In arrivo test rapidi per ricercare il virus Sars-Cov-2: facciamo il punto della situazione

DiaSorin Molecular, una divisione del gruppo italiano DiaSorin, ha ricevuto ufficialmente, dalla Food and Drug Administration statunitense, l'autorizzazione all'uso di emergenza per il test “Simplexa COVID-19 Direct Kit”

DiaSorin Molecular, una divisione del gruppo italiano DiaSorin, ha ricevuto ufficialmente, dalla Food and Drug Administration statunitense, l’autorizzazione all’uso di emergenza per il test “Simplexa COVID-19 Direct Kit”

Si tratta di un dispositivo che può fornire una risposta rapida e semplice per la rilevazione della sindrome respiratoria acuta causata da coronavirus (Sars-Cov-2), il virus che causa il Covid-19, direttamente dai tamponi rinofaringei. Lo ha annunciato proprio la società in una nota, dando così il via al processo di commercializzazione sul test molecolare che permetterà di ottenere i risultati diagnostici entro 60 minuti, un tempo molto più breve rispetto a quanto agli specialisti è servito fin qui, ovvero dalle 5 alle 7 ore.

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DiaSorin ha annunciato di aver ricevuto dei fondi federali dalla Biomedical Advanced Research and Development Authority (BARDA), ente federale del Dipartimento americano per la salute, per avviare lo sviluppo di un test molecolare per l’identificazione del coronavirus Sars-CoV-2. L’azienda spiega che il test sarà commercializzato con marchio CE in Europea e presentato alla Food and Drug Administration (FDA) per l’Emergency Use Authorization (EUA) entro la fine di marzo 2020.

L’idea alla base del test

A raccontare le dinamiche legate a questo importante test, nei giorni scorsi, era stata Giulia Minnucci, R&D Director Europe di DiaSorin, negli studi di Sky tg24 (VIDEO). “Ci siamo attivati non appena sono state rese pubbliche le informazioni sulla sequenza genetica del virus, collaborando con i Centri di Riferimento italiani e statunitensi per sviluppare test molecolari veloci e accurati per fronteggiare questa emergenza sanitaria”, ha detto. Il test in questione, pensato dagli scienziati per rilevare tutte le varianti attualmente conosciute del coronavirus Sars-CoV-2, è stato realizzato sulla base dell’analisi di oltre 150 sequenze virali, pubblicate nel database mondiale delle banche genetiche.

I kit in produzione

John Gerace, il presidente di DiaSorin Molecular, solo pochi giorni aveva raccontato di come l’ok da parte della FDA fosse l’ultimo tassello utile. “Speriamo di lanciare il prodotto da qui al 31 marzo. Pensiamo che sia fondamentale poter fornire alcune migliaia di test ai nostri partner principali, gli ospedali Spallanzani di Roma e San Matteo di Pavia. Per il momento abbiamo completato circa 40mila kit e dovremmo arrivare come minimo a 50mila test da qui a fine marzo per l’Italia”, ha detto. In seguito, se le previsioni saranno rispettate, la quota di test prodotti dovrebbe arrivare tra i 100mila e i 150mila test.

Come funziona

“Siamo in grado di rilevare attraverso il test la presenza del virus, andando a ricercare il genoma virale” annuncia Giulia Minnucci ai microfoni di Sky tg24.

“I nostri ricercatori hanno sviluppato questo test in maniera molto accurata e sensibile, andando a rilevare non solo una porzione del virus, bensì due. Questo garantisce, soprattutto in caso di mutazioni che possono avvenire in maniera naturale durante un’epidemia, di mantenere l’efficacia diagnostica”, conclude. Due gli importanti su cui si sono concentrati gli scienziati: la velocità della diagnostica e soprattutto la semplicità di utilizzo rispetto ai metodi tradizionali. Il test non prevede alcun processamento del campione, ma è progettato per l’utilizzo esclusivo sugli analizzatori Liaison Mdx, installati in numerosi laboratori ospedalieri, e utilizza la tecnologia proprietaria DAD (Direct Amplification Disc). Una volta inserito un campione nel disco di amplificazione dell’analizzatore, infatti è possibile ottenere una diagnosi certa e accurata nell’arco di un’ora.

Anche i test sierologici avranno una loro utilità?

Appena pochi giorni fa il Comitato tecnico-scientifico della Protezione civile ha sottolineato come gli unici esami, al momento in grado di fornire risultati sufficientemente attendibili e di comprovata utilità, sono quelli basati sull’identificazione del Rna virale nel materiale ottenuto dal tampone rino-faringeo.

E i test sierologici?

Potrebbero essere un aiuto alla diagnosi. Non sostituiscono i test molecolari ma sono complementari, soprattutto nel caso di soggetti asintomatici. È quanto riferisce l’Istituto nazionale malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma che in questi giorni ha firmato un accordo con la società Diesse diagnostica senese, per lo sviluppo di test sierologici per la diagnosi di Covid-19. I test in fase di sviluppo saranno disponibili a fine aprile e consentiranno di eseguire studi epidemiologici sulla diffusione del Sars-cov-2, su cui al momento le informazioni a disposizione sono ancora limitate.

“Nel dettaglio, sono già disponibili diversi test per la rilevazione di anticorpi di classe IgM e IgG Anti-Sars-Cov-2”

spiega Antonio Cascio, ordinario di Malattie Infettive all’Università degli Studi di Palermo e componente del direttivo della Società italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit). “Ma possono identificare solo casi in cui gli anticorpi si sono già sviluppati (da 2 a 8 giorni dopo l’esordio dei sintomi per IgM, ancora di più per IgG). Non sono in grado quindi di rilevare precocemente le infezioni da Cov-2, per scarsa sensibilità e la necessità di un secondo test a distanza di giorni. Mentre le IgM potrebbero risultare positive per settimane dopo la guarigione”.

Allo stesso modo quello sviluppato da Roche sarà effettuato su sistemi completamente automatizzati della stessa società svizzera (cobas 6800/8800), che non richiedono un intervento manuale una volta che l’operatore ha iniziato il test e forniscono i risultati in circa 3,5 ore (in un singolo turno di 8 ore il sistema cobas 6800 è in grado di eseguire circa 400 test e cobas 8800 circa 1000 test).

In questi casi come afferma Cascio la validazione della Fda garantisce una prova di validità per i centri italiani, che possono usare le nuove metodiche senza doverle validare a loro volta. Senza dubbio un vantaggio come riferisce l’esperto, perché essendo rapidi e maggiormente automatizzati portano a una riduzione dell’errore umano.  “I sistemi automatizzati possono gestire una grande quantità di tamponi e lavorare h24: sarà un grande valore aggiunto. Ora il test viene eseguito dall’operatore, che ha però dei limiti quantitativi, mentre un apparecchio con una grande automazione per tantissimi campioni cambia la prospettiva”.

E i test anticorpali?

Altra cosa sono invece i test basati sull’identificazione di anticorpi (sia di tipo IgM che di tipo IgG) diretti verso il virus Sars-cov-2, al momento messi al bando dal Cts. “Perché non possono essere usati a scopo diagnostico ma solo per condurre ricerche o studi epidemiologici” conclude Cascio. “Possono dare falsi positivi o negativi. Inoltre una persona che si infetta e che potrebbe avere il virus nella mucosa nasale, all’inizio potrebbe non avere ancora anticorpi.  Non è chiaro quanto potranno essere utili in questa fase, ma iniziare a usarli nei centri di ricerca, di riferimento e nelle università può essere utile per seguire l’andamento dell’epidemia e per saggiarli, per capire come possono essere usati”.

L’Istituto Spallanzani, validatore di test

Ne è conferma il recente accordo tra l’Istituto Spallanzani e la società toscana Diesse per lo sviluppo di test sierologici per la diagnosi di Covid-19.  Maria Rosaria Capobianchi, direttrice del laboratorio di Virologia dello stesso Istituto romano, scrive in una nota stampa come, proprio in virtù di istituto di ricerca e cura a carattere scientifico, il centro è anche impegnato nella messa a punto e validazione dei test diagnostici per le infezioni emergenti.

“Nella attuale contingenza, l’Istituto è interlocutore privilegiato delle aziende impegnate nell’allestimento di nuovi test molecolari e sierologici relativi al nuovo coronavirus, e fornisce supporto scientifico nella validazione delle performance dei nuovi test” riporta ancora Capobianchi. “L’accordo con Diesse si inserisce in questo ambito e ci consentirà di avere a disposizione un ulteriore strumento per migliorare la risposta diagnostica a questa emergenza e capire meglio i meccanismi del contagio”.

I kit diagnostici di Diesse non appena disponibili, saranno utilizzati per eseguire uno screening di massa in Toscana – dapprima su medici, infermieri e operatori sanitari, e quindi sui 60 mila dipendenti della sanità toscana e su quelli della sanità privata – come annunciato dal governatore Enrico Rossi. La Regione comincerà lo screening con le tecnologie già disponibili per proseguire poi con i kit sierologici (che non sostituiranno i tamponi nella diagnosi) che a breve l’azienda senese metterà a disposizione.

Redazione Nurse Times

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