“Mi dichiaro prigioniero politico”

“Mi dichiaro prigioniero politico” scrive Rino Negrogno, infermiere. Pubblichiamo di seguito la sua testimonianza.

Sono positivo. Dal 25 novembre sono chiuso in una stanza come un recluso agli arresti domiciliari. Sono positivo al COVID. Sebbene abbia sempre rispettato tutte le norme per scongiurare il contagio, abbia sempre indossato la mascherina, evitato gli assembramenti, non l’ho scampata. Evidentemente ero, come tutti i miei colleghi, maggiormente a rischio, infatti non sono l’unico a essermi positivizzato. Era inevitabile: restare per sei, otto ore in ambulanza per assistere pazienti COVID positivi, in attesa che si liberasse un posto in ospedale, benché bardati con tuta, mascherina, visiera, è stato fatale.

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Osservo le luci intermittenti con cui i miei vicini hanno addobbato i loro balconi, mia moglie mi porge il piatto di minestra restando sulla soglia, lo mangio rumoreggiando, non so perché, mi viene di mangiarlo così, ciucciando rumorosamente il brodo, mi sento come un detenuto agli arresti domiciliari, o come un paziente in ospedale. Ho la fortuna però che per ora i sintomi restano lievi.

Osservo il Natale arrivare e resto sgomento per quelli per cui, nonostante i tanti morti, il problema restino le luminarie e i cenoni.

Sono arrabbiato perché avrei preferito maggiori restrizioni per ridurre i contagi, li ho chiesti a gran voce, senza essere ascoltato. Mi verrebbe voglia di non soccorrere più nessuno.

Ma mi vengono in mente i miei pazienti, e quando entravo nelle loro case con la paura di infettarmi. Quando tornerò da loro un giorno, comprenderò ancora di più i loro sguardi, le loro angosce.

Comunque, mi dichiaro prigioniero politico.

Ma in tutto questo trambusto desidero soprattutto ringraziare tutti quelli che mi sono vicini.

I miei colleghi che mi chiamano ogni giorno, i miei amici che mi hanno offerto la loro disponibilità, mia sorella Daniela Negrogno che mi fa la spesa, la mia amica Daniela D’Alfonso che porta a spasso il mio cane e mi manda dolci come la mia amica Mary Hassler. Mio cugino Enzo che va dal mio medico per le ricette. Mia madre che mi prepara la pasta al forno. Mara Zitoli e Patrizia Albrizio che mi chiamano per sapere come saturo e la mia temperatura corporea.

Mia moglie e mio figlio che sono negativi e da buoni carcerieri hanno una pazienza infinita con me.

Il mio cane Axel che mi fa da infermiere senza distrarsi neanche per un secondo.

Le professoresse di mio figlio, che in questi giorni, mentre lui nonostante la grande preoccupazione per me, continua a fare le sue lezioni a distanza, gli sono vicino ogni giorno, chiedendogli notizie sul mio stato di salute, tranquillizzandolo, incoraggiandolo, dicendogli di non preoccuparsi per la scuola, rassicurandolo sulla mia guarigione. Con una dolcezza infinita.

Una delicatezza che fa di loro dei veri insegnanti di vita e non di scuola.

Cristiana Toscano

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