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La comunicazione in sanità nel contesto Covid-19

Nell’epoca Covid si è completamente stravolta la comunicazione in sanità. Uno standard non più possibile da seguire data la diversa connotazione e le nuove criticità entrate in scena.

La comunicazione in sanità

La condizione di isolamento di tutti da tutto, ha fatto da subito emergere un dato di fatto, già richiamato nel codice di Deontologia medica ed infermieristica ed espresso a chiare lettere dalla legge 219/17, il  tempo di comunicazione è tempo di cura.

In tal senso il nuovo frangente ha da subito modificato ed acuito l’aspetto ed il valore dei rapporti tra diversi attori, tutti protagonisti: sanitari, istituzioni sanitarie, comunità scientifica, pazienti, cittadini.

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L’ostacolo al corretto trasferimento di informazioni ha fatto vacillare il  processo nella governance emergenziale, ed ha dimostrato quanto vulnerabile possa essere il sistema rendendosi permeabile al rischio.

Sicurezza delle cure,  passaggio di consegne tra professionisti sanitari, libertà e responsabilità di scelta, eventi avversi fino al rischio di contenzioso sono alcuni dei fondamenti sui quali focalizzarsi per comprendere a pieno una nuova rivoluzione della comunicazione in sanità.

Grazie all’aiuto dell’Avv. Maria Nefeli Gribaudi, esperta in responsabilità civile sanitaria e docente in master HRM su comunicazione e consenso informato, tra i relatori del Webinar organizzato da Legalsanità  “Comunicazione in sanità: l’informazione e la relazione di cura nel contesto attuale” riusciremo a comprendere meglio analizzando il fenomeno da tutti i punti di vista.

Vogliamo chiederle di affrontare con noi e chiarirci pochi ma concisi significati che illustrino l’argomento e nel contesto attuale.

Il trasferimento di informazioni in sanità è cambiato e si sta evolvendo alla luce del nuovo scenario legato alla pandemia da Covid-19. Si è avuto per forza di cose un cambio di passo, di approccio e impatto alla comunicazione e su diversi livelli in cui si articola.

Il Covid -19 ha messo in evidenza l’importanza della comunicazione in sanità e l’esigenza di un approccio all’argomento di tipo sistemico e multidisciplinare, intersecante diversi aspetti tra di loro connessi: etici, giuridici, organizzativi, di risk management, oltre che di politica sanitaria.

Il contesto legato al Covid-19 ha infatti definitivamente messo in luce l’importanza della comunicazione nella relazione tra èquipe di cura e paziente/familiari, ma ha anche mostrato quanto nella governance dell’emergenza sanitaria sia importante attuare una comunicazione interna che sia chiara ed efficace.

Per quest’ultimo aspetto mi riferisco, in particolare, ai rapporti tra operatori sanitari che intervengono nella cura del paziente anche in diversi setting ma anche ai rapporti tra organizzazione  sanitaria e operatori sanitari  che operano all’interno della stessa.

L’organizzazione sanitaria è infatti un’organizzazione soggettivamente ed oggettivamente complessa, in cui è particolarmente importante adottare criteri e  procedure per la gestione dei processi comunicativi interni.

A maggior ragione occorre utilizzarli in un contesto emergenziale, come quello attuale, in cui l’organizzazione è chiamata ad attuare rapidi cambiamenti e continui e tempestivi adeguamenti.

Il Covid-19 ci ha inoltre insegnato quanto sia importante adottare da parte delle istituzioni, della comunità scientifica, delle autorità regolatorie ma anche dei media, una comunicazione chiara, trasparente ed efficace.

Infatti sotto questo profilo la comunicazione spesso si è rivelata inidonea e contraddittoria e non sempre basata su evidenze scientifiche, traducendosi di fatto in disinformazione e generando incertezza e sfiducia nei cittadini.

Ai fini di una buona comunicazione non è infatti sufficiente trasmettere informazioni ma nel farlo occorrono qualità, etica e competenza, chiarendo anche i profili di rischio sulla base dei dati scientifici disponibili ed esplicitando le ragioni e i criteri delle scelte.

Tutto ciò al fine di creare una cultura condivisa di science policy che favorisca la responsabilità individuale e collettiva, l’adozione comportamenti di prevenzione e protezione nonché l’adesione a buone pratiche.

Le problematiche connesse sono diverse e possono compromettere il corretto agire comunicativo.

Un effetto a cascata in cui si dimostra essere latente un rischio di contenzioso.

Da una parte possiamo dire che inadeguatezze e deficit relativi alla comunicazione interna spesso rappresentano la causa profonda di errori ed eventi avversi, riflettendosi negativamente sulla continuità e qualità terapeutica e clinico assistenziale nonché sulla sicurezza delle cure.

In questo senso è importante agire sul piano organizzativo e gestionale in quanto strettamente connesso al fattore umano e prevedere procedure che assicurino il trasferimento delle informazioni in maniera strutturata, integrata e condivisa, al fine di prevenire errori che possono tradursi in un danno per il paziente e in un possibile contenzioso.

Ciò a maggior ragione in un contesto emergenziale ed a fronte di una malattia complessa e sistemica e dalle caratteristiche ancora incerte, come la Covid-19, in cui una condivisione integrata delle informazioni, anche nel passaggio di cura tra ospedale e territorio, è quanto mai essenziale per garantirne la sicurezza, la qualità e continuità.

È inoltre importante prevedere procedure che garantiscano un’adeguata e tempestiva condivisione con gli operatori sanitari dei protocolli adottati da parte dell’organizzazione sanitaria alla luce delle continue modifiche imposte dall’evoluzione dell’emergenza e dalle conoscenze acquisite, fornendo loro chiare e tempestive indicazioni.

Dall’altra parte è doveroso evidenziare come  l’aspetto comunicativo rappresenti un elemento fondamentale della relazione di cura e come nel contesto attuale sia emersa con ancor più forza la necessità che gli operatori sanitari acquisiscano competenze comunicative e relazionali.

Il contenzioso sanitario è spesso determinato da deficit comunicativi e relazionali.

Sul punto è utile richiamare la legge 219/17 in materia di consenso informato e DAT la quale espressamente prevede che la comunicazione è tempo di cura e chiama in campo l’adozione da parte delle strutture sanitarie di misure organizzative e di percorsi formativi idonei  a garantirla.

Il contesto attuale ha messo la comunicazione con il paziente ed i suoi familiari di fronte a nuove criticità, mettendo ancor più in evidenza l’importanza dell’aspetto umano e relazionale della cura segnando il passaggio dal curare al prendersi cura.

Penso in particolare all’isolamento del paziente dai propri cari, condizione che genera un forte stress psicologico, fisico ed emotivo tanto nei pazienti quanto nei loro familiari e negli stessi operatori sanitari; questi ultimi sono infatti chiamati a svolgere un ruolo relazionale normalmente ricoperto da parenti e amici.

L’utilizzo di DPI e l’impiego di forme di comunicazione a distanza hanno poi comportato la perdita della componente non verbale, paraverbale e prossemica della comunicazione.

In questo contesto è dunque essenziale definire e preparare la comunicazione con il paziente ed i suoi familiari predisponendo, anche a livello organizzativo, tempi, luoghi e modalità adeguate ed adottando  guide operative, al fine di migliorare la qualità della comunicazione e lasciando spazio all’ascolto e all’empatia.

D’altronde è importante anche per supportare gli operatori sanitari chiamati ad affrontare tale compito in una particolare situazione di stress psicologico e fisico ed a rischio di burn out.

Un passaggio inaspettato è stato fatto nella tecnologia dei mezzi di informazione. L’intento sarebbe quello di diminuire la distanza.

Si tende a connettere anche se da lontano l’occhio clinico con una fisicità virtuale alla quale fare diagnosi (paziente), e nel contempo rapportarsi con una parte indissolubile quanto intima dell’assistito (la famiglia).

Un nuovo impatto della comunicazione nella relazione medico – paziente/familiari in contesto covid e con una medicina a distanza, ancora in fase di definizione.

Nel contesto emergenziale si è registrata una forte spinta verso l’utilizzo della telemedicina e di forme di comunicazione a distanza attraverso l’impiego della tecnologia, con il duplice scopo di contenere la diffusione del Covid-19 limitando l’accesso in ospedale e al contempo di garantire la continuità e la qualità terapeutica ed assistenziale.

L’erogazione di servizi di assistenza sanitaria tramite il ricorso alla tecnologia rappresenta, non solo nel contesto attuale ma anche in senso prospettico, uno strumento importante per garantire la continuità terapeutica ed assistenziale, specie nei pazienti cronici.

Parlando di medicina a distanza possiamo dire che siamo ancora in una fase di definizione e transizione, ma sotto l’aspetto relazionale con il paziente possiamo sin d’ora sottolineare come  possa rappresentare un utile supporto non sostitutivo della tradizionale relazione medico-paziente e debba in ogni caso garantire una corretta comunicazione con il paziente non solo dal punto di vista contenutistico ma anche qualitativo.

Giovanni Trianni, infermiere legale forense

Fonti:

Pixabay photo credits

Avv. Maria Nefeli Gribaudi esperta in responsabilità civile sanitaria e docente in master HRM su comunicazione e consenso informato

Giovanni Trianni

Infermiere presso DSM ASL Lecce. Docente, Formatore e Tutor. Master in infermieristica legale forense, Master in Management per Funzioni di Coordinamento delle Professioni Sanitarie, Master in Psicologia Investigativa e Scienze Criminali. Membro APSILEF. I suoi lavori spaziano nella sfera dell'infermieristica legale forense con uno sguardo attento alla responsabilità professionale, al diritto del lavoro, al rischio clinico, alla malpractice fino alla cronaca sanitaria.

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Giovanni Trianni

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