La “Cessione” delle ferie al tempo del Cov-19

Il presupposto storico di tale istituto si rinviene in Francia, nella legge Loi Mathys, n. 459 del 9 maggio 2014, da cui prende il nome, un tristissimo fatto di cronaca di grande impatto mediatico che vede come protagonisti degli operai di uno stabilimento della Loira, i quali, colleghi del padre di Mathys, un bimbo affetto da tumore al fegato, decisero di rinunciare a parte delle loro ferie, circa 170 giorni, mettendole a disposizione del genitore per permettere al collega di assistere il figlio fino alla morte.

Da questo episodio ha tratto origine la scelta del legislatore nazionale di inserire lo stesso istituto in una norma interna.

Con il D.Lgs. n. 151/2015 infatti, rubricato come “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183, c.d. “Job Act” è stato introdotto, anche nell’ordinamento italiano, il sistema solidale di cessione di ferie e riposi tra colleghi dipendenti occupati nella stessa azienda.

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L’istituto in parola, permette quindi l’assistenza dei figli minorenni che si trovano in condizioni di salute gravi o medio gravi e che richiedano pertanto l’assistenza costante e continua da parte di uno dei genitori legittimi o affidatari che siano. 

La norma, affida poi alla contrattazione collettiva nazionale, ovvero, decentrata, un ampio margine di manovra per meglio gestire la delega, cosa che molte aziende hanno messo in campo attraverso la regolamentazione della materia in occasione della sottoscrizione dei rinnovi e degli accordi integrativi aziendali.

L’articolo di cui parliamo è il 24, D.Lgs. 151/2015, c.d. “Decreto Semplificazioni”, di attuazione del Jobs Act, con il quale è stata introdotta questa possibilità, ossia, l’istituto dei riposi e delle ferie solidali: “Fermi restando i diritti di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, i lavoratori possono cedere a titolo gratuito i riposi e le ferie da loro maturati ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro, al fine di consentire a questi ultimi di assistere i figli minori che per le particolari condizioni di salute necessitano di cure costanti, nella misura, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale applicabili al rapporto di lavoro”.

Come presupposto centrale, il legislatore, ha voluto comunque vincolare tale concessione nei limiti previsti dalla normativa di cui al D.Lgs n. 66/2003 “Riforma della disciplina in materia di orario di lavoro in attuazione delle direttive 93/104/Ce e 2000/34/Ce” e cioè, è possibile cedere solo quelle ferie eccedenti le 4 settimane annuali già maturate e solo quei riposi eccedenti i periodi minimi stabiliti dalla Legge, ossia 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore e 24 ore di riposo consecutivo ogni 7 giorni.

Il CCNL comparto sanità, ha poi regolato l’istituto all’art. 34: 

1. Su base volontaria ed a titolo gratuito, il dipendente può cedere, in tutto o in parte, ad altro dipendente della stessa azienda o ente che abbia necessità di prestare assistenza a figli minori che necessitano di cure costanti per particolari condizioni di salute:

  1. le giornate di ferie nella propria disponibilità eccedenti le quattro settimane annuali di cui il lavoratore deve necessariamente fruire ai sensi dell’art.10 del D.Lgs.n.66/2003 in materia di ferie; queste ultime sono quantificate in 20 giorni in caso di articolazione dell’orario di lavoro settimanale su cinque giorni e in 24 giorni in caso di articolazione dell’orario settimanale di lavoro su sei giorni;
  2. le quattro giornate di riposo per le festività soppresse di cui all’art. 33, comma 6 (Ferie e recupero festività soppresse).
2. I dipendenti che si trovino nelle condizioni di necessità considerate nel comma 1, possono presentare specifica richiesta all’Azienda o Ente, reiterabile, di utilizzo di ferie e delle giornate di riposo per una misura massima di 30 giorni per ciascuna domanda, previa presentazione di adeguata certificazione, comprovante lo stato di necessità di cure in questione, rilasciata esclusivamente da idonea struttura sanitaria pubblica o convenzionata.

3. L’Azienda o Ente ricevuta la richiesta, rende tempestivamente nota a tutto il personale l’esigenza, garantendo l’anonimato del richiedente.

4. I dipendenti che intendono aderire alla richiesta, su base volontaria, formalizzano per iscritto la propria decisione, indicando il numero di giorni di ferie o di riposo che intendono cedere.

5. Nel caso in cui il numero di giorni di ferie o di riposo offerti superi quello dei giorni richiesti, la cessione dei giorni verrà effettuata in misura proporzionale tra tutti i lavoratori offerenti.

6. Nel caso in cui il numero di giorni di ferie o di riposo offerti sia inferiore a quello dei giorni richiesti e le richieste siano plurime, le giornate cedute sono distribuite in misura proporzionale tra tutti i richiedenti.

E’ cura del dipendente informare tempestivamente l’Azienda o Ente ai fini di consentire alla stessa di compiere gli accertamenti dovuti.

7. Il dipendente richiedente può fruire delle giornate cedute solo a seguito dell’avvenuta completa fruizione delle giornate di ferie o di festività soppresse allo stesso spettanti, nonchè dei permessi orari retribuiti per particolari motivi personali o familiari e dei riposi compensativi eventualmente maturati.

8. Una volta acquisiti, fatto salvo quanto previsto al comma 7, le ferie e le giornate di riposo rimangono nella disponibilità del richiedente fino al perdurare delle necessità che hanno giustificato la cessione. Le ferie e le giornate di riposo sono utilizzati nel rispetto delle relative discipline contrattuali.

9. Ove, cessino le condizioni di necessità legittimanti, prima della fruizione, totale o parziale, delle ferie e delle giornate di riposo da parte del richiedente, i giorni tornano nella disponibilità degli offerenti, secondo un criterio di proporzionalità.

10. La presente disciplina ha carattere sperimentale e potrà essere oggetto di revisione, anche ai fini di una possibile estensione del beneficio ad altri soggetti, in occasione del prossimo rinnovo contrattuale.

Nel caso quindi di operatori del comparto sanità, quali, infermieri, ostetriche, OSS e OTA, si tratta senza dubbio delle sole ferie che eccedono le 4 settimane canoniche, ricomprendendo quindi certamente le ferie degli anni precedente a quello di maturazione (nel caso di specie quelle del 2019) con l’aggiunta delle festività soppresse che di solito ammontano ad ulteriori quattro giorni.

La modalità d’uso del suddetto istituto poi, verrà demandato alle singole aziende che in ossequio della previsione contrattuale, stileranno il relativo regolamento interno.

Gli esempi potrebbero essere molteplici, ma dalla lettura dei vari regolamenti interni si evince che il numero di ferie cedibile da ogni singolo dipendente, varia da un minimo di sei ad un massimo di 8 giorni per ogni singolo cedente, a cui vanno sommate le 4 festività soppresse, sempre che non ne abbiano già usufruito nel corso dell’anno, per un totale di giorni 12 a dipendente.

Orbene, con l’avvento dell’epidemia Covid-19, il Governo ha messo in atto una serie di strategie di contenimento, nel tentativo di rimediare ai disastri provocati dal lockdown forzato e dalla chiusura di tutte le attività commerciali, scuole, palestre, centri estivi e quant’altro.

Inoltre, con il decreto legge n. 18 del marzo 2020 ha previsto, a seguito della necessità di mantenere il più possibile contingentate le presenze dei lavoratori nei luoghi di lavoro, una serie di agevolazioni per i dipendenti sia pubblici che privati inserendo i c.d. permessi Covid, ovvero, modificando quelli già preesistenti come quello della cessione delle ferie, chiamato anche delle ferie solidali.

Il Decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, all’art. 87, comma 4-bis dispone che, in virtù del fenomeno epidemiologico in atto, al fine di consentire ai lavoratori di poter continuare ad esercitare il loro diritto di genitori, sia possibile usufruire delle c.d. ferie solidali cedendo in tutto o in parte tutte le ferie ed i riposi, escluse quelle previste e costituzionalmente garantite di cui all’art. 36 Cost. “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.

Mentre la novella legislativa ha certamente una natura estensiva dell’istituto, la ratio della normativa contrattuale comparto sanità invece, è sempre stata intesa dalle dirigenze aziendali, sin dall’inizio, come una cessione limitata di giornate di ferie ed esclusivamente fra simili, ossia, comparto con comparto e dirigenza con dirigenza, anche se né la normativa nazionale e né la normativa contrattuale lo specificava espressamente.

A fugare ogni dubbio in merito alla vera natura dell’istituto è intervenuto l’art. 87, comma 4-bis del D.L. n. 18/2020: ((4-bis. Fino al termine stabilito ai sensi del comma 1, e comunque non oltre il 30 settembre 2020, al fine di fronteggiare le particolari esigenze emergenziali connesse all’epidemia da COVID-19, anche in deroga a quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali vigenti, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono cedere, in tutto o in parte, i riposi e le ferie maturati fino al 31 dicembre 2019 ad altro dipendente della medesima amministrazione di appartenenza, senza distinzione tra le diverse categorie di inquadramento o ai diversi profili posseduti. La cessione avviene in forma scritta ed è comunicata al dirigente del dipendente cedente e a quello del dipendente ricevente, è a titolo gratuito, non può essere sottoposta a condizione o a termine e non è revocabile. Restano fermi i termini temporali previsti per la fruizione delle ferie pregresse dalla disciplina vigente e dalla contrattazione collettiva)).

È evidente che il legislatore ha voluto appositamente specificare nell’articolo in parola due degli aspetti più controversi, ma significativi, contro i quali molti sindacati ed associazioni di categoria si erano precedentemente scontrati sul piano interpretativo contro le aziende sanitarie.

Il primo è certamente quello relativo alla prevalenza della contrattazione collettiva rispetto alla legislazione nazionale, che in effetti delegava la scelta delle modalità operative alle contrattazioni decentrate aziendali, che la facevano quindi da padrone nelle scelte e nelle modalità con le quali applicare l’istituto (…nella misura, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale applicabili al rapporto di lavoro”).

Il secondo, è invece riferibile all’aspetto della scelta, sempre aziendale, di suddividere le ferie cedute nelle categorie e nei rispettivi profili di appartenenza, ovvero, ferie cedute solo per i soli lavoratori del comparto e ferie cedute per soli i dirigenti. Anche qui, l’art. 87, comma 4-bis ha espressamente previsto che la cessione delle ferie può essere fatta senza distinzione di categoria di inquadramento o di profilo professionale, come a dire che, un dirigente medico può sicuramente cedere le ferie nominativamente ad personam ad un OSS, un infermiere o una ostetrica, ovvero, il contrario.

Il tenore della norma infatti, insiste proprio su questo specifico aspetto, che era stato invece, nella previgente previsione normativa, completamente omesso e che invece nell’ultima versione dettata dall’art. 87, comma 4-bis è espressamente richiamato: “senza distinzione tra le diverse categorie di inquadramento o ai diversi profili posseduti.…La cessione avviene in forma scritta ed è comunicata al dirigente del dipendente cedente e a quello del dipendente ricevente, è a titolo gratuito, non può essere sottoposta a condizione o a termine e non è revocabile…”.

A differenza quindi, della previsione normativa precedente, questa è certamente più dettagliata e lascia meno ambiti di discrezionalità sulle modalità con le quali le aziende dovranno concedere l’istituto.

Qui si lascia decisamente più spazio all’iniziativa privata dei lavoratori che, di concerto tra loro, con un accordo di tipo pattizio, ancorché libero da formalità, se non per la forma scritta, regolano i loro rapporti di tipo “patrimoniale” ma più correttamente, obbligazionale.

L’aspetto della patrimonialità dell’accordo è certamente ricavabile dal fatto che le ferie sono un istituto che solo in apparenza sembrerebbero non possedere un valore di tipo economico, ma che nella realtà sono concesse al lavoratore e pagate dal datore di lavoro come fictio prestatoris, cioè, come se fossero giornate lavorate a tutti gli effetti e, quindi, hanno intrinsecamente un loro valore “patrimoniale” anche se a primo impatto esso non è direttamente desumibile.

Ad ogni modo, è previsto che l’accordo tra il cedente ed il cessionario sia in forma scritta, non revocabile, a titolo gratuito, senza termini ne condizioni e consegnato direttamente al dirigente di riferimento del singolo lavoratore, ogni articolazione aziendale poi, individuerà, attraverso la sua architettura organizzativa interna, di volta in volta le figure di riferimento che avranno l’onere di convalidare le richieste dei lavoratori in fatto di cessione delle ferie, che nel caso di aziende sanitarie corrisponderà al Direttore Amministrativo.

Una volta che il cedente ed il cessionario, con accordo scritto, avranno consegnato al referente amm.vo la loro intenzione di cedere ed accettare le ferie, costui, dovrà il prima possibile e, comunque, non oltre il termine previsto dall’accordo, dare seguito alla richiesta.

Ricordando che, la precedente previsione normativa consentiva alle aziende di creare una sorta di “fondo ferie” dal quale i lavoratori che necessitavano di avere ferie in più, potevano attingere, previa compilazione della modulistica appositamente creata dall’azienda e inviata al Direttore Amm.vo, il quale, verificati che i requisiti del richiedente fossero congrui e rispettosi della normativa, anche attraverso l’esibizione di una valida certificazione medico legale che attastasse lo stato di malattia del figlio del lavoratore richiedente, trasferiva le ferie dal fondo al richeidente. 

Il cessionario quindi, rimaneva in attesa dell’accettazione della richiesta da parte degli organi amm.ni interni prima di poter usufruire dell’agevolazione.

Tutto ciò oggi, con la novella dell’art. 87, comma 4-bis del D.L. 18/20 è stato di fatto cancellato, consentendo una più rapida elaborazione amm.va della richiesta che parte da un accordo tra le parti in cui il dirigente amm.vo non interviene affatto, se non per la sola successiva approvazione. 

Vieppiù che, l’istituto previsto dall’art. 87, comma 4-bis, D.L. n. 18/2020 non si rivolge più solo ed esclusivamente a quei lavoratori che necessitavano di usufruire delle ferie per esigenze di cura ed assistenza della prole in grave stato di salute, ma viene generalizzato ed esteso ad un fine molto più ampio, con una finalità del tutto diversa ma egualmente necessaria e cogente con il diritto della tutela della salute sancito dall’art. 32 Cost, al fine di fronteggiare le particolari esigenze emergenziali connesse all’epidemia da COVID-19, che al pari dell’esigenza di tutela dei figli ha lo stesso valore costituzionale, ossia, la tutela della salute dei lavoratori.

Una scelta decisamente opportuna, un passo avanti, vista la condizione di lockdown che si è protratta per oltre due mesi con la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado e che ha visto le famiglie in grande sofferenza per la gestione dei propri figli minori, oltreché dei lavoratori della sanità impegnati fino allo sfinimento a contrastare questa pandemia che ha messo in ginocchio paesi interi.

Vedremo in questi giorni come le aziende applicheranno l’istituto e se a questi daranno un carattere estensivo, ovvero, restrittivo concedendolo solo ed esclusivamente a soggetti bisognosi o se invece, nella ratio della norma stessa, ossia, di fronteggiare le particolari condizioni emegenziali, lo estenderanno a chiunque ne faccia legittima richiesta.

Con il nuovo decreto 18/20 “Ripubblicazione del testo del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, coordinato con la legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27, recante: “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi», corredato delle relative note pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data del 15 maggio 2020, l’istituito di cui all’art. 87, comma 4-bis è stato mantenuto con lo stesso tenore e le stesse finalità.

Rimane quindi un’ulteriore possibilità per tutti quei lavoratori che all’inizio del periodo di pandemia avevano già terminato le ferie ed i vari permessi, magari per accudire i propri figli malati e bisognosi.

 Dott. Carlo Pisaniello

Redazione Nurse Times

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