Il ruolo degli infermieri durante il percorso di assistenza nel fine vita

Se ne è parlato nel corso di un incontro ospitato dallo stand di Opi Firenze-Pistoia al Forum Risk Management in Sanità.

Affrontare un tema complesso come quello del fine vita e inquadrare il ruolo degli infermieri nel percorso di assistenza ai malati terminali. È questo uno dei temi affrontati dagli Opi della Toscana nella seconda giornata del Forum Risk Management in Sanità, che si è tenuto alla Fortezza da Basso di Firenze.

L’incontro, intitolato La figura infermieristica e il processo di assistenza nel fine vita, si è svolto negli spazi dello stand dell’Ordine delle professioni infermieristiche interprovinciale Firenze-Pistoia e ha visto passarsi la parola Giulia Arnecchi e Sara Cocchi dello Studio Auxilium, realtà di Borgo San Lorenzo (Fi) nata nel 1995, che oggi riunisce 150 professionisti e infermieri associati e si occupa anche di assistenza domiciliare e cure palliative.

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«È importante inquadrare le figura del malato terminale, per conoscerlo e per affrontare nel miglior modo possibile il percorso che queste persone possono intraprendere con le cure palliative – hanno spiegato le due infermiere –. Il ruolo dell’infermiere è attivo nelle cure palliative, e quindi è fondamentale che sia informato su quali sono e su dove possono essere individuate».

Durante l’incontro è stata citata l’esperienza vissuta in una Rsa dove lo Studio Auxilium, attraverso un percorso fotografico, ha raccontato la storia di una persona che è stata accolta e assistita negli ultimi due anni di vita. È stato affrontato anche il tema, fortemente attuale, del dibattito sulla decisione di sospendere le cure in base alle Disposizioni anticipate di trattamento

(Dat).

Arnecchi e Cocchi hanno inoltre spiegato: «Cosa vuol dire assistere un malato nel fine vita? Vuol dire affrontare varie fasi di cronicità e criticità, ed effettuare una presa in carico totale della persona e della famiglia per cercare di garantire una qualità di vita dignitosa. È importante programmare vari eventi, portando il malato fuori o permettendogli di passare il Natale a casa, per esempio. Perché, oltre agli aspetti clinici, serve ricreare il più possibile la quotidianità, mantenere l’autonomia anche nelle piccole cose, come nel radersi o nella vestizione. Senza trascurare i momenti di intimità coniugale: in Rsa come in Hospice, serve un ambiente dedicato al conforto ambientale e spirituale, un ambiente familiare. È importante pianificare i bisogni del fine vita dell’assistito, tendendo sempre al raggiungimento di una migliore qualità di vita rispettando le scelte della persona. Ciò è possibile portando in primo piano il tempo dedicato alla relazione, all’ascolto terapeutico, e rallentando progressivamente il tempo dedicato alla pratica clinica».

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