Milano, “caso camici”: Procura apre un’inchiesta

Il governatore lombardo Fontana è al centro di nuove polemiche per una commessa affidata alla ditta del cognato.

Anticipando una ricostruzione andata in onda lunedì sera nel programma Report, il Fatto Quotidiano ha rivelato come la Procura di Milano abbia aperto un’indagine sulla commessa di camici che sarebbe stata affidata alla ditta Dama spa, società di cui la moglie del governatore lombardo Attilio Fontana (foto) detiene una quota e gestita dal cognato.

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I fatti risalgono al 16 aprile. Come si apoprende dalla trasmissione Rai, in piena pandemia la Regione Lombardia, attraverso la sua centrale acquisti Aria, ha ordinato alla società Dama spa, con una “procedura negoziata e senza gara d’appalto, 75 mila camici e 7mila tra cappellini e calzari. Il tutto “per un valore di 513 mila euro”. Aria ha replicato che si è trattato di una donazione: la Regione non ha speso un euro.

Report sostiene invece che si tratta di un’aggiudicazione. Nella lettera della Regione “si specifica infatti che il pagamento avverrà tramite bonifico entro 60 giorni dalla data di fatturazione”. L’amministratore delegato di Dama, Andrea Dini, lo ha confermato: «È una donazione. Effettivamente i miei, quando io non ero in azienda durante il Covid, hanno male interpretato la cosa, ma dopo io sono tornato, me ne sono accorto e ho immediatamente rettificato tutto perché avevo detto ai miei che doveva essere una donazione. Le carte ad Aria ci sono tutte. Abbiamo fatto note di credito, abbiamo fatto tutto. Mai preso un euro e non ne avremo mai neanche uno»

. E nella stessa inchiesta si riporta lo storno delle fatture il 22 maggio.

Piccata la replica di Fontana: «Si tratta dell’ennesimo attacco politico vergognoso, basato su fatti volutamente artefatti e scientemente omissivi per raccontare una realtà che semplicemente non esiste. Non sapevo nulla della procedura attivata da Aria e non sono mai intervenuto in alcun modo». Domenica il governatore ha «dato mandato ai miei legali di querelare il Fatto Quotidiano». E lunedì ha ribadito: «Non c’è stato nessun equivoco. Sono stati comprati tutti i camici da tutti quelli che li producevano perché noi ne avevamo bisogno. Nel caso dell’azienda di mio cognato sono stati donati. Mi sembra che la donazione fughi qualsiasi dubbio».

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