Lotta contro i tumori: il ruolo dei linfociti T non convenzionali

I ricercatori dell’Istituto Humanitas di Milano ne hanno compreso l’importanza: “Reclutano cellule soldato”.

Scoperti nuovi “soldati” del nostro sistema immunitario attivi nella lotta contro i tumori. Sono i cosiddetti linfociti T non convenzionali. A svelarne il ruolo sono stati i ricercatori dell’Istituto Humanitas di Milano, che hanno pubblicato i risultati del loro studio su Cell, una delle più prestigiose riviste scientifiche. A realizzarlo, Andrea Ponzetta, con il coordinamento di Alberto Mantovani (foto), direttore scientifico di Humanitas, e Sebastien Jaillon, giovane “cervello” francese importato in Italia.

«Pensavamo che la lotta del sistema immunitario contro i tumori – spiega il professor Mantovani – coinvolgesse due tipi di globuli bianchi appartenenti alla classe dei linfociti T: i linfociti T-Cd4 e i linfociti T-Cd8, dal nome dei recettori che presentano sulla loro membrana. Ora, invece, sappiamo che entra in gioco una terza classe di linfociti T, che non appartiene a nessuna delle due precedenti e che per questo abbiamo chiamato non convenzionali».

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I linfociti T nel sistema immunitario sono come dei direttori d’orchestra, e i nuovi entrati non fanno eccezione. I linfociti T non convenzionali si coordinano con altri due tipi di cellule, i neutrofili e i macrofagi, che possono essere considerati “soldati semplici”, reclutandoli nella battaglia contro i tumori. «E anche questo è un aspetto importante, perché queste cellule, a volte, “passano dalla parte del nemico”, mentre in questo caso sono schierati sul fronte giusto, a testimonianza del ruolo chiave che potrebbero avere i linfociti T non convenzionali nella lotta al cancro»

, precisa Mantovani.

Finora l’importanza di queste cellule è stata provata in alcuni sarcomi, ma i ricercatori hanno in programma di indagare il loro coinvolgimento in malattie oncologiche più diffuse. «Abbiamo ragionevoli speranze di riscontrare un loro ruolo in un big killer come il carcinoma del colon – specifica l’immunologo –. La speranza è di aprire nuove strade per la terapia immunologica dei tumori, aumentando il numero dei pazienti che ne possono beneficiarne, al momento relativamente ridotto».

Un aspetto interessante dell’indagine, che è stata finanziata da un contributo Airc, è la modalità con cui è stata condotta. I ricercatori hanno agito prima in silice, cioè su supporti informatici. Hanno cioè compulsato le banche dati sui tumori messe a disposizione di tutti dagli Nih (National Health Institute) americani. Una volta trovati sufficienti riscontri a favore della loro ipotesi, hanno cominciato a verificarla prima sui topi e poi su pazienti ricoverati all’istituto Humanitas. «Sia chiaro – puntualizza Mantovani – che non abbiamo operato alcun esperimento su di loro. Ci siamo limitati ad analizzare i loro dati clinici e di laboratorio. È una nuova modalità di studio che fa risparmiare risorse e tempo».

Redazione Nurse Times

Fonte: Corriere della Sera

 

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