Intervista a Diana, infermiera ‘mancata’ a causa del cancro

“Il meglio deve ancora arrivare… Il sorriso non me lo toglie nessuno… La vita è bella nonostante tutto!” Una timida esplosione di forza, di gioia, di sorrisi e di una voglia matta di vivere, cercando di aiutare le persone. È fatta di tutte queste cose Diana Virgilio, 34enne romana, che ha dovuto rinunciare (momentaneamente) al suo sogno di diventare infermiera a causa di una dura battaglia contro il cancro; che, purtroppo, la sta torturando da 7 lunghi anni.

Chi era la bambina Diana? E cosa sognava?

Ero una bimba dolce, ma timidissima. il mio sogno era quello di diventare medico o comunque qualcuno in grado di curare e di aiutare le persone… ho sempre avuto un debole per il benessere del prossimo. La mia infanzia è passata serenamente, così come l’adolescenza; con un po’ di alti e bassi qua e là, ovviamente, come è normale e fisiologico che fosse. Mi mancano l’incoscienza, il senso di leggerezza e la spensieratezza di quegli anni… mi sentivo padrona del mondo.

Hai coltivato, in qualche modo, questo tuo “debole” per l’aiuto?

Sì. Appena compiuti 18 anni mi sono subito iscritta presso la Misericordia del mio paese, per svolgere volontariato in ambulanza. Una sorta di passione di famiglia, visto che mio padre ne è stato uno dei fondatori e che anche mia madre ne è una volontaria. Credo proprio che sia stata l’esperienza più bella della mia vita… in cui mi sono resa conto di possedere il sangue freddo e la forza necessari per poter soccorrere gli altri.

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Nel 2005 ho anche svolto, presso la stessa associazione, il servizio civile nazionale. E grazie a quest’altra esperienza  ho avuto modo di conoscere, apprendere e sviluppare empatia a contatto con i pazienti e la capacità di stimolare in loro reazioni nei confronti della malattia; perché, ne sono convinta, amore e sorrisi sono una buona parte della cura, per chi purtroppo è malato.

Verso la fine del servizio ho cominciato a pensare che forse potevo sfruttare meglio queste mie “qualità” e così ho deciso di diventare una professionista dell’aiuto: mi sono iscritta al corso di laurea in Infermieristica e, nonostante lo studio non fosse mai stato il mio forte, c’ho messo veramente tanto impegno; perché in reparto mi sentivo proprio bene ed ero molto a mio agio coi pazienti. Pazienti che per me non sono mai stati dei numeri, ma sempre persone bisognose di affetto ed attenzioni!

Una conferma che la strada intrapresa fosse quella giusta, l’ho avuta col sisma del 2009: ogni settimana avevo il mio turno di servizio in ambulanza nelle zone terremotate dell’aquilano. Fu un’esperienza meravigliosa nonostante la tragedia, dove ho trovato tantissimi amici che tuttora sento e vedo e dove ho incontrato quello che credevo fosse l’amore della mia vita…

Poi la tua vita, purtroppo, è drasticamente cambiata. E da aspirante infermiera ti sei ritrovata paziente…

Eh sì. Tutto andò bene fino alla fine del corso di laurea, anche se ero drasticamente indietro con gli esami. Poi, però, una mattina di giugno,  mentre facevo la doccia, mi sono accorta che c’era qualcosa che non andava nel mio seno sinistro. Ne parlai subito con le compagne di corso, ma vista la mia età (avevo 26 anni) mi tranquillizzarono, dicendo che forse avevo il loro stesso problema: mastiti, cisti, ecc.

Non ero convinta, però… così feci degli accertamenti strumentali, ma non si capiva quale potesse essere il problema:  “i raggi non riescono a passare la massa, quindi non capiamo cosa possa essere”, mi dicevano. Ma dopo altre visite ed altri esami, tra cui ecografia e mammografia (esame, quest’ultimo, a cui nessuno voleva sottopormi data la mia giovane età) arrivò per me la terribile diagnosi. Cancro. Ricordo ancora le parole di quel medico… “Signorina, lei ha una bomba ad orologeria, prima si muove e meglio è!

La mia vita, da quel momento, si fermò. Ed iniziò la mia odissea da paziente… Dopo una risonanza magnetica, ebbi anche i dettagli del male che rischiava di annientarmi: carcinoma lobulare invasivo, con coesistente carcinoma in situ.

Il due settembre del 2009 subii una mastectomia totale sinistra con svuotamento ascellare. Il recupero postoperatorio fu particolarmente veloce, calcolando anche che fino ad allora non avevo mai avuto problemi di salute ed ero forte. E poi iniziarono le chemio… poi le radio… e gli interventi per la ricostruzione di quello che il tumore si era portato via. Il tutto, devo dire, vissuto con estrema tranquillità e serenità, grazie anche al costante supporto della mia famiglia, degli amici e dell’amore… che mi rendeva la battaglia più semplice.

Che paziente eri, all’inizio di questa nuova fase della tua vita?

Beh, devo dire che ho avuto la fortuna di trovare quasi sempre del personale sanitario splendido; che, data la mia giovane età, mi ha quasi sempre coccolato. E poi, sapendo che ero una studentessa infermiera, mi trattavano spesso come una collega e la sensazione era stupenda. Devo dire che ci mettevo anche del mio, però: sono stata una paziente sempre disponibile ad ogni tipo di pratica (anche dolorosa) e cercavo di “rompere” il meno possibile.

Ho conosciuto una miriade di infermieri. Alcuni (pochi, per fortuna) erano boriosi, presuntuosi e sono quelli che mi hanno fatto più male. In tutti i sensi. Per fortuna, però, ne ho trovati molti altri preparati, professionali, umani e anche “amici”; perché è bello, in un reparto, trovare anche sorrisi che col tempo diventano familiari… è bello sapere che c’è chi ti ascolta, ti consiglia, ti spiega e magari ti dice le cose come stanno.

È proprio vero… sia da studentessa infermiera sia da paziente, posso affermare con assoluta certezza che l’empatia è davvero “tanta roba” ed è importantissima.

Le “pesanti” cure che hai subito… hanno avuto successo?

Beh, diciamo che grazie a quelle la mia vita ha ricominciato a scorrere tranquillamente e, nonostante i controlli serrati, ho ripreso il mio percorso universitario; trasferendomi a L’Aquila. Il tirocinio in ospedale, dopo quello che avevo vissuto, mi risultava assai più facile: mi sembrava di capire meglio le necessità dei pazienti, comprendevo alcune loro esigenze prima che proferissero parola, mi rendevo conto di quando avevano bisogno di scambiare semplicemente due chiacchiere e di sentirsi “persone”, piuttosto che malati. Non andavo affatto d’accordo coi colleghi di tirocinio che trattavano i degenti come vere e proprie “cavie” solo per raggiungere maggiore visibilità e giudizi positivi con infermieri e medici… ODIOSO!

Ero felice. E mi sono così recata, piuttosto ottimista, ad un ennesimo controllo. Che invece riaccese, tutto insieme, il mio incubo: era comparsa una grande metastasi al fegato… bisognava ricominciare da capo. La mia vita entrava in una nuova fase di standby.

Ti va di raccontarci di questo nuovo capitolo della tua lotta?

Certo. Ad aprile 2013 subii una nuova operazione: una resezione epatica dell’8° segmento, intervento durato ben 9 ore e in cui non andò proprio tutto liscio… si verificò infatti una massiccia emorragia, che stava per portarmi all’altro mondo; per fortuna, però, non era ancora il mio momento: grazie alla bontà e all’altruismo dei donatori di sangue, che ringrazierò per sempre, sono ancora viva.

A giugno, poi, ricominciai con la chemioterapia. Ed il giorno prima di questo nuovo inizio, io e il mio fidanzato decidemmo di chiudere la nostra storia d’amore. Fu una bella botta. Ma, fortunatamente, avevo ancora la mia famiglia pronta ad affrontare insieme a me questa dura lotta per sopravvivere.

Così mi caddero di nuovo tutti i miei capelli, mi gonfiai come un pallone e soprattutto… mi crollò tutto il mondo addosso… e la mazzata finale fu la morte improvvisa di mio padre.

Cominciai ad avere nausea degli ospedali, delle lunghe e interminabili attese per fare una tac, una risonanza, una visita. Meno tempo passavo negli ospedali e meglio stavo…

Abbandonai così gli studi. Decisione sofferta, questo sì. Ma non avevo più la testa, la concentrazione e le energie necessarie per completare l’università. La chemio, purtroppo, mi ha portato tantissimi fastidi: dalla memoria che va e viene alla vista non più da falco, dai dolori articolari ai 30 kg di peso guadagnati in questi anni (7 totali). Ad oggi mi sento una ottantenne nel corpo di una trentenne; anche perché, dal 2010, mi hanno indotto una menopausa “farmacologica”, che mi porta di fatto tutti i fastidi di una menopausa normale. Il cancro mi ha ridotto così: una giovane vecchia!

Stavolta, però… la terapia ha avuto, a lungo termine, gli effetti desiderati?

Certo che no, la mia sfortuna non era ancora sazia… nei controlli di febbraio 2015 sono comparse ben 5 metastasi epatiche. Ancora un altro ”inizio”, perciò, mi si è parato davanti. Ho ricominciato con le chemio… quanto le odio! Mi hanno privato di tanto; e, nonostante mi stiano avvelenando e stiano distruggendo anche tante cellule sane del mio corpo… queste dannate metastasi continuano a comparire. Comunque… mi hanno detto di dover fare 3 cicli (9 chemio); li ho così affrontati come meglio potevo e… Tutto è sparito! Ho fatto salti mortali per la gioia… “Evviva, mi riprendo la mia vita!”, ho pensato. Ho dovuto poi fare altri 6 cicli: 3 per prevenzione e altri 3 per consolidamento. Una tortura senza fine.

Ma alla fine ero libera. Forse.

Sei riuscita, poi, a goderti un periodo di pace?

Ho terminato i cicli a ottobre. E a Natale, come ogni anno dopo la morte di papà, me ne sono andata a Parigi da mio fratello insieme a mia madre. Pian piano e per l’ennesima  volta, ho ricominciato timidamente a riappropriarmi della mia vita. E, nonostante l’inabilità lavorativa, ho iniziato a cercare qualcosa da fare, di bello e utile per sentirmi libera e viva. Ma non ho avuto neanche il tempo di schiarirmi le idee: nei controlli successivi, a soli 9 mesi dall’ultima chiemioterapia, è riapparsa un’altra macchia scura.

Risonanza magnetica e… nuova diagnosi: almeno 20 “macchioline” a livello epatico. A fine luglio di quest’anno, perciò, si riparte: addio di nuovo ai capelli, mi rigonfio come una zampogna e torno ad avvelenare il mio corpo per cercare di sopravvivere a quest’altra batosta.

Non so se e quando il mio percorso avrà fine… non so fino a quando e perché dovrò essere messa a così dura prova… a volte sto tanto male nel guardare i miei coetanei che vivono, lavorano, si sposano, formano una famiglia, realizzano progetti di vita; mentre io posso solo sperare di sopravvivere… senza vivere.  Vedo i miei anni migliori scorrermi davanti agli occhi, senza che io possa nemmeno sfiorarli. Ma finché avrò forza, lotterò senza esclusione di colpi; perché ora il mio scopo è senza dubbio quello: riuscire a VIVERE!

Per concludere… immagino che in questi 7 anni tu abbia conosciuto tante altre persone in lotta contro i tumori… c’è qualche storia che ti ha particolarmente colpito?

Da paziente, ho conosciuto tante “sorelle” di malattia…

La mia compagna di avventura Anna Clara, ad esempio. Pessimista di natura. Appena arrivata si chiudeva nel suo angolino con la sua coroncina a pregare. Ma io le ho rotto talmente l’anima per farla reagire, che oggi sta molto meglio e non passa settimana senza che ci sentiamo. La figlia mi dice sempre che quando parla con me Anna Clara cambia atteggiamento ed è più reattiva.

Penso spesso anche a Sabrina, sorella di 42 anni. E sono triste. Io, lei e Anna Clara eravamo in terapia insieme. Aveva una forza da far invidia, se non l’avessimo incontrata quell’ultima volta non sapevamo neanche che in realtà fosse così grave. Lei infatti non faceva trapelare nulla. Il giovedì la salutammo, dandoci appuntamento alla settimana dopo per la terapia, ma il venerdì la portarono a casa in coma e la domenica ci lasciò. Suo marito poi ci disse che con noi stava talmente bene che non voleva farci conoscere la gravità delle sue condizioni di salute.

Mi viene in mente un’altra sorellina… più piccola di me, non vedente, orfana e con un bimbo down. Aveva un cancro metastatizzato alle ossa. Mesi di terapia e quest’anno anche lei purtroppo ci ha lasciati…

Le storie sono tante purtroppo. E mentre te ne parlo, mi tornano in mente tanti ricordi, di tante persone che non ho più visto, di tante emozioni e di dolori che ho vissuto.

In una foto postata su Facebook tra il recupero da un ciclo di chemiorerapia e l’altro, Diana ha scritto il seguente pensiero: “Obiettivo da raggiungere… Perdere qualcosa e riacquistare qualcosa… Poi verso nuove conquiste… Il meglio deve ancora arrivare… Il sorriso non me lo toglie nessuno… La vita è bella nonostante tutto!

E noi ti auguriamo, sinceramente e con tutto il cuore, di viverla. Forza, Diana!

Alessio Biondino

Redazione Nurse Times

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