Magenta, infermiera in overdose da morfina sul lavoro: salvata da una collega

La vicenda, risalente all’inizio del mese, è venuta alla luce solo ora. Da chiarire le cause del gesto. Probabili provvedimenti da parte della direzione.

Ha assunto una dose di stupefacente, l’hanno trovata incosciente in un bagno dell’ospedale. Curata e subito dimessa (volontariamente), adesso è assente per malattia, in attesa che l’azienda decida quale comportamento tenere nei suoi confronti. Protagonista di questa storia – accaduta all’inizio del mese, ma venuta alla luce solo in queste ore – è un’infermiera del reparto di Rianimazione dell’ospedale Fonaroli di Magenta (Milano), dipendente dell’azienda da parecchi anni, che quel giorno stava regolarmente operando nel suo turno di lavoro. Provvidenziale è stato l’intervento di una collega che, recatasi in bagno, si è accorta dell’infermiera stesa a terra, con accanto una fiala rotta di morfina, di quelle in uso nel reparto. Pochi minuti ancora e l’epilogo sarebbe stato ben diverso.

Nelle ore successive all’episodio è stata effettuata dalla caposala una verifica sulla dotazione delle dosi di morfina registrate in reparto: in due distinti momenti sono risultate mancanti otto fiale . Da qui la segnalazione dell’ammanco ai carabinieri, obbligatoria. Al momento la denuncia di furto è contro ignoti. «Né in quello stesso giorno né in quelli precedenti – afferma Cesare Candela, direttore sanitario dell’Assi Ovest Milanese, che gestisce l’ospedale di Magenta – l’infermiera aveva dato segni di disagio, al punto da generare apprensioni nei colleghi. Infatti non ci sono segnalazioni verbali né relazioni scritte. Anzi, chi la conosce si è meravigliato di quanto è accaduto».

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L’infermiera aveva tra i suoi compiti anche il carico e lo scarico dal registro dei farmaci stupefacenti. È stata quindi lei a sottrarli? Non è provabile, ma il dubbio rimane. «Non abbiamo alcuna certezza in merito», sottolinea Candela. L’infermiera era in stato di stress per il lavoro, come qualcuno all’interno dell’ospedale ha lasciato intendere? In quel reparto, che sulla carta prevede la presenza di 18 infermieri, quelli effettivamente in servizio in queste settimane sono 14. Anche su questo punto il direttore sanitario non sa dare una risposta certa: «A me non risulta che in quel reparto ci siano turni massacranti. Le 

infermiere fanno mediamente cinque notti al mese, che è ritenuto un dato ottimale. Ci sono tre infermieri al lavoro per turno, con un massimo di sei pazienti. Dall’inizio di gennaio a oggi le infermiere del reparto non hanno effettuato neanche sette ore a testa di lavoro straordinario».

Le cause dell’episodio, secondo la direzione, sono quindi da ricercare nella situazione personale della donna. Di sicuro ci saranno dei provvedimenti nei suoi confronti, ancora da definire a quasi un mese di distanza. Il rischio di perdere il posto pende come una spada di Damocle sulla sua testa. «Esaminando quello che è successo, dobbiamo agire nel rispetto della legge, in base anche al livello di gravità dell’evento», ribadisce Candela. Quel che è certo, però, è che dopo questo grave episodio non saranno presi provvedimenti ulteriormente restrittivi sul controllo nell’utilizzo della morfina al Fornaroli: «Ne abbiamo in tutti i reparti, custodita in contenitori sottochiave. Esiste una procedura standardizzata a livello regionale, non c’è bisogno di inventare nulla».

«È fuori da ogni logica la motivazione dei turni stressanti per giustificare quello che è successo a Magenta – afferma l’assessore regionale alla Sanità, Giulio Gallera. Ma questo fatto mi induce a riprendere in mano la mia proposta, e cioè che chi lavora nella sanità, a contatto con i pazienti, deve essere sottoposto almeno una volta al mese a controlli che possano evidenziare l’uso di stupefacenti. Era arrivata sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni, ma non è più stata portata avanti. Fatti del genere non possono ripetersi negli ospedali lombardi».

Nel novembre del 2016, sempre al Fornaroli, un medico anestesista di 32 anni era stato trovato privo di vita in un bagno vicino alla sala parto. A terra, accanto al braccio, una siringa.

Redazione Nurse Times

Fonte: Il Giorno

 

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