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La Colangiografia: cos’è, a cosa serve e preparazione all’esame

La colangiografia è un esame radiologico che si esegue per studiare le vie biliari, ossia i condotti che trasportano la bile. La bile è il liquido prodotto dal fegato indispensabile per la digestione.

Le vie biliari sono costituite da diverse strutture: coledoco, dotto cistico, dotto epatico e colecisti o cistifellea. Quest’ultima è un organo a forma di sacchetto, situato vicino al fegato, che serve per immagazzinare la bile. La colangiografia è effettuata dopo aver somministrato alla persona un liquido di contrasto radio-opaco che consente di ottenere una immagine radiografica delle vie biliari.

L’esame fornisce una informazione completa sulla struttura delle vie biliari, sulla eventuale presenza di calcoli o di altri corpi solidi che possano ostacolare il percorso della bile lungo il condotto (detto coledoco) che la trasporta fino al primo tratto dell’intestino (chiamato duodeno). L’esame è controindicato nelle donne in gravidanza, per il rischio di irradiazione del feto.

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La preparazione della persona che si deve sottoporre all’esame colangiografico dipende dalla tecnica utilizzata:

  • colangiografia transepatica percutanea, il fegato viene perforato con un ago particolare sotto guida ecografica; poi viene inserito un tubicino (detto cannula) a livello di una via biliare periferica, in modo che il mezzo di contrasto possa raggiungere tutte le vie biliari. È un esame molto accurato per diagnosticare la causa dei disturbi biliari e può anche essere utilizzato a scopo terapeutico (ad esempio, per eliminare un calcolo che ostruisce un dotto biliare o per il posizionamento di una protesi). Tuttavia, dal momento che la colangiografia transepatica percutanea può causare alcune complicazioni (ad esempio, infezioni, sanguinamenti, perdita di bile), di solito viene preferita la Colangio-Pancreatografia Retrograda Endoscopica (in sigla CPRE)
  • Colangio-Pancreatografia Endoscopica Retrograda (CPRE), consiste nell’introduzione di sottile cannula, attraverso una sonda flessibile a fibre ottiche (detta endoscopio), nella bocca, nell’esofago e nello stomaco fino a raggiungere il duodeno. Attraverso la cannula viene iniettato il mezzo di contrasto e, contemporaneamente, vengono acquisite radiografie delle vie biliari e del dotto pancreatico. La CPRE, a differenza di altri tipi di indagini, consente ai medici di effettuare biopsie e alcuni trattamenti. Per esempio, con l’endoscopio è possibile rimuovere un calcolo o inserire un catetere (detto stent) per oltrepassare un’ostruzione del dotto biliare dovuta, per esempio, a un tumore. Le complicazioni della CPRE, quali l’infiammazione del pancreas (chiamata pancreatite) o l’emorragia, avvengono solo nell’1% dei casi. Se nel corso della CPRE si effettua anche un trattamento, le complicazioni possono manifestarsi con maggiore frequenza. Talvolta, la CPRE viene utilizzata soltanto per visionare la struttura delle vie biliari ma in questo caso è preferibile effettuare una Colangio-Pancreatografia con Risonanza Magnetica (in sigla CPRM), poiché è altrettanto efficace ma meno invasiva e più sicura
  • Colangio-Pancreatografia con Risonanza Magnetica (CPRM), è un esame non invasivo ed è più sensibile della Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) o dell’ecografia per diagnosticare alterazioni del dotto biliare comune, soprattutto calcoli. Le immagini dei dotti del sistema biliare e pancreatico sono ottenute con applicazioni specifiche della Risonanza Magnetica per visualizzare fluidi, quindi la bile, senza l’utilizzo di mezzo di contrasto. Le immagini così ottenute sono confrontabili con quelle derivanti dalla colangiopancreatografia retrograda endoscopica e dalla colangiografia transepatica percutanea, indagini più invasive. La colangiopancreatografia in RM è un utile strumento quando si sospetta un’ostruzione biliare e prima di procedere a una colangiopancreatografia retrograda endoscopica terapeutica (per esempio, per visualizzare e eliminare contemporaneamente i calcoli). La RM colangiopancreatografia è l’indagine di scelta per la colangite primitiva sclerosante
  • colangiografia Trans-Kher, si utilizza in persone sottoposte a trapianto di fegato che per alcuni mesi devono portare un catetere (chiamato tubo di Kehr) nella via biliare; il mezzo di contrasto viene iniettato attraverso il catetere. Si tratta di un esame completamente indolore e di breve durata
  • colangiografia intraoperatoria, l’esame consente di visualizzare le vie biliari durante un intervento chirurgico di rimozione della cistifellea (detto colecistectomia). La procedura consiste nell’iniettare il mezzo di contrasto nel dotto cistico tramite una cannula. L’esame è indicato quando è presente l’ittero, ossia una colorazione giallastra della pelle e della sclera (la parte bianca dell’occhio) e nel caso in cui altre procedure non invasive abbiano dato risultati incerti, suggerendo tuttavia la presenza di calcoli nel coledoco. La procedura consente anche la rimozione dei calcoli biliari dal dotto epatico comune. Tuttavia, le difficoltà tecniche ne hanno limitato l’uso, particolarmente durante la colecistectomia eseguita tramite laparoscopia

Altri tipi di indagini, non a raggi X come la colangiografia, ma che ugualmente riguardano il fegato, le vie biliari e la cistifellea sono:

  • ecografia, utilizza onde sonore per acquisire immagini del fegato, della cistifellea e delle vie biliari. L’ecografia transaddominale, eseguita dopo un periodo di digiuno, è la tecnica più economica e sicura per riprodurre immagini strutturali della cistifellea e dei dotti biliari; consente di rilevare immediatamente la presenza di calcoli della cistifellea (sensibilità maggiore del 95% per i calcoli della colecisti superiori a 2 millimetri di diametro); permette di scoprire se l’ittero della pelle e della sclera sia causata da un’ostruzione dei dotti biliari o da una disfunzione delle cellule del fegato. Può, inoltre, evidenziare la presenza di fango biliare, ossia una miscela di materiale sminuzzato e bile. L’ecografia serve anche da guida quando si inserisce un ago per prelevare un campione di tessuto per la biopsia del fegato. L’ecografia può risultare poco efficace in persone con molto gas intestinale o con obesità e il risultato dipende dalla esperienza del medico che la esegue. In alternativa, può essere utilizzata l’ecografia endoscopica che può rilevare la microlitiasi, ossia la presenza di calcoli molto piccoli, anche di 0,5 millimetri, situati nella colecisti o nelle vie biliari. L’ecografia endoscopica, inoltre, consente una maggiore qualità dell’immagine anche in presenza di gas intestinale
  • colecistoscintigrafia, esame che si basa sulla somministrazione di sostanze radioattive (dette radioisotopi) e ne segue il percorso dal fegato, alla cistifellea, alle vie biliari fino al duodeno. La colecistoscintigrafia può rivelare la presenza di calcoli nel dotto cistico, indice di una infiammazione acuta della cistifellea (detta colecistite acuta litiasica). Quando si sospetta la presenza di una colecistite alitiasica (ovvero in assenza di calcoli), la colecisti viene analizzata prima e dopo la somministrazione di una sostanza, la colecistochinina, che fa contrarre la colecisti. Uno svuotamento ridotto della bile, suggerisce una colecistite alitiasica. La colecistoscintigrafia può mettere in evidenza anche la fuoriuscita di bile (ad esempio, dopo un intervento chirurgico o un trauma) e anomalie anatomiche (cisti congenite). Dopo l’operazione chirurgica di rimozione della cistifellea (colecistectomia), la colecistoscintigrafia può evidenziare la quantità di bile che passa nell’intestino e il buon funzionamento, o meno, della struttura (detta sfintere di Oddi), che si trova nel punto di sbocco del coledoco e del dotto pancreatico nel duodeno. Lo sfintere di Oddi serve a regolare il passaggio della bile nell’intestino e a impedire il passaggio del contenuto intestinale nel coledoco
  • Tomografia Assiale Computerizzata (TAC), fornisce immagini ai raggi X del fegato. La TAC è meno utile dell’ecografia nell’identificare un’ostruzione biliare ma spesso permette una migliore valutazione del pancreas. È particolarmente adatta, invece, per rilevare la presenza di tumori, soprattutto le piccole metastasi, con una specificità maggiore dell’80%. Consente anche di evidenziare accumuli di pus (detti ascessi) e disturbi che interessano uniformemente tutto il fegato, come l’eccesso di grasso (si parla di steatosi epatica)
  • RX standard o diretta addome: non è in genere utile per diagnosticare i disturbi del fegato e delle vie biliari.

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