Lavoro

Il volontariato aumenta del 47% la possibilità di trovare lavoro

Sembra proprio che il volontariato abbia una grande importanza, per chi cerca un lavoro:  aggiungere questa voce al proprio curriculum, infatti, secondo una indagine nel Regno Unito, dà il 47% in più di possibilità di trovare una occupazione. Sarà che chi ha lavorato gratis, di solito, è disposto a fare di tutto e di più a qualsiasi condizione?

Secondo i dati una recente indagine condotta su diverse aziende britanniche, i candidati che sono in grado di dimostrare di avere avuto esperienze di volontariato, hanno più possibilità di essere assunto. E i numeri parlano chiaro: per il 41% dei recruiters un’attività non retribuita vale al pari (se non di più) di un’esperienza lavorativa vera e propria. Ma soprattutto… chi aggiunge questa voce al proprio Curriculum Vitae, ha addirittura il 47 per cento di probabilità in più di superare un colloquio di lavoro!

La parola d’ordine è generosità, quindi; tanta generosità. È anche e soprattutto questa, a fare la differenza. Al di là dei percorsi formativi, delle competenze professionali e della conoscenza delle lingue straniere. Ma siamo proprio sicuri che vi sia tutta questa nobiltà d’animo, nelle aziende? Oppure queste individuano in chi ha lavorato gratis una potenziale pedina in grado di fare di tutto e di più a qualsiasi condizione e senza lamentarsi?

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Comunque LinkedIn, il più importante social network dedicato ai professionisti e alle professioni, ha pubblicato uno studio in cui spiega che i giovani non hanno ancora ben compreso le grandi potenzialità di questa formula: solo il 10% di chi cerca lavoro inserisce la voce ‘volontariato’ nel proprio Curriculum.

Gabriella Bagnato, docente esperta di selezione del personale all’università Bocconi di Milano, ha spiegato a Il Giornale (VEDI) il suo punto di vista sull’importanza di esperienze non retribuite nel proprio percorso: “Per un reclutatore scoprire che il candidato ha prestato gratuitamente il proprio tempo aiuta a capire di più della persona. Il suo lato umano, i suoi valori, la sua predisposizione al sacrificio

, al lavoro in team, al raggiungimento di determinati obiettivi.”

“Predisposizione al sacrificio”“Lavoro in team”… quanto mi sono familiari, concetti di questo tipo. La categoria infermieristica, infatti, ne è piena. E purtroppo li utilizza per giustificare il demansionamento più svilente (VEDI) e lo sfruttamento più becero che, ahimè, la caratterizzano.

Ma la Bagnato ha continuato: perché secondo lei lavorare gratis può anche evidenziare “che il potenziale lavoratore presta attenzione al contesto nel quale vive, che è in grado di gestire le relazioni interpersonali, che sa rendersi conto dei bisogni degli altri e può vivere in una dimensione di altruismo.

Quindi per “gestire le relazioni interpersonali”, “rendersi conto dei bisogni degli altri” e “vivere in una dimensione di altruismo” ci sarebbe bisogno di lavorare senza essere pagati? Sembra di sì, secondo la docente.

E la conclusione dell’esperta è una vera ciliegina sulla torta: “Il volontariato permette di costruire una migliore reputazione lavorativa e di migliorare la propria posizione, perché dimostra la volontà e la capacità di impegnarsi attivamente anche in lavori non retribuiti”… “A parità di competenze, chi abbia maturato esperienze del genere può essere facilitato”.

Ed è qui che casca l’asino: “dimostra la volontà e la capacità di impegnarsi attivamente anche in lavori non retribuiti”… Ribadiamo: sarà che chi ha lavorato gratis, di solito, è disposto a fare di tutto e di più, a qualsiasi condizione e senza lamentarsi…?

Sia chiaro: non è nostra intenzione demonizzare il volontariato, massima espressione della solidarietà umana. Il problema è che qui in Italia, purtroppo, è molto facile che questo diventi la maschera di qualcos’altro (VEDI) in nome del “sacrificio”, della “missione”, del “curriculum” e di tante altre belle e più o meno nobili scuse.

Che poi vengano banditi addirittura avvisi pubblici per reclutare “infermieri a titolo gratuito” (VEDI), è un’altra storia…

Alessio Biondino

Fonte della notizia: Il Giornale

Redazione Nurse Times

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