Se da un lato la progressione della professione infermieristica sembra segnata da continue diatribe, dall’altro lato sembra destinata ad essere continuamente afflitta dalla continua rassegnazione a tutto ciò che ci viene proposto dall’alto.
Se da un lato la progressione della professione infermieristica sembra segnata da continue diatribe; dall’altro lato sembra destinata ad essere continuamente afflitta dalla continua rassegnazione a tutto ciò che ci viene proposto dall’alto.
La lettura dell’articolo di Anna Di Martino, mi ha permesso non solo di riflettere sulla presenza di un dualismo che ricalca fedelmente ciò che succede nelle realtà lavorative (Professionisti intellettuali, Infermieri factotum); ma ha contribuito al dibattito sull’infermiere che vorremmo.
Risulta ovvio che nessun infermiere presenta sul cartellino della divisa la dicitura di Professionista intellettuale o Infermiere factotum, ma rimane alquanto ovvio che necessitiamo di comprendere quali motivi non ci permettono di lasciare per sempre la dicitura di infermiere factotum e di diventare quello che in realtà dovremmo già essere!
Come Anna di Martino provo a dare una interpretazione personale dell’infermiere che vorrebbero i cittadini.
La prima domanda che mi sono posto: da studente del corso di laurea in infermieristica, quale infermiere vorrei?
L’infermiere che vorrei proviene da un corso di laurea che adotta modalità di didattica provenienti da studi di comprovata efficacia scientifica; che si adattano al contesto socio-culturale e giuridico di riferimento; che orienta il proprio operato non soltanto con la finalità di garantire il benessere fisico-psichico e sociale dei pazienti, ma anche degli stessi studenti.
L’infermiere che vorrei, ha la possibilità di attuare il pensiero critico anche sul campo della stessa formazione, non accetta decisioni o concetti perchè imposti dall’alto.
Mette in discussione gli argomenti e si adopera con la collaborazione di tutti gli studenti d’infermieristica d’Italia e le varie figure che rispecchiano uno scenario multidisciplinare; per individuare le migliori modalità di didattica e la continua necessità di progettare ed attuare sperimentazioni sul campo didattico, oltre a quello infermieristico.
L’infermiere che vorrei deriva per questi motivi dalla formazione che vorrei: scientificamente valida ed in grado di mutare con estrema prontezza senza creare scompiglio agli studenti; difatti, i cambi d’ordinamento per gli studenti fuori corso, impongono (credo sempre) un maggior carico didattico rispetto agli studenti in corso.
Spero di essere riuscito a suscitarvi delle riflessioni propositive e di avervi intrigato nell’utilizzo del coraggio intellettuale (considerare ed esaminare con onestà le convinzioni proprie e altrui), considerata la necessità.
Claudio Rallo
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