La prima infermiera a parlare di diagnosi infermieristica fu Virginia Fry, nel 1953, tramite un articolo apparso su una rivista specializzata. Il concetto che l'infermiere potesse formulare diagnosi tardò ad affermarsi, in quanto si riteneva che "la diagnosi" fosse una prerogativa unicamente medica.
Tale definizione di diagnosi venne data dalla NANDA (North American Nursing Diagnosis Association, di cui la prima presidentessa fu la Gordon), nel marzo del 1990, nel corso della sua nona conferenza. La prima infermiera a parlare di diagnosi infermieristica fu Virginia Fry, nel 1953, tramite un articolo apparso su una rivista specializzata. Il concetto che l’infermiere potesse formulare diagnosi tardò ad affermarsi, in quanto si riteneva che “la diagnosi” fosse una prerogativa unicamente medica. Il momento di formulazione della diagnosi, rappresenta la 2° fase del processo di nursing. Il ragionamento diagnostico prevede:
Al momento della formulazione della diagnosi, è fondamentale stabilire una scala delle priorità, in relazione ai problemi reali e/o potenziali che il professionista infermiere riscontra. Ogni problema rilevato deve essere annotato riportando la data stessa della rilevazione (dunque sia al momento del ricovero, sia eventuali problemi che insorgono durante il periodo di degenza). Le diagnosi infermieristiche possono essere formulate secondo due diversi metodi, il metodo NANDA ed il metodo PES. La formulazione di diagnosi con metodo NANDA, prevede:
La formulazione di diagnosi con metodo PES (problema – eziologia- segni/sintomi), consiste nell’enunciazione del problema legato ai suoi fattori correlati, argomentando l’affermazione mediante la descrizione dei segni e sintomi. La diagnosi infermieristica non è univoca, ma possiamo avere diverse tipologie in relazione al problema della persona. Per cui abbiamo le diagnosi:
Le enunciazioni diagnostiche sono costituite da una, due oppure tre parti, in relazione al tipo di diagnosi che viene formulata. Le diagnosi a sindrome o di benessere presentano solo una parte, cioè il titolo diagnostico, in quanto gli altri elementi non sono reperibili. Le diagnosi possibili o di rischio presentano due parti, cioè il titolo diagnostico e gli eventuali fattori di rischio che contribuiscono a modificare lo stato di salute. Infine, le diagnosi reali, contengono tutte e tre le parti dell’enunciazione diagnostica: titolo, fattori contribuenti, segni e sintomi.
Titolo: compromissione dell’integrità cutanea. Correlata a: immobilità prolungata
Che si manifesta con: lesione sacrale di 2 cm. Parlando di formulazione di diagnosi, è opportuno chiarire anche cosa siano i problemi collaborativi. Si parla di problema collaborativo a proposito di certe complicazioni che l’infermiere controlla per individuare la comparsa o una modificazione, ma su cui però, per la risoluzione, non può agire autonomamente; ciò vede dunque coinvolte altre figure, come gli altri professionisti sanitari (fisioterapisti, logopedisti, medici…). Stabilita e formulata la diagnosi, valutati gli obiettivi da raggiungere, questi vengono distinti in obiettivi a breve termine ed obiettivi a lungo termine. Gli obiettivi a breve termine sono obiettivi il cui raggiungimento è atteso come evento fondamentale nel percorso; gli obiettivi a lungo termine, invece, sono obiettivi il cui raggiungimento è atteso nell’arco di settimane o mesi. La diagnosi infermieristica si basa sui concetti di NIC (nursing interventensions classification) e NOC (nursing outcomes classification). In relazione agli obiettivi prefissati (NOC), si attuano gli interventi infermieristici del caso (NIC). Martina Crocilla Fonti Lynda Juall Carpenito-Moyet, Diagnosi infermieristiche. Applicazioni alla pratica clinica
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