenomeno, cui contribuiscono le morti dovute a cause prevenibili, soprattutto tramite stili di vita, e quelle trattabili, vale a dire evitabili con diagnosi precoce e terapia. È piuttosto frequente, scorrendo la classifica, trovare realtà in cui le due componenti assumono pesi significativamente diversi e di ordine opposto».

A livello regionale, ad esempio, in Valle d’Aosta, si registra per i maschi un livello relativamente contenuto per mortalità dovuta a cause trattabili, ma si raggiungono valori significativamente elevati per quella prevenibile. La Basilicata, al contrario, si distingue, per le femmine, per il valore più basso in ordine alle cause prevenibili e uno fra i più alti per i decessi legati alle cause trattabili.

2 – La mortalità evitabile per tumore

Le analisi MEV(i) dedicate alla mortalità prima dei 75 anni per tumore contrastabile con interventi di prevenzione, diagnosi precoce, trattamento tempestivo mettono in luce profonde differenze territoriali, sia per il complesso delle patologie che nel dettaglio dei maggiori gruppi di cause. Le mappe provinciali suggeriscono per i tumori delle vie respiratorie un andamento geografico, evidenziando per lo più migliori condizioni al Sud per entrambi i generi e, nel caso dei maschi, anche nel Nord-Est. Per gli altri gruppi di cause, invece, sembra più difficile rintracciare percorsi territoriali, salvo notare tassi di mortalità spesso più bassi in alcune aree del Centro.

I dati degli ultimi 5 anni disponibili evidenziano una sensibile diminuzione per la mortalità maschile, con un costante abbassamento dei tassi, andamento non rintracciabile negli analoghi tassi di mortalità per tumore fra le femmine. Per il solo anno 2015, con oltre 7.500 casi di morte, i tumori di mammella e utero rappresentano la componente maggiore delle morti per tumore fra le femmine. A questi si aggiungono 12mila decessi per altri tipi di tumore, meno della metà di quelli registrati per i maschi, in gran parte quasi equidistribuiti fra tumori dell’apparato respiratorio (12.600) e di quello digerente (10.600).

3 – La supermortalità 2015: i decessi fra gli ultra75enni

Nel 2015 sono stati registrati, complessivamente, 47.300 decessi in più rispetto al 2014, dei quali quasi 43.600 (circa il 92%) riguardanti persone di 75 anni e più. Il Rapporto MEV(i) mostra come le variazioni dei tassi di mortalità di questa popolazione siano aumentati in modo non uniforme sul territorio nazionale, con punte massime in Valle d’Aosta e in Campania per entrambi i generi. L’analisi per causa del decesso ha mostrato aumenti dei tassi di mortalità per tutti i gruppi principali, con l’eccezione dei tumori, in calo fra i maschi e sostanzialmente stabile per le femmine.

Osservando l’andamento dei dati nel quinquennio 2011-2015 il Rapporto MEV(i) ha in particolare posto l’attenzione sul tema della mortalità per infezioni, che appare in crescita non solo per effetto della supermortalità dell’ultimo anno. Le mappe epidemiologiche hanno così evidenziato come vi sia una sensibile connotazione geografica nei sottogruppi presi in considerazione: a eccezione delle malattie infettive da contatto (epatiti B e C, malattia da HIV, e così via), la mortalità per infezioni delle vie respiratorie (polmoniti, bronchiti, influenza), quelle batteriche (setticemie, tubercolosi, eccetera) e d’altro tipo (alimentari e altre infezioni) appare caratterizzata da una incidenza significativamente più elevata nelle regioni centrali e soprattutto settentrionali.

MEV(i) – Mortalità Evitabile (con intelligenza)

 

Redazione Nurse Times

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