Infermieri

Liste d’attesa, le proposte degli infermieri per arginare il problema

Barbara Mangicavalli (presidente Fnopi): “Ha ragione il ministro Grillo. Siamo pronti a collaborare”.

Come sostiene il ministro Grillo, i primi problemi da risolvere sono quelli che hanno i cittadini e i principali interlocutori da attivare sono senza dubbio le Regioni. E una delle questioni da chiarire e risolvere, dopo il pieno soddisfacimento dei loro bisogni di salute, riguarda le liste di attesa, che non solo penalizzano spesso i più fragili, quelli che non possono ricorrere a strutture diverse dal pubblico, ma esasperano anche gli animi di chi resta ore fuori dal pronto soccorso o in attesa di un intervento, con reazioni spesso aggressive ai danni dei professionisti.

“Eppure le soluzioni possibili ci sono – afferma Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi, in vista della raccolta di informazioni sollecitata dal ministro –. Lo hanno dimostrato alcune Regioni benchmark, dove il fenomeno ha cominciato a essere arginato. E lo dimostrano ancora di più con iniziative come gli ambulatori a bassa intensità di cura, il potenziamento dei servizi territoriali e domiciliari e l’intramoenia aziendale, quella cioè che la struttura chiede ai suoi professionisti a proprie spese per far fronte a necessità che nascono il più delle volte da carenze di organici o da eccesso di domanda. Le strutture a bassa intensità di cura sono scritte nel Piano nazionale cronicità, nel Patto per la salute e anche nel programma del nuovo Governo, e rappresentano una risposta multi professionale sempre più necessaria”.

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Non solo. “Sul territorio – spiega ancora la presidente Fnopi – c’è anche lo sviluppo dell’infermiere di famiglia e di comunità, già presente in molte regioni (Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Toscana, ad esempio) che hanno deliberato ufficialmente l’introduzione della nuova figura anche dopo periodi di sperimentazioni, dimostrando l’efficacia e il successo dell’iniziativa, prevedendone non solo ruoli e funzioni, ma anche i percorsi formativi”

.

L’obiettivo è mantenere e migliorare nel tempo l’equilibrio e lo stato di salute della famiglia nella comunità, aiutandola a evitare o gestire le minacce alla salute:“Ancora un lavoro svolto in un team multiprofessionale, che altro non è se non il nuovo modello di assistenza adeguato allo scenario della cronicità e atto a garantire un’azione snella e flessibile nella rilevazione dei bisogni, la continuità e l’adesione alle cure, la sorveglianza domiciliare e la presa in carico dell’individuo e della famiglia, con l’intento di evitare inutili ricoveri (e quindi l’allungamento delle liste d’attesa), favorire la deospedalizzazione, presidiare l’efficacia dei piani terapeutico-assistenziali per migliorare la qualità di vita della persona nel suo contesto di vita”.

Un modello sul quale si sono chiaramente espressi i cittadini attraverso i risultati dell’Osservatorio civico Fnopi-Cittadinanzattiva, chiedendo nel 78,6% dei casi di poter disporre di un infermiere di famiglia/comunità: “Ha ragione il ministro: via le liste di attesa. E le liste di attesa – è provato a livello internazionale e lo dice anche l’Oms – si tagliano anche così. Gli infermieri e la Federazione che li rappresenta sono a disposizione del ministro per lavorare con lei e con gli altri professionisti, disegnando una sanità di iniziativa che davvero tuteli la salute e favorisca i bisogni dei cittadini”.

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