Impatto dell’obesità sulla professione infermieristica: valutazione dei tempi di erogazione delle prestazioni sanitarie

Introduzione di Giuseppe Papagni

Continua il grande interesse per il progetto editoriale targato Nurse Times denominato Nurse EXperimental Thesis (NExT), sono infatti numerosi i lavori di tesi che giungono a questa redazione (redazione@nursetimes.org) e successivamente pubblicate nello spazio dedicato.

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 NExT è il progetto editoriale rivolto a tutti gli studenti in Infermieristica e neo laureati.

Il dott. Davide Amoruso, laureatosi in Infermieristica il 12 novembre 2015,  presenta alla nostra Redazione il suo lavoro di tesi dal titolo “Impatto dell’obesità sulla professione infermieristica: valutazione dei tempi di erogazione delle prestazioni sanitarie”, discussa presso l’università degli studi di Bari “A. Moro”, relatore dott. Vittorio GUGLIELMI, anno accademico 2014/2015.

La Redazione si congratula con il collega per l’importante traguardo raggiunto e augurandoci che si concretizzino le sue aspettative di un lavoro stabile.

INTRODUZIONE

L’obesità è la più comune malattia metabolica, definita come una condizione caratterizza da eccessivo peso corporeo per accumulo di tessuto adiposo, in misura tale da influire sullo stato di salute.

Costituisce uno dei problemi di salute pubblica più visibile e avanzata di anno in anno al tal punto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità la definisce come “un’epidemia globale”.

In questi ultimi tempi l’incremento dell’obesità tra la popolazione mondiale ha comportato come diretta conseguenza, un aumento di persone obese anche tra i pazienti delle strutture sanitarie.

Per il personale sanitario, e soprattutto per quello infermieristico, la gestione di questo tipo di pazienti non è semplice; le strutture ospedaliere non sono ancora del tutto attrezzate a supportare i bisogni del paziente obeso; la gestione delle cure primarie non è di facile risoluzione e spesso manca un supporto di letteratura a questo nuovo problema.

Negli ospedali, soprattutto in quelli più piccoli, molto spesso mancano presidi che supportino il peso e le dimensioni di queste persone che quindi si sentono a disagio anche per queste problematiche.

Ad esempio la maggior parte delle sedie a rotelle, se non tutte, non sono a misura per i pazienti con obesità che molto spesso si trovano in difficoltà a sedersi, muoversi, alzarsi e il personale sanitario si vede costretto a doverli trasportare in barelle ai letti di reparto con l’aiuto di rulli trasportatori, spesso due infermieri non bastano.

Per le numerose conseguenze a cui porta l’obesità, l’infermiere si vede spesso di fronte a molte a molte difficoltà, di tipo tecnico, assistenziale e psicologico; per quanto riguarda il piano tecnico, ad esempio nella misurazione della pressione arteriosa, il manicotto dello sfingomanometro deve essere largo, per pazienti obesi o comunque grandi, la rilevazione del parametro risulta difficoltosa e implicita, creando spesso imbarazzo tra operatore e paziente.

Nell’assistenza e nella pianificazione assistenziale gli infermieri devono tener conto, non solo di numerose diagnosi infermieristiche che si associano all’obesità, e agli interventi associati, ma devono aver particolare attenzione a tutte le conseguenze che comporta questa patologia.

Spesso la letteratura1 non è esaustiva sulla gestione di queste problematiche e gli infermieri si trovano a cercare di soddisfare bisogni assistenziali fisici e psichici particolari senza avere una base di teorie dove supportare le proprie scelte.

L’impatto psicologico con questi pazienti è delicato, sono persone fragili che spesso vengono accusate e stigmatizzate per il proprio aspetto fisico.

Gli infermieri devono cercare un’iterazione che gli permetta di rispettare la figura del paziente senza farlo sentire a disagio, e di far aderire il paziente al piano id cura, non solo medico, ma anche infermieristico.

La figura infermieristica non è ancora del tutto preparata all’impatto che l’obesità ha sulle cure primarie e sul carico di lavoro per il personale sanitario, soprattutto nelle piccole strutture.

E’ necessario un rapido aggiornamento sul fenomeno e sulle conseguenze che comporta, non solo culturale ma anche tecnico.

OBIETTIVO DELLO STUDIO

L’elaborato tratta delle problematiche che riguardano l’assistenza infermieristica del paziente obeso. Ad oggi, in molte realtà sanitarie i pazienti che presentano obesità sono in numero sempre maggiore e non sempre il personale sanitario è preparato a garantire una buona qualità assistenziale a questa categoria di pazienti.

Le motivazioni per cui questo non è sempre possibile sono molteplici: la letteratura non è sempre soddisfacente nel fornire una base teorica specifica che giustifichi le prestazioni infermieristiche sulla gestione dei bisogni assistenziali ai pazienti obesi; molte strutture sanitarie non possiedono le attrezzature adeguate al peso e alle dimensioni di questi pazienti; il personale sanitario spesso non conosce le cause e le complicanze di questa malattia.

Proprio per queste motivazioni, è stato proposto questo studio che ha valutato i tempi delle prestazioni infermieristiche, sia nei pazienti obesi che nei pazienti normopeso.

Sono stati misurati i tempi di esecuzione delle comuni pratiche infermieristiche (rilevazione parametri vitali, prelievo venoso, prelievo arterioso, preparazione ed esecuzione ECG, inserimento catetere vescicale, gestione stomie, somministrazione terapia endovenosa, rifacimento letti ed igiene parziale a letto, igiene totale a letto, mobilizzazione paziente) nei reparti internistici.

Sono quindi stati confrontati i tempi di esecuzione di queste manovre nelle 2 categorie di utenti descritte. Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare l’impatto dell’obesità sul carico assistenziale dell’infermiere in una determinata realtà lavorativa, in particolare si è provato a determinare se l’obesità influisce sui tempi di esecuzione di comuni manovre infermieristiche.

MATERIALI E METODI

Lo studio condotto tra maggio e settembre 2015 presso l’Ospedale Generale Regionale “Francesco Miulli”, si è basato sull’osservazione diretta delle pratiche infermieristiche e si è articolato in tre fasi:

  1. Rilevazione dei dati: svolta in un periodo di 18 settimane (dal 3 Maggio al 14 Settembre), nei reparti di: Nefrologia, Endocrinologia, Medicina interna, Geriatria, Pneumologia, Cardiologia, Chirurgia I e II dal lunedì a venerdì, dalle ore 7:00 alle ore 13:00. La motivazione che ha spinto il gruppo di lavoro a studiare queste Unità Operative è dovuta a una presunta incidenza di riscontrare una prevalenza di pazienti obesi; poiché, nelle suddette unità, si riscontrano pazienti affetti da malattie: metaboliche, ormonali, cardiocirolatorie, ipertensive, atrofiche o con alti livelli di colesterolo. Si è preferito operare durante il turno a.m. poiché in questo arco della giornata, si svolge la maggior parte delle attività dell’assistenza infermieristica.

I dati relativi ad ogni singolo paziente sono stati raccolti una sola volta, per ciascuna manovra. E’ stato chiesto il         consenso ai pazienti interessati dalla raccolta e al trattamento dei dati ai sensi del D.Lgs. n° 196/03. I risultati poi sono stati elaborati in forma anonima.

Gli strumenti di rilevazione utili ai fini della raccolta dati sono stati:

  • Griglia di rilevazioni (cfr. Allegato A);
  • Cronometro per calcolare i tempi;
  • Bilancia pesapersone;
  • Altezza ed età riferita dai pazienti;
  • Sollevatore con misuratore di peso;
  • Calcolatrice scientifica, per il calcolo del BMI;
  1. Analisi dei dati: i singoli dati sono stati riportati su un foglio di lavoro Excel ed elaborati graficamente (analizzati confrontando i tempi di esecuzione delle manovre infermieristiche tra pazienti normopeso e obesi).

Per ogni paziente si è calcolato il BMI (BMI=kg/m2), che ha consentito la suddivisione, secondo l’indice di massa corporea, in pazienti sottopeso (BMI<18,49), normopeso (BMI 15,50-24,99), sovrappeso (BMI 25-25,99), obesi di 1° classe (BMI 30-34,99), obesi di 2° classe (BMI 35-34,99) e obesi di 3° classe (BMI >40).

Dopo aver riportato i dati e i tempi di ciascuna prestazione per ogni paziente, nel foglio di lavoro, sono state create diverse tipologie di grafici (a torta ed istogrammi),che hanno consentito di illustrare eventuali differenze tra le due categorie di soggetti. Tale fase è durata l’intero mese di Settembre.

  1. Stesura dell’elaborato: tutte le informazioni ricavate, sono state elaborate e riportate per iscritto; tale fase è durata all’incirca 1 mese.

SOGGETTI IN STUDIO: il numero totale di pazienti selezionati per il seguente studio della durata di 4 mesi, all’interno dei reparti internistici, presso l’Ospedale Generale Regionale “Francesco Miulli”, è stato 300, di cui 193 di sesso maschile (64%) e 107 di sesso femminile (36%), con una prevalenza di soggetti compresa nella classe d’età tra i 60-69 anni (27%).

La popolazione oggetto di studio, in base al proprio indice di massa corporea (BMI), è stata suddivisa nelle due principali categorie: quella dei normopeso (con 150 pazienti) e quella degli obesi (con 150 soggetti).

I 150 pazienti obesi cronometrati, sono stati a loro volta suddivisi nelle 10 principali attività infermieristiche prese in esame: prelievo venoso, prelievo arterioso, igiene totale, cateterismo vescicale, esecuzione di un ECG, somministrazione della terapia endovenosa, gestione delle stomie, rifacimento letti più igiene parziale, mobilizzazione del paziente e rilevazione dei parametri vitali; in numero di 15 pazienti per ciascuna pratica.

Stessa procedimento è stato eseguito sui 150 pazienti normopeso. Per quanto riguarda i criteri di esclusione, sono stati esclusi pazienti di età inferiore ai 18 anni.

DISCUSSIONE

Le riflessioni che sorgono dall’analisi dei risultati sono orientate su diverse dimensioni:

  • Il carico assistenziale dell’infermiere sul paziente obeso;
  • L’impatto economico dell’obesità nel Servizio Sanitario Nazionale.

 

Il Carico assistenziale di un paziente obeso

Alla luce dei dati ottenuti, lo studio proposto, ha evidenziato una consistente differenza sul carico di lavoro nei tempi di esecuzione della maggior parte delle manovre infermieristiche tra pazienti obesi e quelli normopeso.

Tra le manovre che comportano una tempistica maggiore, la differenza di tempo aumenta notevolmente, come ad esempio nell’igiene totale a letto, nel rifacimento letti ed igiene parziale, nella mobilizzazione, nella gestione di stomie, nella somministrazione della terapia endovenosa, nel prelievo arterioso e venoso.

Al contrario le procedure che comportano minor tempo, la differenza è minima o assente, come ad esempio, nell’esecuzione di un elettrocardiogramma, nella rilevazione dei parametri vitali o nell’inserimento di un catetere vescicale.

Tra le procedure di maggiore risalto, spiccano l’igiene totale, il rifacimento letti ed igiene, la mobilizzazione del paziente, dove il carico assistenziale che un obeso comporta, corrisponde a più del doppio del tempo di un normopeso. (cfr Tabella A)

In tali procedure non solo c’è bisogno di una maggiore interazione tra il personale sanitario, due o più operatori, ma anche di ausili adeguati (ad es. telini ad alto scorrimento, sollevatori, ecc.), non solo, maggior carico assistenziale per l’equipe infermieristico e un disagio da parte del paziente, ma anche una minore qualità dell’assistenza verso altri degenti.

Inoltre va evidenziato come il carico assistenziale di un paziente obeso comporta gravi danni alla salute dell’infermiere.

Un recente studio scientifico italiano67, del Dipartimento di Anatomia, Istologia, Medicina Legale e Ortopedia dell’Unità di Medicina del Lavoro dell’università “La Sapienza”, si è concentrato sull’incidenza della lombalgia negli infermieri, scoprendo che questi professionisti incappano più di altri in varie tipologie di mal di schiena.

Dal momento che non risulta possibile eliminare il rischio collegato a questa attività è fondamentale agire per ridurlo, grazie ad una serie di iniziative quali l’introduzione di procedure corrette e di ausili per pazienti obesi allettati, l’adeguamento delle strutture, la sorveglianza sanitaria e la formazione degli addetti.

L’impatto economico dell’obesità al Sistema Sanitario Nazionale

Oltre a essere un problema per gli individui affetti dal problema, l’obesità impatta sulla finanza pubblica e sulla possibilità di avere sistemi sanitari finanziariamente sostenibili.

Data la sua dimensione, il fenomeno va affrontato tempestivamente e una precisa quantificazione dei costi è indispensabile per elaborare efficaci linee guida e priorità di intervento.

Relativamente all’Italia, uno studio69 da poco condotto presso il CEIS che ha coinvolto medici di medicina generale, nutrizionisti e economisti, mostra come la spesa sanitaria degli individui sovrappeso, è circa il 4% più alta rispetto a individui normo-peso, mentre per gli “obesi”, i “gravemente obesi” e i “molto gravemente obesi” la spesa aumenta, rispettivamente, del 18%, 40% e il 51% rispetto ai normopeso.

In Italia solo l’obesità impatta sulla spesa sanitaria per circa 2,5 miliardi di euro l’anno. Sovrappeso e obesità sono, quindi, un problema di massima importanza per i sistemi sanitari, specialmente in un paese come l’Italia che, insieme a Grecia e Stati Uniti69, vince il primato dell’eccesso ponderale tra le generazioni più giovani, dove un bambino su tre è sovrappeso o obeso.

Conteggio e costi delle procedure infermieristiche a pazienti obesi

In riferimento all’obiettivo di studio di questa testi, è stato simulato un conteggio sui costi delle 10 prestazioni infermieristiche sopraelencate, erogate nell’arco di una giornata a pazienti obesi.

Ipotizzando un reparto X, con una dotazione di 35 posti letto e con un tasso di ospedalizzazione del 100%, si è considerata una percentuale del 30% di pazienti obesi; ne deriva che circa 11 degenti presentano obesità. (cfr Tabella B)

Supponendo a questo punto che il 64% (7 pazienti) degli 11 ricoverati, necessiti delle 10 prestazioni infermieristiche in oggetto, per un totale di 107 ore e 28 minuti complessivi, e supponendo che la paga oraria di un infermiere sia di circa € 10,50, come mostrato in tabella C, si evidenzia come l’azienda, occorra di circa € 36,75 giornalieri, €1.129.25 mensili e € 13.230.000 annuali nel reparto in esame.

Tale costo corrisponde allo stipendio di circa 9 infermieri nell’arco di 365 giorni, escludendo la spesa che si sostiene per l’utilizzo di materiale aggiuntivo dovuto ad una prestazione mal eseguita sul paziente obeso (esempio prelievo venoso, emogasanalisi …).

CONCLUSIONI

 Attraverso i risultati ottenuti dal presente studio, è emerso come un paziento obeso aumenti notevolmente il carico di lavoro dell’infermiere, non solo, ma aumenti anche il numero di infermieri coinvolti e le tempistiche di assistenza. Questo implica un maggior numero di personale sanitario da impiegare per poter assistere questa tipologia di pazienti.

Pertanto, alla luce di queste informazioni, una possibile proposta potrebbe riguardare innanzitutto un programma di formazioni, informazione e addestramento realizzato da esperti del settore, con lo scopo di formare il personale infermieristico; successivamente, un altro obiettivo che i vertici aziendali dovrebbero elaborare, di comune accordo con i coordinatori infermieristici e direttori di Unità Operative, potrebbe essere l’approfondimento dello studio qui illustrato, magari attraverso il concepimento di un ulteriore progetto che abbracci verosimilmente un periodo di riferimento più lungo.

 

Altre possibili soluzioni potrebbero essere:

  • L’introduzione della figura dell’Operatore Socio Sanitario con formazione complementare: che dovrebbe agevolare il carico di lavoro dell’infermiere permettendogli di pianificare l’assistenza al paziente e i relativi interventi, e di educare il paziente secondo quanto indicato dal processo di counseling.

Per quanto riguarda il paziente obeso però, la figura dell’OSS con formazione complementare, spesso non può erogare assistenza, poiché l’obesità è spesso una patologia che si presenta in pazienti già complessi perché affetti da altre patologie, che richiede un tipo di cure, accortezze e conoscenze che è propria dell’infermiere. È comunque l’infermiere a dover garantire un’adeguata assistenza al paziente obeso cercando di garantire la stessa qualità di assistenza complessiva anche al paziente normopeso. Spesso questo non è possibile, e l’infermiere si trova di fronte ad un notevole problema di gestione e di pianificazione dell’assistenza nelle cure primarie dei pazienti.

  • Un modello di disease managment applicabile nel nostro Paese deve necessariamente prevedere un continu-um di gestione del paziente obeso a diversi livelli.

Questo modello può essere descritto secondo uno schema “a piramide” che proporziona l’intensità delle cure e le competenze coinvolte alle effettive necessità del paziente. In cima alla piramide vi devono essere gli ospedali con reparti di acuzie attrezzati “a misura di obeso”; le attrezzatura debbono prevedere non solo letti, barelle, tavoli operatori, bilance, strumentazioni anestesiologiche e di rianimazione, ma anche una diagnostica radiologica adeguata, che consentano di diagnosticare e trattare pazienti con peso anche superiore ai 200 Kg.

Le camere di degenza destinate ai pazienti obesi gravi, debbono prevedere sufficiente spazio intorno al letto per permettere la gestione infermieristica, incluso il sollevamento del paziente e la sua mobilizzazione. Seguirebbe al gradino successivo, un equipes specialistica per un adeguato trattamento delle acuzie mediche e chirurgiche con determinati protocolli, e strutture specialistiche di riabilitazione multidimensionale in degenza riabilitativa ordinaria.

L’intervento riabilitativo sul paziente grave obeso deve essere necessariamente multidisciplinare ed integrato. L’infermiere è la figura professionale di riferimento per il paziente ricoverato perché presente in reparto costantemente. In conclusione, il disease management della grande obesità richiede sia un cambiamento di mentalità ed adeguata formazione negli operatori sanitari ma anche una programmazione sanitaria che non si preoccupi solo di destinare le risorse per la prevenzione primaria dell’obesità, ma che disponga anche l’allocazione di risorse per chi grande obeso è già diventato e richiede cure appropriate.

  • Di fronte ai numerosi insuccessi a lungo termine della terapia, l’unica arma utile è quella della prevenzione, rappresentando anche il miglior rapporto fra costo e beneficio. Il problema principale correlato all’obesità consiste nel fatto, che essa si sviluppa già in età pediatrica.

L’obesità del bambino è da considerare una premessa dell’obesità dell’adulto; fra i bambini obesi in età scolare, il 40% diventa un adulto obeso e tale percentuale sale all’80% negli adolescenti. Uno studio68 ha dimostrato come la prevenzione dell’obesità debba iniziare fin dai primi giorni di vita e addirittura già durante la gravidanza. Durante l’infanzia e l’adolescenza deve essere sempre posta grande attenzione all’alimentazione, che deve essere adeguata in ogni fase all’età e al sesso dell’individuo.

Il pediatra dovrebbe avere un ruolo di primo piano nella diagnosi precoce e soprattutto nella prevenzione dell’obesità. Deve iniziare precocemente un’educazione finalizzata a promuovere abitudini nutrizionali corrette e sane, e ad avvicinare il più possibile i bambini alla pratica dell’attività fisica e dello sport più adeguato e gradito al bambino.

La prevenzione riveste un ruolo fondamentale e deve riguardare non soltanto il bambino e la sua famiglia, ma coinvolgere più in generale scuola, istituzioni e mezzi di comunicazione.

La prevenzione dell’obesità rappresenta, infatti, un obiettivo primario per il mantenimento della salute, da perseguire attraverso l’adozione di interventi coordinati a livello nazionale, regionale e locale che favoriscano la riduzione delle calorie introdotte e l’aumento dell’attività fisica.

  • Regolamentazione degli spot pubblicitari, tasse sulle bollicine ed etichette sulle confezioni sono solo alcune delle misure di policy, ampiamente discusse e adottate in vari Paesi, con diversi gradi di successo. Accanto a queste però è fondamentale promuovere la domanda e l’offerta di stili di vita salutari attraverso il miglioramento delle linee guida di sana alimentazione, il sostegno ai gruppi svantaggiati, la promozione di attività fisica.

Ma soprattutto è necessario investire in istruzione e in formazione, i fattori più importanti per una scelta consapevole

Davide Amoruso

Allegato

TESI DAVIDE AMORUSO parte 1

TESI DAVIDE AMORUSO Parte 2

Giuseppe Papagni

Nato a Bisceglie, nella sesta provincia pugliese, infermiere dal 94, fondatore del gruppo Facebook "infermiere professionista della salute", impegnato nella rappresentanza professionale, la sua passione per l'infermieristica vede la sua massima espressione nella realizzazione del progetto NurseTimes...

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