Lavorare all'estero

L’esperienza di Barbara “all’estero (quantomeno in Uk) l’Eldorado non esiste così come non esiste la meritocrazia”

Riceviamo e pubblichiamo l'esperienza lavorativa in UK di Barbara Simoncini

Riceviamo e pubblichiamo l’esperienza lavorativa in UK di Barbara Simoncini

Salve, volevo raccontarvi la mia esperienza come infermiera italiana in UK, molto diversa da quelle solitamente mostrate.

Come avevo già commentato in un vostro post è verissimo che l’Italia deve rivalutare e valorizzare la nostra professione ma non dimentichiamoci che all’estero (quantomeno in Uk) l’Eldorado non esiste così come non esiste la meritocrazia.

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Si, avete letto bene: la meritocrazia non esiste. Premetto che il mio non è un caso isolato e nemmeno riguarda solo gli infermieri ma anche carers (Oss).

Sono arrivata in Galles nel 2013, piena di speranza e fiducia, certa che l’incubo italiano era rimasto solo un brutto ricordo.

Dopo un anno in cui ho studiato inglese qui ho finalmente iniziato a cercare lavoro. Avendo fallito un primo colloquio a Londra  (colpa mia), tramite una nota agenzia di recruitment ho trovato il mio primo lavoro in una nursing home in un paesino nelle valli gallesi.

Prima d’allora non avevo mai lavorato in una casa di riposo, nemmeno in Italia così ho davvero dovuto imparare tutto da zero.

Là è iniziato il mio calvario: da subito la deputy sister ha iniziato a farmi mobbing d’accordo con le carers.

Mi hanno spiegato ben poco delle differenze tra l’Italia e l’UK, tenendomi all’oscuro delle più basilari policies britanniche.

I rimproveri e le umiliazioni erano all’ordine del giorno così, anziché migliorare commettevo errori finendo col perdere il posto di lavoro.

Da allora ho cambiato diverse nursing homes licenziandomi o venendo licenziata sempre per problemi legati al mobbing (bulling qui).

Nel corso del tempo scopro che la più importante policy in questo paese, nel nostro settore, è lo “speak up”, cioè il denunciare immediatamente ad un superiore o manager qualunque comportamento o prassi lesiva verso i pazienti.

Tutto giusto direte voi, si devono difendere i pazienti specie se anziani o disabili.

No perchè, di fatto, questa policy autorizza chiunque a riportare qualsiasi cosa, anche lieve o persino inesistente.

Ho scoperto sulla mia pelle che sul posto di lavoro le antipatie, vengono gestite con questo sistema.

Mi stai antipatico?

Vado dalla manager a raccontare balle sul tuo conto.

Qui le managers nelle nursing homes hanno potere assoluto e pochissima competenza, raramente si trovano infermieri a gestire queste strutture.

A ciò aggiungete un ambiente dove le minoranze etniche hanno tutela assoluta, perciò, se ha vessarti è qualcuno che fa parte di queste categorie, rischi persino di essere denunciato per razzismo.

Arriviamo ad ottobre scorso, quando, a ciel sereno, ricevo una lettera da un mio ex datore di lavoro che mi comunicava che ero stata segnalata per abusi all’ordine infermieri ed ad una sezione del sistema penale.

Io non lavoravo più per loro da 4 mesi e avevo lasciato il posto solo perchè pagata pochissimo e sottoposta a turni massacranti.

Il fatto per cui loro mi hanno denunciata risaliva a ben sei mesi prima, per cui non ne avevo la più pallida idea.

Stando a quanto scritto io avrei gridato ad una vecchietta facendola innervosire.

Fortuna vuole che ricordassi benissimo il turno in questione e non solo l’accusa era falsa, ma persino uno dei “testimoni” non era presente.

Inoltre ero stata lasciata sola a gestire dei pazienti con demenze violente in un piano sottoposto a quarantena (di fatto 4 di loro cercarono di scappare e io dovetti fermarli).

Nel corso dell’inverno scorso mi sono state notificate altre accuse, basate su reali fatti ma distorti e persino falsificati nella documentazione.

Va detto che, diversamente dall’Italia, in UK si può querelare per diffamazione solo se questa è avvenuta per iscritto e firmata (non scherzo).

Da ottobre scorso non ho più trovato lavoro nonostante ufficialmente non avessi restrizioni. Ad oggi il caso non è chiuso.

Hanno fatto di tutto per dipingermi come una pessima infermiera nonostante le accuse siano sempre state nulla più di pettegolezzi.

Una mia amica italiana che ha lavorato come carer in un’altra struttura per due anni senza mai avere un complaint è stata prima accusata e poi condannata in tribunale per aggressione: anche qui nessuna prova ma il giudizio si è basato solo sulla credibilità delle parti.

Il suo è un caso diverso un pò più grave della mia; io rischio solo di perdere il Pin (iscrizione all’albo infermieri) e il diritto di fare l’infermiera qui in UK.

Nè nel mio caso, nè nel suo c’è un briciolo di verità nelle accuse. E non succede solo a noi.

Per chiarire questa parte: nel mondo anglosassone da anni ormai esistono procedure legali atte a garantire l’efficacia della pena come da procedura penale e la velocità della procedura civile, il tutto per garantire le categorie protette: donne, anziani, bambini, musulmani, uomini di colore e indiani; nella fattispecie significa che uno può essere condannato anche alla prigione senza che sia necessario produrre prove.

So che è difficile da credere ma è la verità. Dal Brexit ho sentito tanti italiani lamentarsi di mobbing contro di loro nei posti di lavoro.

Perché gli italiani direte voi?

Perchè noi non facciamo parte di nessuna categoria protetta.

Un’ultima parola su ciò che un infermiere fa in Uk (almeno nelle nursing homes): meno di un Oss italiano.

Fare l’infermiere qui e’ deprofessionalizzante: non si può fare nulla senza training, nemmeno un prelievo e per molte cose ci sono figure infermieristiche specifiche per cui, quotidianamente noi diamo terapia orale, insuline, pressioni, medicazioni piaghe da decubito e compilazione documenti, tanti documenti, troppi.

Il mobbing spietato e i turni di lavoro massacranti (peggiori degli italiani) sono la norma e sono legali, beh, almeno nel caso del mobbing loro se lo giustificano dicendo che fanno il loro dovere.

Barbara Simoncini

Giuseppe Papagni

Nato a Bisceglie, nella sesta provincia pugliese, infermiere dal 94, fondatore del gruppo Facebook "infermiere professionista della salute", impegnato nella rappresentanza professionale, la sua passione per l'infermieristica vede la sua massima espressione nella realizzazione del progetto NurseTimes...

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Giuseppe Papagni

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