Infermieri vittime della sindrome da Burnout

Il Burnout è una risposta psicologica allo stress cronico lavorativo di natura interpersonale ed emozionale che coinvolge i professionisti che lavorano direttamente con i pazienti o altri destinatari.

La sindrome del Burnout comincia ad essere considerata una malattia professionale ad alta rilevanza tra le professioni sanitarie, intorno agli anni ’70; il termine fu coniato da Freudenberger, dopo aver osservato attentamente dei volontari che lavoravano con lui in un istituto di assistenza sanitaria, per indicare “una condizione di esaurimento fisico ed emotivo, associata ad atteggiamenti negativi derivanti da un’intensa interazione con le persone durante il lavoro”.

All’interno delle varie categorie professionali, la stima del rischio di sviluppare la sindrome è maggiore tra gli infermieri, in quanto costretti ad affrontare situazioni stressanti e complesse.
Diversi studi dimostrano un’incidenza maggiore in strutture che si occupano prevalentemente di patologie croniche, nello specifico oncologia, psichiatria e malattie infettive.

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Il coinvolgimento emotivo che si viene a creare con il paziente ha ricadute sugli operatori che tendono a percepire il fallimento della cura, come un fallimento personale.

Il rischio è proporzionale al tipo di coinvolgimento che si ha con la persona assistita e se non riconosciuto e gestito in maniera tempestiva, possono conseguirne sequele psicologiche di forte disagio in grado di interferire non solo sulla sfera personale del lavoratore ma anche su quella professionale, incidendo drasticamente sulla qualità dell’assistenza erogata.

Gli infermieri vivono a stretto contatto con il paziente, sia in termini di tempo, sia in termini di emotività, instaurando un rapporto interpersonale olistico, che li rende facilmente vulnerabili nello sviluppare problemi a livello personale, organizzativo e sociale, in primis nel luogo di lavoro.

Le conseguenze principali del Burnout includono: apatia, assenteismo e una diminuzione del livello della qualità del servizio offerto ai pazienti.

I sintomi possono essere suddivisi in: area fisica, psichica, comportamentale e difensiva.

  1. Area fisica: costante e progressiva stanchezza, disturbi del sonno, dolori muscolari e osteomuscolari, mal di testa-emicrania, disturbi gastrointestinali, immunodeficienza, disturbi cardiaci, malattia respiratorie, disfunzioni sessuali e cambiamenti mestruali nelle donne.
  2. Area psichica: mancanza di attenzione, cambiamenti di memoria, rallentamento del pensiero, sentimenti di alienazione e solitudine, impotenza, scarsa autostima, instabilità emotiva, difficoltà di accettazione di sé, astenia, sconforto, disfonia, depressione, sfiducia, e paranoia.
  3. Area comportamentale: irritabilità, aumento dell’aggressività, incapacità di rilassarsi, difficoltà nell’accettare i cambiamenti, perdita di iniziativa, aumento del consumo di sostanze (alcool, caffè, tabacco, tranquillanti, sostanze illecite) e suicidio, tendenza all’isolamento, sentimenti di onnipotenza, perdita di interesse nel lavoro, assenteismo, ironia e cinismo.

Vale la pena sottolineare che le manifestazioni sintomatiche dipendono anche dalle caratteristiche delle persone (fattori genetici ad esempio), quindi non tutte le persone che sviluppano il Burnout, presenteranno tutti questi sintomi anzi, potrebbero esprimere in modi e tempi diversi nella stessa persona.

Le ricerche bibliografiche concludono che non ci sono procedure valide per diagnosticare la sindrome del Burnout. Negli studi analizzati sono stati utilizzati strumenti di autovalutazione, prima fra tutti il MBI. Tuttavia la domanda se sia veramente possibile diagnosticare il Burnout con questo strumento, non può essere risolta in modo affidabile sulla base degli studi perché non sono costruiti su una base scientifica.

Freudenberger ha tentato di descrivere la sindrome del Burnout attraverso lo sviluppo cronologico in un modello a 12 stadi:

  • Eccessiva ambizione;
  • Lavorare tanto;
  • Trascurare i propri bisogni;
  • Spostamento dei conflitti e bisogni;
  • Mancanza di tempo per i bisogni non professionali;
  • Aumento della negazione del problema;
  • Ritiro e cinismo;
  • Cambiamenti comportamentali/reazioni psicologiche;
  • Depersonalizzazione;
  • Ansia- comportamento di dipendenza;
  • Mancanza di interesse
  • Esaurimento fisico che può essere pericoloso per la vita.

In generale non ci sono attualmente criteri diagnostici validi e disponibili, ciò è a discrezione del medico il quale valuta il grado di Burnout e induce così un trattamento.

Per contrastare l’insorgenza subdola del fenomeno sarebbe opportuno soprattutto un’azione preventiva, vera e concreta delle diverse istituzioni per valorizzare e riconoscere il ruolo professionale della figura sanitaria, realizzando un piano finalizzato a ridurre i fattori di stress e le cause estrinseche del problema, permettendo così non solo il benessere del singolo lavoratore ma anche del cittadino che si affida nelle sua mani.

FIORELLA Ruggiero
RICCHIUTI Angela

Bibliografia e Sitografia:

Beatrice Duzzi, Iole Giovanardi, Cinzia Gradellini. La sindrome del Burnout tra gli infermieri. IPASVI Rivista dell’infermiere 2014, n°5;1-6

Barnard et al., 2006; Medland et al., 2004; Gentry & Baranowsky, 1998; Zenobi & Stefanile, 2007

Tricas Moreno JM, Salavera Bordas C, Lucha Lopez MO, Vidal Peracho C, Lucha Lopez AC, Estebanez de Miguel E, et al. Descriptive study of stress and satisfaction at work in the Saragossa university services and administration staff. Int J Ment Health Syst 2010 Apr 21;4:7-4458-4-7.

www.stateofmind.it

Redazione Nurse Times

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