Mancano infermieri e invece di assumere si continua a esternalizzare

Stavolta è l’ospedale Sant’Anna di Como a esternalizzare alcuni servizi… Garantendoli, certo. Ma abbassando, di fatto, la qualità degli stessi

Continua a prosperare, quasi indisturbato. Parliamo del fiorente mercato dei soggetti di intermediazione (cooperative, associazioni, agenzie interinali, Srl, Spa, ecc.) che, grazie al lungo periodo in cui sembrava che in sanità non si potesse proprio più assumere nessuno, hanno messo radici in molte aziende pubbliche.

Di fatto impadronendosene, come avviene ad esempio al Policlinico Umberto I di Roma, dove c’è una graduatoria attiva di 878 infermieri per gran parte ferma mentre la Cooperativa OSA, che sta lì da 18 anni, continua a svolgere la sua attività indisturbata. Difesa a spada tratta, tra l’altro, dai sindacati (VEDI).

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È finita la crisi? Si tornerà ad assumere? Ci saranno tanti concorsi? Il servizio pubblico, coi suoi dipendenti assunti in base a criteri di merito, imparzialità e trasparenza (a questo servono i concorsi: mandare avanti i più bravi!), verrà finalmente strappato dalle manine avide di queste aziende private, di solito molto ferrate circa le modalità più pittoresche di sfruttamento dei lavoratori?

Lo speriamo tutti. Intanto, però, sembra essere tornata più assertiva che mai la corsa all’esternalizzazione: nel blocco operatorio dell’ospedale Sant’Anna di Como mancano infermieri (ce ne sono 59, ma ne servirebbero 67) e oss, tanto che nel primo trimestre del 2018, come riporta Espansione TV, sarebbe calato sensibilmente il numero degli interventi chirurgici.

Perciò la decisione: esternalizzazione a rotta di collo! A partire dal prossimo primo settembre, infatti, i vertici dell’ospedale affideranno all’esterno alcune attività, così da recuperare un po’ di personale da utilizzare nell’attività chirurgica e da potenziare l’attività chirurgica di una dozzina di sedute alla settimana.

Il progetto, presentato nelle scorse settimane al personale dall’Asst Lariana prevede di esternalizzare a cooperative di settore una seduta di chirurgia a bassa intensità, ambulatoriale, e la recovery room.

Ecco che si torna in mano ai soggetti di intermediazione, quindi… Che, per forza di cose, abbassano sensibilmente l’outcome assistenziale e la qualità dei servizi resi dal nostro SSN al cittadino. Perché? Beh, ribadiamo: Il servizio pubblico, coi suoi dipendenti assunti in base a criteri di merito, imparzialità e trasparenza grazie a selezioni pubbliche per titoli ed esami, garantiscono qualcosa di assai diverso dal personale delle cooperative, dove è assai diffusa l’abitudine di assumere per raccomandazione, perché si è “figli o nipoti di” o tramite criteri quanto meno discutibili; che molto spesso non fanno del professionista più preparato il candidato ideale.

E tutto ciò non è, di fatto, compatibile con la legge su cui si reggono le aziende pubbliche, dove devono essere assicurati: “il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. Perché “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla legge, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario” (art. 1 della legge 241/90, modificata e integrata dalla legge 15/2005). Tutte garanzie che le cooperative, ahimè, non possono proprio dare.

Alessio Biondino

Redazione Nurse Times

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