La contaminazione dei PFAS e gli enormi rischi per la salute

Cosa si nasconde dietro il famoso bollino “PFOA FREE”, presente su pentole e padelle? C’è da fidarsi?

Spesso, per ridurre il rischio di ammalarci e per conseguire uno stile di vita sano, cerchiamo di usare mille accorgimenti, come quello di evitare alcuni alimenti cancerogeni o ridurne altri, aumentare l’attività fisica, non fumare, evitare lavori che ci espongono a sostanze dannose e cancerogene, ecc. Ma non abbiamo mai preso in considerazione una sostanza che, ahinoi, è contenuta in numerosi oggetti come padelle, pentole, contenitori alimentari, carte alimentari e tenti altri contenitori, involucri e presidi utilizzati anche in campo sanitario. Si tratta quindi di sostanze molto diffuse, più di quanto noi possiamo immaginare. Sono i PFAS.

Nel 2012 l’Istituto superiore di sanità ha raccomandato alla popolazione di sostituire le padelle antiaderenti graffiate. Ma nonostante le raccomandazioni e la divulgazione della cancerogenicità, sono ancora in molti a utilizzare padelle antiaderenti con PFAS. Oggi ritornano agli orrori della cronaca perché gli operai delle industrie che li producono presentano tutti gravi malattie, ma anche perché il materiale di risulta proveniente dalla produzione di queste sostanze viene spesso smaltito in modo non adeguato, inquinando così le falde acquifere.

Advertisements


SCARICA LA TUA TESI


Con l’acronimo PFAS si intende una famiglia di sostanze chimico-sintetiche: le perfluoroalchiliche, dette anche sostanze per fluorurate, considerate contaminanti tossico-persistenti dalla società scientifica. Cerchiamo di capire cosa sono questi PFAS facendo un po’ di cronistoria.

Il primo PFAS creato è il PFOS (acido perfluro-ottansolfonico), un composto chimico fluorato di origine sintetica. Si tratta di un acido molto forte, che per ionizzazione forma l’anione perfluoro-ottansolfato. Fu prodotto per la prima volta nel 1949 a livello industriale con l’intento di creare vernici utili nel rivestimento di padelle e pentole antiaderenti. Ma in poco tempo, grazie alle sue caratteristiche molto maneggevoli e alla sua impermeabilità alla gran parte dei liquidi, venne impiegato per numerosi scopi e in diversi ambiti (alimentare, sanitario, farmaceutico, edile, vestiario, manifatturiero e industriale in genere), diventando così la sostanza più diffusa al mondo.

Nulla di male, se non fosse per il fatto che queste sostanze sono altamente cancerogene e, una volta create, sono indistruttibili: persistono nell’ambiente per sempre. Nello specifico, il PFOS (da cui si produce il famoso teflon, utilizzato largamente nelle padelle e nelle pentole antiaderenti), una volta entrato nel corpo umano, non può essere più espulso: si accumula, aumentando il grado di tossicità.

La cancerogenicità del PFOS è scientificamente provata, come pure l’impossibilità di degradarlo e la capacità di accumularsi nel corpo umano senza alcuna possibilità di smaltirlo. Ciò ha indotto numerosi Stati, a partire dagli inizi del 2000, a proibirne la produzione, la commercializzazione e l’utilizzo. In altri Stati, invece, hanno scelto di ridurre fortemente la produzione di padelle e pentole con rivestimento in teflon, in quanto ulteriori studi hanno evidenziato la capacità di diffusione della sostanza cancerogena PFOS anche a basse temperature di cottura, contaminando così i cibi che vi entrano in contatto. Nel 2009, infine, il PFOS è stato inserito nell’appendice B della Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti.

Limitazioni e divieti di produzione emanati da diversi Stati hanno indotto le industrie produttrici di queste sostanze a trovare una nuova sostanza con le stesse caratteristiche del PFOS. Sono nati allora numerosi derivati, che iniziano a essere commercializzati a livello mondiale: il più diffuso e utilizzato è il PFOA (acido perfluoro-ottanoico), usato anch’esso nella produzione del teflon e sostanzialmente identico al PFOS, con l’unica differenza che, essendo composto da meno legami chimici, permane nell’uomo per breve tempo. Comunque non si degrada nell’ambiente, ma si accumula contaminando falde acquifere.

Attualmente L’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ha dichiarato che tutti gli esseri viventi hanno nell’organismo quantità di PFOA o di altre sostanze della famiglia dei PFAS, poiché esse hanno contaminato il mondo. Il sangue di qualsiasi individuo umano contiene queste sostanze, superando spesso la soglia minima.

Tony Fletcher, epidemiologo della Scuola di igiene e medicina tropicale di Londra, coordinatore e membro di numerosi studi e ricerche sull’argomento Pifas

, ha condotto uno studio su un gruppo di 60mila persone provenienti da zone del pianeta altamente contaminate dal PFOA, trovando associazioni con ben 6 malattie differenti: ipercolesterolemia, colite ulcerosa, disfunzioni alla tiroide, cancro ai testicoli, cancro ai reni e al tratto gastrointestinale, ipertensione portale.

È vero che il PFOA permane per un periodo breve, ma è pur vero che, essendo costantemente circondati da questa sostanza, possiamo dire che tutti ne abbiamo livelli ematici molto elevati. Ciò perché è presente già in tutti gli alimenti che mangiamo, come verdure, carne, pesce, acqua. Ormai tutto è inquinato da questa sostanza prodotta dall’uomo.

Risulta evidente che sostanze come PFOA e PFOS rappresentano un problema sanitario a livello mondiale, e in qualche modo si cerca di arginare il problema. Ad esempio, nel 2012 l’Istituto superiore di sanità, nel suo decalogo Conosci, riduci, previeni gli interferenti endocrini, ha invitato a sostituire le padelle antiaderenti graffiate, perché cedono molta più cancerogenicità al cibo di una padella non graffiata.

Le multinazionali produttrici di queste sostanze, in poco tempo (si fa per dire), si sono ritrovate a dover inventare una nuova sostanza che andasse urgentemente a sostituire il PFOA, messo anch’esso al bando in molti Paesi. È nato allora il GenX, che per la casa produttrice è una sostanza sostenibile e sicura. Viene definito un PFAS di nuova generazione, anche se di nuovo, rispetto ad altri PFAS, non ha proprio nulla.

Esistono già molte prove scientifiche che dimostrano l’alta cancerogenicità del GenX, e la comunità scientifica olandese ne ha già chiesto ufficialmente la sostituzione. Sostanzialmente, secondo il tossicologo olandese Jacob De Boer, tra il PFOA e il GenX non ci sono differenze sull’aspetto tossicologico, tranne il fatto che il secondo ha una permanenza più breve nell’uomo (circa un paio di giorni in meno rispetto al PFOA).

Un’ulteriore nota negativa per il GenX sta nel fatto che è più solubile in acqua. Questo significa che lo possiamo trovare con più facilità nell’acqua che beviamo. Quindi, se da un lato lo si può espellere in breve tempo, dall’altro lo ritroviamo ovunque, anche nell’acqua. Va da sé che già adesso tutti gli individui del mondo hanno livelli ematici costanti di GenX. sostanza che persiste anch’essa nell’ambiente e tende ad accumularsi.

Il GenX sta sostituendo il PFOA in tutto e per tutto, e anche le comuni padelle e pentole antiaderenti, che prima venivano rivestite di PFOA (prodotto base per la realizzazione del teflon), oggi vengono rivestite di GenX. Il risultato è praticamente lo stesso, come anche i danni per la salute. Il tutto è testimoniato da numerosi studi scientifici, che mettono in correlazione l’uso del GenX con malattie gravi come tumori alla prostata, ai testicoli e alla tiroide. Inoltre si è notato un aumento di aborti spontanei: circa il 20% in più rispetto a donne che non vi entrano in contatto. Senza dimenticare che il GenX, come tutti gli altri PFAS, interferisce con il sistema immunitario, soprattutto nei bambini.

Quando troviamo il famoso bollino “PFOA FREE”, sia sulle pentole sia su altri prodotti, nel 99% dei casi è stato sostituito con il GenX, che è comunque un PFAS. Per questo motivo la comunità scientifica mondiale ha chiesto a diversi Stati di obbligare le ditte a specificare sulle etichette dei prodotti commerciali con cosa sia stato sostituito il PFOA e se il materiale che lo sostituisce è un PFAS.

L’ideale, per ora, è quella di evitare l’utilizzo di materiali che con tengono PFAS o che potenzialmente possono contenerlo. Un paio di esempi: evitare l’utilizzo di padelle antiaderenti, da rimpiazzare con padelle o pentole in pietra o in acciaio non rivestito; evitare di consumare bevande o cibi contenuti in recipienti che potenzialmente possono contenere PFAS.

Gustavo Castellano

 

Redazione Nurse Times

Leave a Comment
Share
Published by
Redazione Nurse Times

Recent Posts

Liguria, Corte Costituzionale dichiara illegittima la “liberalizzazione” dell’intramoenia per i medici del servizio pubblico

La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la normativa regionale che il Liguria consentiva ai medici…

31/07/2024

Ricerca infermieristica: Fnopi e Cersi all’International Congress di Singapore

Più di 800 ricercatori infermieri e studenti provenienti da tutto il mondo si sono dati…

31/07/2024

Sanità, M5S: “Rinnovo contratto offensivo: uno schiaffo al personale”

“La proposta di rinnovo del contratto per il personale sanitario è semplicemente offensiva, un vero…

30/07/2024

Bronchiolite, Di Mauro (SIPPS): “Lascia il segno. Non facciamola entrare”

"Quando si comunica ai genitori che loro figlio ha una bronchiolite, anche se lieve, si…

30/07/2024

Hiv: a Berlino il settimo caso di guarigione

Negli oltre 40 anni trascorsi dalla scoperta del virus Hiv la scienza è riuscita a curare…

30/07/2024

Concorso infermieri Piemonte, assessore Riboldi: “Ricorso al Tar improcedibile: Asl possono assumere”. Sarà prorogata la graduatoria oss

“Azienda Zero ha già depositato una richiesta di improcedibilità del ricorso al Tar, a fronte…

30/07/2024