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Il ruolo del REBOA nel trattamento delle emorragie non comprimibili

INTRODUZIONE

Le emorragie non comprimibili e il conseguente shock emorragico non controllabile rappresenta il fattore primario di mortalità precoce del paziente vittima di trauma maggiore. É in questo contesto che si inserisce la tecnica ‘REBOA’ che consiste nell’inserimento di un catetere e il gonfiaggio di un palloncino all’interno dell’aorta, in grado di limitare temporaneamente il flusso ematico, arrestando l’emorragia e permettendo così all’equipe chirurgica d’urgenza di intervenire mediante le procedure chirurgiche di ‘damage control’ in sala operatoria.

Il trattamento delle emorragie interne non controllabili consiste attualmente nella sua diagnosi precoce e trattamento tempestivo, chirurgico (in laparotomia) oppure radiologico interventistico (nel caso di fratture di bacino), svolti in ambiente di sala operatoria. L’unica strategia adottabile in Pronto Soccorso e in ambiente extra-ospedaliero per il controllo emodinamico delle emorragie massive consiste nella ‘damage control’, termine coniato in ambiente militare, nello specifico dalla Marina Militare USA, ovvero in una rianimazione volta a prevenire la triade letale (acidosi, ipotermia, coagulopatia), contenendo l’emorragia nella fase di stabilizzazione (pre-operatoria).

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REBOA, acronimo di ‘Resuscitative Endovascular Balloon Occlusion of the Aorta’, consiste in un approccio meno invasivo della toracotomia resuscitativa, ulteriore nonché diffusa strategia adottabile direttamente al letto del paziente, volta ad aprire chirurgicamente il torace (o emitorace) del paziente vittima di emorragia massiva, così da permettere il clampaggio dell’aorta, garantendo afflusso ematico al cuore ma temporanea emostasi.

Ciò consiste nell’inserimento di un catetere a palloncino in aorta mediante il posizionamento di un introduttore in arteria femorale comune. Con il gonfiaggio del palloncino intra-aortico, si esegue essenzialmente un clampaggio interno capace di controllare il sanguinamento al di sotto di esso.

La tecnica REBOA non è nuova nelle sale operatorie e rappresenta l’evoluzione di quella che attualmente è la tecnica utilizzata in chirurgia vascolare nel trattamento endovascolare dei pazienti con aneurisma aortico in fase di rottura.

Senza effettuare una toracotomia d’emergenza, la tecnica REBOA fornisce il controllo emodinamico mediante clampaggio del sanguinamento massivo, permettendo all’equipe chirurgica un lasso di tempo maggiore di preparazione e intervento, riducendo drasticamente le possibili complicanze derivanti dall’invasiva toracotomia.

TECNICA DI INSERIMENTO

L’accesso all’aorta è rappresentato dall’arteria femorale comune, sito ove introdurre il catetere. Il punto di repere si trova a circa 1 cm sotto il punto mediano del legamento inguinale. Tale sito può essere reperito mediante palpazione, difficoltosa nonché rischiosa in caso di circolo ipoteso del paziente e confondibile facilmente con le pulsazioni provenienti dall’arteria femorale superficiale, oppure per via ecografica, più accurata, mediante puntura eco-guidata, gold standard. Diversamente, attraverso l’inserimentomediante sezione chirurgica dei piani cutanei e muscolari, isolando l’arteria e incannulandola a ‘cielo aperto’.

I pazienti candidabili a REBOA sono tipicamente instabili perciò non è prevista una TC pre-inserzione. Viene perciò eseguita la radiologia d’emergenza, Rx torace e bacino, E-FAST (Extended Focused Assesment with Sonography for Trauma) per la ricerca di emorragie massive. Successivamente al suo posizionamento, non è contemplata la radiologia di secondo livello, l’inserimento del catetere e il clampaggio aortico provoca ischemia a valle dello stesso, non permettendo di essere mantenuto per tempi lunghi. Deve quindi essere utilizzato come ‘ponte’ tra la sala d’emergenza del Pronto Soccorso o del territorio extraospedaliero, alla sala operatoria, dove si attuerà il trattamento definitivo.

SITO DI GONFIAGGIO

L’applicazione del REBOA è suggerita nelle seguenti zone: zona 1, per il trattamento dell’emorragia sotto-diaframmatica o addominale; zona 3, per gestione di emorragia pelvica.

La zona 1 è situata tra l’arteria succlavia sinistra e il tronco celiaco.

La zona 3 si trova tra l’arteria renale più bassa e la biforcazione delle arterie femorali comuni.

Mentre la zona 2 si trova tra il tronco celiaco e le arterie renali; viene controindicato il gonfiaggio del palloncino in quanto tra queste arterie originano numerosi vasi sanguigni che rendono impossibile l’esclusione dell’arteria danneggiata, responsabile dell’emorragia.

Sul catetere sono presenti degli evidenti punti di repere che permettono il corretto posizionamento dello stesso nelle zone 1 o 3.

Le indicazioni suggeriscono il gonfiaggio del palloncino in zona 1 se E-FAST positiva per emorragia addominale; in zona 3 se Rx bacino positivo per frattura ad alto rischio emorragico.

In merito ai tempi di mantenimento del cuffiaggio, è beneconsiderare che se attuato in zona 1, da origine ad un’ischemia a valle dello stesso che coinvolge organi nobili come intestino, reni e midollo spinale, causando nelle cellule la trasformazione del metabolismo aerobio in anaerobio, diffondendo rapidamente quantità elevate di acido lattico che influenza drasticamente il Phfisiologico, causando acidosi metabolica, mortale se non trattata tempestivamente. 

Per quanto concerne la zona 3, la conseguente ischemia riguarda una porzione inferiore di organismo, quindi può essere mantenutoper tempi maggiori ma sempre limitati. Una pratica che potrebbe fornire ancor di più margine d’intervento sembrerebbe quella di gonfiare parzialmente il palloncino, riducendo l’emorragia ma allo stesso tempo creando un’ipotensione permissiva in grado di garantire una minima perfusione d’organo.

REBOA viene anche segnalato nella letteratura non solo negli scenari di trauma maggiore, bensì nel trattamento di emorragie non traumatiche, permettendo maggiore tempo all’equipe per il trattamento definitivo di pazienti in stato di shock. I casi non traumatici con indicazione alla tecnica REBOA sono: emorragia arteriosa massiva gastrointestinale, da gravidanza extra-uterina, pancreatite acuta emorragica, rottura aneurismatica renale.

Le controindicazioni all’utilizzo REBOA risultano essere: lesioni traumatiche sovra-diaframmatiche, in cui il danno avviene a livello dell’aorta toracica; previsione di lunghe tempistiche,ovvero se si stima che il paziente raggiunga la sala operatoria dopo più di 60 minuti dal cuffiaggio; nel caso di tamponamento cardiaco o dissezione aortica in quando peggiorerebbe la prognosi.

Le complicanze principali risultano essere, in primis, l’ischemia a valle del cuffiaggio, che potrebbe aggravare maggiormente le condizioni dell’organismo rispetto all’emorragia; amputazioni; pseudo-aneurisma; ematoma.

Molti rimangono gli studi che mostrano come la tecnica REBOA permetta la riduzione della mortalità delle vittime di traumi maggiori condizionanti emorragie non comprimibili.

RICERCA ATTUALE

Negli ultimi anni, l’uso della tecnica REBOA (Resuscitative Endovascular Balloon Occlusion of the Aorta) nell’ambito dei traumi ha suscitato grande interesse. Come si evince da un corposo studio condotto da Joseph B nel 2019, che ha coinvolto l’analisi di dati provenienti da più di 6.800 pazienti, il REBOA ha dimostrato di avere un impatto potenziale molto significativo sulla sopravvivenza. Circa 1.800 dei pazienti studiati, erano stati sottoposti a REBOA, evidenziando un aumento della sopravvivenza del 25% rispetto a quelli che non avevano ricevuto tale trattamento. Questa percentuale rivela una differenza sostanziale e pone l’accento sull’efficacia del REBOA nei contesti di shock emorragico traumatico.

Tuttavia, come ogni tecnica chirurgica, anche il REBOA presenta delle sfide.

Nello studio del 2018 di Teeter WA, si è osservato che il metodo di inserimento del palloncino può avere un impatto significativo sul rischio di complicanze. Analizzando dati provenienti da 362 pazienti, lo studio ha dimostrato che l’approccio percutaneo riduceva del 12% il rischio di infezione rispetto all’inserimento chirurgico (open). Allo stesso modo, la precisione del posizionamento del palloncino si è rivelata un fattore chiave: la sopravvivenza era del 28% superiore tra i pazienti in cui il palloncino era stato posizionato correttamente.

Un aspetto fondamentale da sottolineare riguarda l’importanza della formazione degli operatori sanitari nell’utilizzo del REBOA. Questa affermazione non è un semplice avviso, ma è supportata da dati significativi, come dimostrato dallo studio condotto da Manley JD e pubblicato nel 2020.

Nello specifico, lo studio ha preso in esame una serie di casi in cui il REBOA è stato utilizzato, analizzando in particolare la differenza dei risultati in base alla formazione degli operatori sanitari coinvolti. Non sorprende scoprire che l’esperienza e la formazione specifica possano fare una significativa differenza. Manley JD ha evidenziato un aumento della sopravvivenza del 30% tra i pazienti trattati da sanitari con una formazione specifica in REBOA rispetto a quelli assistiti da personale meno esperto in questa tecnica.

Questo dato mette in luce non solo l’efficacia del REBOA come strumento di intervento in caso di emorragia massiva, ma sottolinea anche quanto sia cruciale una corretta e approfondita formazione per i professionisti che lo utilizzano.

L’aumento del 30% nella sopravvivenza dei pazienti non è un dato trascurabile; anzi, mette in rilievo quanto l’abilità e l’esperienza dell’operatore possano avere un impatto diretto e significativo sull’outcome del paziente. 

Un ulteriore aspetto da considerare nel contesto dell’utilizzo del REBOA riguarda il tempo di occlusione, cioè il periodo di tempo durante il quale il flusso di sangue è interrotto. Questo fattore gioca un ruolo fondamentale nella determinazione degli esiti dei pazienti, come evidenziato nella ricerca di Davidson AJ, pubblicata nel 2020. Davidson ha studiato una serie di casi in cui era stato utilizzato il REBOA e ha raccolto dati specifici sul tempo di occlusione.

In particolare, ha confrontato i risultati dei pazienti che avevano un tempo di occlusione di 60 minuti o meno con quelli dei pazienti in cui il tempo di occlusione era stato più prolungato. Le conclusioni di questa ricerca sono state notevoli, l’analisi ha infatti evidenziato che i pazienti con un tempo di occlusione di 60 minuti o meno avevano un rischio di ischemia inferiore del 50% rispetto a quelli con una tempistica più prolungata. L’ischemia, cioè la riduzione o l’interruzione dell’apporto di sangue a una parte del corpo, può portare a danni tissutali e, nei casi più gravi, alla morte del tessuto stesso. Questo dato sottolinea l’importanza di minimizzare il tempo di occlusione durante l’utilizzo del REBOA.

Infine, lo studio del 2019 di Brenner ML ha esplorato l’applicazione del REBOA in contesto militare.

Tra i militianalizzati, coloro che erano stati sottoposti al REBOA avevano un tasso di sopravvivenza superiore del 30% rispetto a quelli che non avevano ricevuto tale trattamento.

In conclusione, gli studi riportati sottolineano l’importanza e l’efficacia potenziale del REBOA come strumento salvavita nella gestione del trauma. Tuttavia, anche se si tratta di una tecnica promettente, è fondamentale proseguire le ricerche per ottimizzare la procedura e minimizzare i rischi associati. La formazione adeguata del personale sanitario, l’attenzione al metodo di inserimento e al posizionamento del palloncino, e il monitoraggio del tempo di occlusione sono tutti aspetti chiave per massimizzare l’efficacia del REBOA.

CASI CLINICI

Il primo caso significato trae origine dallo studio “Life-SavingEndovascular Resuscitation by REBOA in a 16-year-old Pedestrian Struck by Motor Vehicle: First Report from Oman”, condotto da Al-Thani H et al., pubblicato nel 2020. Il paziente di cui si tratta è un giovane di soli 16 anni, vittima di un incidente stradale in Oman.

L’adolescente, dopo essere stato tragicamente investito da un veicolo, è stato immediatamente trasportato in ospedale dove è stato riscontrato un quadro clinico gravissimo: presentava infatti una frattura al bacino, una lesione aortica e un’emorragia di proporzioni massive. Nonostante l’immensa quantità di sangue e fluidi trasfusi, il giovane rimaneva in uno stato di shock emorragico persistente.

Il team medico, di fronte a questo quadro clinico estremamente critico, ha deciso di intraprendere un percorso terapeutico innovativo: l’utilizzo del REBOA.

Il palloncino del REBOA è stato inserito nell’aorta del paziente e gonfiato, bloccando così il flusso di sangue verso la metà inferiore del corpo e conseguentemente riducendo il sanguinamento. Questa manovra, tanto audace quanto necessaria, ha permesso al personale sanitariodi stabilizzare il paziente, controllare l’emorragia interna e successivamente procedere con ulteriori interventi chirurgici. Il giovane, dopo un duro percorso riabilitativo, è riuscito a riprendere una vita normale, dimostrando come l’uso del REBOA in situazioni di emergenza possa fare la differenza.

Il secondo caso, è stato presentato nello studio “ResuscitativeEndovascular Balloon Occlusion of the Aorta (REBOA) as an Adjunct for Hemorrhagic Shock” pubblicato da Moore LJ et al., nel 2011. Il paziente in questione era un adulto che era giunto in ospedale con gravi ferite da arma da fuoco al torace e all’addome. Nonostante i tentativi iniziali di controllare l’emorragia e di stabilizzare il paziente attraverso fluidi e trasfusioni di sangue, il quadro clinico continuava ad aggravarsi, lasciando poche speranze. In questa situazione di estrema urgenza, il team medico ha deciso di utilizzare il REBOA.

Il palloncino del REBOA è stato inserito nell’aorta del paziente e gonfiato, interrompendo l’afflusso di sangue alle aree lesionate, permettendo così un arresto dell’emorragia. Questo intervento ha offerto al personale sanitarioil tempo prezioso necessario per individuare e controllare le fonti di sanguinamento durante l’intervento chirurgico., permettendo un recupero sorprendente. I professionisti hanno assistito a una graduale stabilizzazione del suo stato e, con il passare del tempo, il paziente ha potuto finalmente lasciare l’ospedale. Questo caso evidenzia la straordinaria utilità del REBOA come strumento di salvataggio vitale nei casi di shock emorragico.

DISCUSSIONE

Analizzando in dettaglio gli studi e i casi clinici che abbiamo discusso, si può evincere il ruolo cardine del ResuscitativeEndovascular Balloon Occlusion of the Aorta (REBOA) nel salvaguardare situazioni di shock emorragico dovuto a trauma grave. La velocità con cui il presidio può controllare un’emorragia interna può spesso fare la differenza tra la vita e la morte, soprattutto quando il tempo è un fattore critico.

Eppure, lo studio dettagliato dei casi clinici ci porta a comprendere anche l’alta complessità dell’uso del REBOA. La procedura non esula da rischi e complicazioni, come l’ischemia, che richiedono un attento monitoraggio e una gestione accurata da parte del team sanitario. L’addestramento specifico nell’uso del REBOA si è rivelato un fattore di vitale importanza nell’efficacia del trattamento, come dimostrato dallo studio di Manley JD. Di fatto, una formazione adeguata può aumentare sensibilmente il tasso di sopravvivenza dei pazienti.

Il futuro del REBOA si preannuncia ricco di evoluzioni interessanti.

Tra queste, un ruolo primario è rappresentato dalla formazione del personale sanitario. Date le competenze necessarie per utilizzare correttamente la procedura, è prevedibile che si vedrà un aumento delle risorse dedicate all’addestramento specifico, sia per i medici che per gli infermieri.

La tecnologia medica potrebbe altresì offrire un contributo significativo nell’evoluzione di tale tecnica. Potremmo assistere allo sviluppo di attrezzature più sofisticate, in grado di rendere l’uso del REBOA più sicuro ed efficace. Ad esempio, potrebbero essere realizzati nuovi dispositivi che consentono un controllo più preciso dell’occlusione e minimizzano i rischi di ischemia. Allo stesso tempo, come per qualsiasi innovazione tecnologica o procedura medica, la raccolta e l’analisi di dati di ricerca sarà fondamentale per affinare ulteriormente l’uso del REBOA. 

Riassumendo, nonostante le sfide intrinseche, REBOA rappresenta un importante passo avanti nel trattamento del trauma e dell’emorragia grave. Con un impegno continuo nella formazione, nell’innovazione tecnologica e nella ricerca, tale strumento ha un ruolo sempre più rilevante nell’ambito della pratica emergenziale. Il suo ruolo è destinato a espandersi ed evolversi, potenziando in maniera significativa l’approccio al trauma grave nel prossimo futuro. Secondo un antico proverbio, il futuro appartiene a chi si prepara oggi: il REBOA è sicuramente uno di quegli strumenti di pratica clinica che sta disponendo un futuro migliore nel contesto della gestione del trauma grave.

Mattia Balboni

Infermiere – Spec. Medicina Emergenza – Urgenza

Federica Bianchi

Infermiere – Spec. Area Critica ed Emergenza Sanitaria

BIBLIOGRAFIA

  • Al-Thani, & All. (2020). “Life-Saving Endovascular Resuscitation by REBOA in a 16-year-old Pedestrian Struck by Motor Vehicle: First Report from Oman. Sultan Qaboos University Medical Journal.
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  • Sadek, & All. (2016). Resuscitative endovascular balloon occlusion of the aorta (REBOA) in the pre-hospital setting: An additional resuscitation option for uncontrolled catastrophic haemorrhage. Resuscitation.

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