L’intervista a Francesco Falli, vicepresidente di OPI La Spezia

Come è stata gestita l’emergenza Covid-19 regione per regione? Quali sono state le difficoltà incontrate? Quali le prossime mosse? Nurse Times intervisterà i presidenti OPI per chiederlo a loro. Segue l’intervista a Francesco Falli, vicepresidente di OPI La Spezia.

Quale è stato il vostro ruolo nella gestione dell’emergenza, quali le maggiori criticità riscontrate per gli infermieri impegnati nella rete dei servizi arrivati per l’assistenza Covid-19?

Dal primo istante due sono stati i grandi problemi che sono emersi con forza, per i quali i colleghi si sono rivolti all’OPI spezzino. Primo: la disponibilità dei DPI, che in una fase di avvio emergenza erano veramente pochi. Poi, abbiamo avuto anche richieste di “sostegno emotivo” da parte di infermieri giustamente e legittimamente spaventati da una situazione pesantissima.

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Come avete reagito alla mancanza di dispositivi di protezione individuale?

Come OPI La Spezia, abbiamo subito chiesto all’Azienda Sanitaria di competenza di sollecitare al massimo l’arrivo di DPI: abbiamo poi chiesto ai colleghi della Sanità privata come fosse la loro situazione del momento; intanto, in sintonia e pieno accordo con gli altri tre OPI della Regione Liguria, abbiamo provveduto direttamente noi all’acquisto di alcune migliaia di mascherine chirurgiche e di FFp2.

Mossa tesa sia a dare un aiuto concreto sia, soprattutto, a ribadire un bisogno assoluto di questo materiale! Qui abbiamo purtroppo avuto due complicanze inattese: la prima, il fornitore contattato inizialmente, che era situato in Germania, non ci ha mai inviato, nonostante i nostri solleciti, una scheda tecnica del materiale che noi avremmo voluto verificare. Sono così trascorsi dieci giorni inutilmente; ed a quel punto abbiamo trovato un altro fornitore che ancora oggi ha potuto consegnarci solo una parte di quanto acquistato perché (la motivazione fa “restare di stucco”!) “non siete una struttura sanitaria”. Senza dubbio questo è vero, ma le mascherine noi non le avremmo portate al Carnevale di Viareggio! Le avremmo consegnate, invece, a chi esercita la professione in una struttura sanitaria!

Forse ora la situazione si sta sbloccando; fortunatamente, nel frattempo abbiamo avuto forniture da Roma (FNOPI e Protezione Civile), e soprattutto i datori di lavoro hanno migliorato molto la distribuzione mirata.

L’esperienza di questi drammatici giorni vi ha suggerito di dover richiedere al governo qualcosa? Ad esempio, in materia di sicurezza sul lavoro, sentite che la normativa attuale protegge sufficientemente il lavoro dei professionisti sanitari?

Ne parlavo il 7 aprile su “Quotidiano Sanità“. A mio avviso, siamo arrivati a questa situazione dopo decenni di tagli e di mancata valorizzazione delle competenze professionali. Se pensiamo alle norme di sicurezza dei lavoratori, la stessa mancata disponibilità iniziale di DPI sull’intero territorio nazionale deve far riflettere sulla efficacia di queste norme, sui controlli realmente eseguiti, sulla stessa scelta “politica” di delocalizzare le imprese di produzione, con gli effetti evidenti.

L’attuale situazione ha derogato il normale processo di assunzione di infermieri. Come sta funzionando nella sua regione?

Il Decreto “Cura Italia” ha permesso anche alla nostra Regione di fare assunzioni attraverso diversi metodi. Nella ASL del nostro territorio sono stati assunti colleghi dalla mobilità regionale con la ASL 4 di Chiavari (frutto di un accordo legato ad un concorso in comune). Altri sono arrivati, e stanno arrivando, con lo scorrimento della graduatoria generale di questo stesso concorso regionale del 2017. Ancora, nuovi rinforzi sono giunti con l’assunzione di “interinali” ed anche con l’ingresso di liberi professionisti in urgenza.

Purtroppo, ed è una cosa che abbiamo denunciato più volte, l’attuale “regionalizzazione” del SSN ha prodotto fughe di dipendenti dalla ASL spezzina verso la confinante Toscana. Regione, quest’ultima, dove sono stati chiamati da graduatorie attive con l’obbligo di rispondere entro 7 giorni, pena la perdita del posto.

Capisco le necessità della Toscana. Ancora di più comprendo bene la legittima ambizione dei colleghi di ritornare a casa, ma questo ha creato qualche vuoto improvviso di difficile gestione.

Infine, la Sanità privata è in grave crisi di reclutamento: non si trovano semplicemente infermieri, ad oggi, nella nostra provincia. Quasi ogni giorno vengo contattato da strutture private che chiedono di ricevere curriculum per assunzioni immediate, ma non ci sono, semplicmente, professionisti. Sarebbe stato corretto un “periodo di deroga’’ per consentire a chi lavora in ASL di dare una mano “regolarmente riconosciuta” alle RSA del settore privato, penso.

Si è dovuta affrontare l’emergenza “da un giorno all’altro”. Come sta funzionando la formazione degli infermieri per prepararli in maniera rapida a gestire la situazione epidemica?

Questo è un punto fortemente critico, credo. Anche se, per quanto riguarda l’esperienza che ho analizzato sul nostro territorio, si sono seguite alcune procedure obbligate.

Per prima cosa, poiché all’inizio è stato necessario rinforzare al massimo le rianimazioni

, o addirittura aprire nuovi posti letto di terapia intensiva, sono state recuperate le esperienze professionali dei colleghi che avevano già lavorato in quel settore.

Del resto, come ha detto il professor Gattinoni, il “padre italiano” della procedura della pronazione, aprire una rianimazione “extra” alla fine non è nemmeno troppo difficile, ma il vero problema è la componente professionale. Componente che risente molto dell’esperienza dedicata in quel settore.

Per questo, anche a nostro avviso, il ritorno nelle rianimazioni, dove avevano già lavorato a lungo, è stato un segnale di grande disponibilità e di professionalità che deve essere riconosciuto a questi infermieri. Altrettanto si può dire dei colleghi ritornati verso le degenze di malattie infettive, o su quelli che si sono spostati, ad esempio, dalle sale operatorie dove è stata sospesa l’attività programmata.

Sui riconoscimenti mancati ai professionisti rischiamo di aprire un dibattito sterile. A chiunque, ormai, è palese che a fronte delle responsabilità, dei rischi, dell’impegno in tempo di Covid-19 (ma anche in un giorno qualunque!), il professionista sanitario infermiere italiano guadagna troppo poco.

Un passaggio importante è stato quello della preparazione alla procedura di vestizione/svestizione. La nostra ASL si è mossa al riguardo con personale esperto itinerante. Anche noi abbiamo pensato di contribuire ed una nostra consigliera esperta, Benedetta Eguez, ha offerto la sua esperienza alla formazione dei neolaureati . Infermieri che, dopo 48 ore dalla laurea discussa on line, erano già in servizio.

Prima diceva che ci sono state richieste di “sostegno emotivo“. Come avete risposto?

Sì, assolutamente. Abbiamo avuto la disponibilità di tre psicologi che si sono spontaneamente offerti di dare supporto e sostegno ai colleghi. Abbiamo chiesto di poter condividere sui social i loro contatti perché non volevamo essere noi un tramite. Crediamo che sia importante anche un assoluto rispetto della privacy di chi avverte questo bisogno. Gli psicologi hanno dato massima disponibilità.

Poi, abbiamo portato avanti delle iniziative per sostenere in qualche modo le giornate dei colleghi. Ad esempio, con l’accordo col Comune capoluogo per i parcheggi gratuiti nei pressi dell’ospedale anche per i nostri iscritti. Inoltre, abbiamo sollecitato Società Autostrade ad estendere i vantaggi dei pedaggi gratuiti anche ai colleghi della sanità privata. Ci sono state tante donazioni ai colleghi, come la crema lenitiva per mani e volti che abbiamo distribuito dopo il dono di un generoso fornitore. Poi ci sono state iniziative trasversali, come la fornitura di tablet che hanno permesso il contatto fra degenti e familiari.

Infine, a testimonianza della grande partecipazione, del contributo degli infermieri in questa disgrazia, abbiamo partecipato a raccogliere e divulgare sui nostri social le testimonianze, anche filmate, di alcuni di loro. Questo perché resti per sempre il senso di quello che è stato, ed è, un momento eccezionale nella storia del Paese e nella storia degli infermieri italiani.

Le morti nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (strutture private integrate nel servizio sanitario regionale) stanno facendo notizia. Quale è il punto di vista di Opi La Spezia sulla situazione?

Le notizie su certe realtà lombarde ci hanno molto colpito, pensando soprattutto ai colleghi in prima linea costretti a lavorare in condizioni simili, ed ai loro assistiti.

Qui nel nostro comprensorio abbiamo difeso i colleghi di una struttura privata, ingiustamente accusati di essere “untori“, quando la loro storia professionale è in realtà quella di una grande attenzione e responsabilità.

Purtroppo, un dato a volte ignorato è che in RSA sono presenti molte persone anziane. Pazienti che in materia di Covid-19 sono più fragili di altri.

La sfida più grande in queste strutture è oggi quella di farli diventare da luoghi di vita dei veri e propri luoghi di cura. Al territorio, alla Sanità privata ed ai liberi professionisti è andata una notevole quantità di DPI che OPI La Spezia ha ottenuto dalla Protezione Civile (invio in accordo con la FNOPI) e di schermi facciali che abbiamo ottenuto dopo un contatto proficuo con una ditta cittadina di componenti nautiche (“Superfici”) che ringrazio.

Cristiana Toscano

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