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La storia di Carolina, 80enne che ha potuto riabbracciare il suo Whisky dal letto del reparto Covid-19

Si è finalmente conclusa la lunga attesa di Carolina, donna di 80 anni ricoverata presso l’ospedale San Donato di Arezzo a causa del Covid-19.

L’anziana ha potuto riabbracciare il proprio compagno di vita Whisky direttamente sul letto di ospedale. Si tratta del suo barboncino bianco di 6 anni, che prima di questo ricovero non l’aveva mai abbandonata.

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“Amore, vieni qui” ha gridato Carolina appena lo ha visto, sorpresa e commossa. Whisky ha iniziato a scodinzolare sgranando i suoi occhi neri saltando sul letto e accucciandosi disciplinato in un angolino. Dopo giorni di lontananza è stato un momento di pura felicità. Per entrambi. Tra i due d’altronde c’è un legame profondo, vivono insieme ogni momento della giornata. E solo il Covid li aveva fatti separare.

Carolina, che abita nel Casentino, dieci giorni fa è stata ricoverata infatti nel reparto Covid di pneumologia, all’ospedale San Donato di Arezzo. E da allora non aveva più visto il suo cane. A casa ad aspettarla ci sono anche quattro figli: Silvia, Tina, Sestilio e Marco. Poi due gatti e il pappagallo Chicco. “Per la mamma Whisky è il quinto figlio. Lei ama tutti gli animali ma con lui ha un rapporto simbiotico – raccontano i figli -. Se esce da sola per fare la spesa, Whisky si mette a piangere. Adesso sta con noi, ma i primi tre giorni non ha né mangiato né dormito”.

Il barboncino è stato portato in ospedale dalle figlie. Gli operatori gli hanno dato una “tuta di protezione” improvvisata, avvolgendolo nel telo che solitamente ricopre l’ecografo. Poi lo hanno avvicinato al letto. Carolina indossava una maschera trasparente. C’è stato un attimo di attesa, un po’ di timore da parte del cagnolino, spaesato per il contesto. Ma quando la donna si è tolta la maschera, Whisky è scattato verso di lei. Baci e carezze sul viso, con l’80enne felicissima di rivederlo. Poi il barboncino si è piazzato in fondo al letto. Quasi a guardia della sua padrona. Non voleva più andare via.

In tutto il reparto l’emozione è stata fortissima. Quell’abbraccio tra la donna e il barboncino ha commosso gli operatori. “Lo ammetto: ci siamo messi tutti a piangere – dice Silvia Peruzzi, psicologa dell’Asl che segue gli incontri tra i pazienti e i loro parenti – Gli occhi della signora si sono illuminati ed è stato come se una luce avesse squarciato per un attimo l’oscurità del Covid. Avevo parlato con le figlie e mi avevano descritto la passione della mamma per gli animali. Le ho chiesto d’inviarmi le foto del cane e, su un tablet, le ho fatte vedere alla signora Carolina. La reazione emotiva è stata fortissima e ne ho parlato con la caposala”. Così è stato organizzato l’incontro e una delle figlie ha portato Whisky nel reparto. E con tutte le precauzioni è arrivato fino al letto della sua padrona. Whisky ora è stato riportato a casa, ma già vorrebbe tornare dalla sua padrona in ospedale. “La mamma mi ha raccomandato di non portarlo tutti i giorni perché – racconta la figlia – sarebbe troppo faticoso per lui”.

“Sulla pet therapy c’è una vasta letteratura e sono indubbi i vantaggi psicologici e clinici – commenta Raffaele Scala, direttore di pneumologia -. La signora sta affrontando una forma grave di polmonite da Covid e ci è apparso evidente che non solo la visita dei familiari ma anche del cane al quale è particolarmente affezionata potesse rappresentare un sollievo rispetto al costante e faticoso pensiero della malattia. Non avevamo mai sperimentato l’ingresso di un cane nella degenza Covid ma con l’assicurazione della sua docilità da parte dei parenti della paziente, lo abbiamo imbracato con un dispositivo di protezione e portato al letto della signora”.

Dott. Simone Gussoni

Fonte: Repubblica

Dott. Simone Gussoni

Il dott. Simone Gussoni è infermiere esperto in farmacovigilanza ed educazione sanitaria dal 2006. Autore del libro "Il Nursing Narrativo, nuovo approccio al paziente oncologico. Una testimonianza".

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