Categorie: Massimo Randolfi

Infermiere funambolo del rischio clinico

 

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Il Risk Management se analizzato da un infermiere esprime potenzialmente i suoi contenuti  sui concetti ad esso correlati quali errore, responsabilità, professionalità e competenza.

Il progresso scientifico – tecnologico, i cambiamenti socio-demografici ed economici hanno trasformato radicalmente le società e i sistemi sanitari nei Paesi industrializzati. A questi cambiamenti si aggiungono la crescita culturale della popolazione e l’aumento di informazioni disponibili che da un lato portano i cittadini a richiedere prestazioni assistenziali sempre più qualificate, efficienti ed efficaci e dall’altro li rendono sempre più insofferenti all’errore “sanitario”.

Il Censis, ha condotto una ricerca sui “Rischi ed errori nella sanità italiana”, evidenziando che l’esplosione di malasanità non è una mera invenzione giornalistica, ma una reale preoccupazione del cittadino, il quale, negli ultimi anni, si è rivolto sempre più alla magistratura a seguito di un danno subito.

Il ricorso alla magistratura da parte di pazienti e di familiari è infatti pari al 40% degli articoli tratti dalle principali testate giornalistiche nazionali, analizzate nello studio sopraccitato!

Se orientiamo una riflessione all’interno del mondo infermieristico, particolarmente quello in Area Critica 118, si evidenzia una responsabilità professionale ed etica di grande rilievo. Tale responsabilità non va intesa come “colpa personale” del professionista, ma come necessità dell’intero gruppo professionale (équipe) di lavorare per la sicurezza del paziente e degli operatori stessi.

Quando si verifica un evento avverso, la modalità più comune di affrontare il problema è quella che fa riferimento alla ricerca del colpevole ed alla sua “punizione”. Questo approccio “persecutorio” però non fa altro che nascondere il vero problema, cioè la causa profonda dell’errore, e rendere ancora più fragili le organizzazioni che essendo luoghi dove sbagliare non è consentito, di fatto perpetuano la possibilità di farlo. In questo tipo di organizzazioni, i professionisti, se possono, nascondono l’errore per la paura delle conseguenze. La presa di consapevolezza che “errare è umano” e pertanto inevitabile, dovrebbe aiutare a costruire sistemi organizzativi più solidi che rendano difficile sbagliare.

L’errore, infatti non ha quasi mai una sola causa, ma nasce da una cascata di fattori: organizzativi, culturali, tecnologici ed umani. Si evidenziano così due tipologie di errori: quello attivo, imputabile al singolo operatore per dimenticanza, distrazione, routinarietà, stanchezza, e quello latente che risiede nelle “piaghe” dell’organizzazione e aspetta una disattenzione per rendersi evidente.

Solo agendo sulla complessità di questi fattori si può pensare di migliorare la sicurezza della qualità delle cure. Approfittare dell’errore per riflettere sulle modalità con cui viene erogata l’assistenza è un’occasione importante ed un primo passo verso un cambiamento di mentalità.

Gestire il rischio infatti, significa conoscere ed utilizzare dei metodi e degli strumenti che consentono di identificarli, valutare e ridurre i rischi stessi. Questi strumenti vanno ad agire sull’intero gruppo professionale e permettono una riflessione sulle priorità da affrontare. La responsabilità si sposta dal singolo all’organizzazione nel suo complesso, che ha così a disposizione elementi per evitare il ripetersi dello stesso errore in futuro. Questa necessità si fa sempre più cogente per gli infermieri che operano in contesti critici, dove la gravità delle condizioni del paziente aumenta la complessità generale.

Ma prima di tutto “gestire il rischio” significa iniziare a “pensare in sicurezza”, iniziare a dare importanza e consapevolizzare gesti, procedure, modi di lavorare che spesso finiscono nell’area della “confidenza” e come tali esposte ad una maggiore probabilità di errore.

Gli infermieri, rispetto a questa tematica avranno un ruolo importante come membri di un team di lavoro e come singoli professionisti, per promuovere riflessioni ed implementare nuove strategie. Per iniziare potrebbe rilevarsi utile, fermarsi un momento nella frenesia del lavoro quotidiano, per analizzare i processi di lavoro più delicati ed individuare i punti critici, sui quali prioritariamente agire. Si può scoprire che i punti critici risiedono ancor prima che nelle tecnologie utilizzate, nelle abitudini, nella cultura professionale, nella sequenza di attività, nell’organizzazione degli spazi e dei tempi legati all’assistenza.

Non è qualcosa di nuovo e qualcosa in più da fare, ma è la base per lavorare in sicurezza e per garantire ai cittadini interventi appropriati, curativi, frutto di una riflessione che è l’elemento di ogni sistema di qualità.

L’infermiere, consapevole dell’importanza del problema deve diventare agente morale all’interno della propria realtà nella gestione del Risk Management.

Ruggero Fiorella

Bibliografia:

  • IL RISK MANAGEMENT IN SANITA’. Gestione del rischio, errori responsabilità professionale e aspetti psicologici. Antonino Buscemi – Autori Vari – Casa editrice Franco Angeli – (Prima Edizione 2009);
  • LA DIRIGENZA INFERMIERISTICA – manuale per la formazione dell’infermiere con funzioni manageriali. Terza edizione – Carlo Calamandrei – Carlo Orlandi –Edizioni Mc Graw Hill (3° edizione – 2009);
  • LA GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO – La sicurezza del paziente e la lotta agli sprechi nelle strutture pubbliche e private – Perrella G.-Leggeri R. – Edizioni Franco Angeli (1° edizione 2007);
  • ASPETTI GIURIDICI DELLA PROFESSIONE INFERMIERISTICA – Luca Benci – Quinta Edizione – Mc Graw Hill (5° edizione – 2008);
Redazione Nurse Times

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