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“I want to be a Nurse”: ragazzo fugge dalla guerra e dal virus Ebola per diventare infermiere

Una richiesta d’aiuto è giunta alla nostra Redazione. Un messaggio insolitamente scritto in inglese recitava le seguenti parole:

“I want to be a Nurse”

Un giovane ragazzo proveniente dalla Sierra Leone con il grande sogno di diventare un infermiere e da poco giunto in Italia si è rivolto alla redazione di Nurse Times per conoscere le procedure necessarie per iscriversi all’università ed ottenere la laurea in Infermieristica. Lo abbiamo intervistato e raccolto le sue agghiaccianti testimonianze.

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Lui si chiama Ibrahim Omar Jalloh, un ragazzo che, dopo un viaggio quasi interminabile nel quale ha attraversato diverse nazioni africane, è finalmente riuscito ad arrivare in Italia.

Di seguito riportiamo l’intervista rilasciata dal giovane aspirante infermiere:


Benvenuto Ibrahim, da dove nasce il tuo desiderio di diventare infermiere?

Il mio sogno è quello di poter aiutare la mia gente. Le condizioni sanitarie nella mia città, Waterloo, sono davvero pessime. Non esistono praticamente ospedali, non ci sono ne medici ne infermieri. Nessuno tramanda la scienza medica e la scienza infermieristica e, di fatto, manca proprio il personale che si prenda cura degli ammalati. Viviamo ogni giorno una guerra che va avanti da 11 anni e dal 2014 dobbiamo convivere con il virus Ebola.

Aiuto mia madre a vendere il riso bollito in strada per sopravvivere e cresco da solo una bambina di 1 anno rimasta senza madre. Voglio potermi prendere cura di lei e dei membri della mia famiglia rimasti ancora in vita.

Come sei riuscito ad arrivare in Italia?

Il viaggio è stato incredibilmente lungo ed estremamente pericoloso. Ho dovuto raggiungere la Libia a bordo di mezzi di fortuna: autobus, furgoni, motociclette. Ho percorso 4000 km in oltre 20 giorni.

Arrivato in Libia mi sono finalmente imbarcato per l’Italia. Ero stato informato che il viaggio sarebbe durato diversi giorni ed ero pronto psicologicamente a trascorrere questo tempo senza ne mangiare ne bere, facendo affidamento sulla forza che solo Dio avrebbe potuto darmi.

Salimmo in centinaia a bordo di una piccola barca a motore in legno che, dopo un giorno ed una notte di navigazione, iniziò ad imbarcare acqua. Ci trovavamo nel bel mezzo del Mar Mediterraneo, ricordo centinaia di persone in preda al panico. La barca continuava ad ondeggiare e ad imbarcare lentamente acqua. Pensavamo che saremmo morti tutti. Gli scafisti cercavano di farci mantenere la calma proseguendo la rotta per la Sicilia ma, dopo poche ore, la barca affondò completamente. Le persone caddero in acqua, molti cercarono di nuotare. Io decisi di restare vicino alla carcassa semi affondata dell’imbarcazione. Ho visto persone con le quali avevo parlato per ore, sparire inghiottite dalle onde del mare. Dopo un periodo di tempo che non riuscirei a quantificare, vidi all’orizzonte apparire una grossa nave. Si trattava della nave militare italiana che ci avrebbe tratto in salvo.

Cosa hai provato vedendo la nave italiana?

Ho ringraziato Dio per avere risparmiato la mia vita. Pensavo che sarebbe giunta la mia ora quando improvvisamente qualcuno mi ha tratto in salvo. Gli operatori sono stati molto gentili con me. Mi hanno aiutato a salire sulla nave, mi hanno dato vestiti asciutti, acqua e cibo. Ricorderò le prime parole dei soccorritori per il resto della mia vita:

“Welcome to Italy!”

Dopo due giorni di navigazione raggiungemmo Cagliari. Scendemmo dalla nave e venimmo accompagnati in una bella casa dove da allora viviamo tutti insieme. Ora sto facendo di tutto per imparare l’italiano, guardando la TV e i video su YouTube.

Quali sono stati i momenti più drammatici del viaggio che ti ha portato in Italia?

La sosta in Libia è stata spaventosa. Ci sono molte bande criminali pronte ad uccidere chiunque per rubare i pochi beni che una persona onesta porta con se. La seconda drammatica esperienza è stata ovviamente la traversata del Mar Mediterraneo; quando la barca ha iniziato ad affondare ho pensato di morire.

Quali sono i tuoi buoni propositi per il futuro?

Ora che sono arrivato in Italia voglio imparare la lingua, riuscire a far riconoscere il mio diploma di scuola superiore e poter avere accesso all’università italiana. Voglio diventare un ottimo infermiere e tornare in Sierra Leone per prendermi cura delle molte persone malate nel mio distretto rurale ed educare alla salute le persone sane. Vorrei diventare un punto di riferimento per la mia gente, sopperendo alle carenze strutturali presenti e alla mancanza di professionisti sanitari.


Ringraziamo Ibrahim per l’intervista rilasciata e gli auguriamo di poter riuscire nella sua impresa. Seguiremo da vicino l’evolversi di questa situazione con la speranza di potergli fornire il supporto linguistico, logistico e burocratico necessario.

Simone Gussoni

Dott. Simone Gussoni

Il dott. Simone Gussoni è infermiere esperto in farmacovigilanza ed educazione sanitaria dal 2006. Autore del libro "Il Nursing Narrativo, nuovo approccio al paziente oncologico. Una testimonianza".

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