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I 44 anni della Legge 194: in Italia è semplice abortire?

I dati sull’obiezione di coscienza dei sanitari all’interruzione volontaria di gravidanza dicono che per le donne italiane non è facile esercitare il proprio diritto di scelta.

A più di 40 anni dalla legge che permette l’aborto in Italia (Legge 194 del 1978) numerose associazioni e movimenti lamentano la difficoltà di tantissime donne nel praticare un interruzione di gravidanza in maniera serena e veloce. La Legge 194/78 prevede che entro i primi 90 giorni di gestazione la donna possa decidere, in base alle sue condizioni di salute e alle sue condizioni sociali ed economiche, di non proseguire la gravidanza. Ma è davvero così semplice abortire in Italia?

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La storia di Francesca, fondatrice della campagna #LIBERADIABORTIRE, è una delle tante storie di donne, che per svariati motivi decidono di interrompere la loro gravidanza, forti di una legge che dovrebbe tutelarle e supportarle in questa delicata scelta, ma che trovano invece un muro di pregiudizi, opinioni non richieste e sanità pubblica assolutamente assente.

Francesca, dopo numerose ricerche, numerose umiliazioni, giudizi e commenti, riesce a trovare un solo medico ginecologo disposto a praticare l’interruzione di gravidanza in tutta Roma. Non che nelle altre Regioni italiane la situazione sia migliore. A Matera, ad esempio, dopo il pensionamento nel 2020 dell’unico ginecologo non obiettore, le donne non possono abortire. Se decidono di farlo, devono cercare in altre città della Basilicata.

Sono 31 (24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie in Italia con il 100% di obiettori di coscienza tra medici ginecologi, anestesisti, infermieri o oss. Quasi 50 quelli con una percentuale superiore al 90% e oltre 80 quelli con un tasso di obiezione superiore all’80%. Sono questi i dati più significativi che emergono dall’indagine ‘Mai Dati!’, condotta su oltre 180 strutture dall’Associazione Luca Coscioni e presentata in conferenza stampa alla Camera dei Deputati martedì 17 maggio, in occasione dei 44 anni dall’entrata in vigore della Legge 194. E queste percentuali non sono nemmeno reali, in quanto molti medici che si definiscono non obiettori sono disponibli solo per indagini diagnostiche, come le ecografie, e non disposti a eseguire la vera interruzione di gravidanza.

Il Comitato europeo dei diritti sociali, organo del Consiglio d’Europa, ha recentemente denunciato i gravi difetti del sistema italiano in tema di diritto all’aborto. Da diversi anni il ministero della Salute non fornisce, neanche su richiesta, i dati aggiornati sulle violazioni dei diritti riproduttivi, sugli aborti clandestini e sulle conseguenze dell’aumento degli obiettori. Per il Comitato, l’Italia viola l’art. 11 della Carta Sociale Europea: “Ogni persona ha diritto di usufruire di tutte le misure che le consentano di godere del miglior stato di salute ottenibile”. Nessuna risposta è giunta dal ministero della Salute in seguito alla valutazione negativa del Comitato.

E la pandemia non ha fatto altro che peggiorare ancora di più la situazione. Molti ambulatori per Ivg sono stati chiusi, e i pochi lasciati in attività lamentano liste d’attesa lunghissime, che cozzano con il diritto a una prestazione veloce, come sancito dalla Legge 194. Aumentano anche notevolmente gli aborti clandestini. Nel 2016 il legislatore ha depenalizzato l’interruzione volontaria di gravidanza clandestina, ma al contempo ha innalzato in misura sproporzionata la sanzione pecuniaria fino a 10.000 euro. Ciò comporta che chi subisce i danni di una Ivg clandestina non si affiderà mai a una struttura pubblica per paura di penalizzazioni economiche.

Dunque no, non è semplice abortire in Italia. Moltissime donne chiedono che la legge sia rispettata. E la 194 sarà rispettata, secondo le tante associazioni umanitarie, solo se: ogni Regione garantirà un adeguato numero di  medici non obiettori e di ambulatori per Ivg; si fornirà un’adeguata formazione e diffusione delle nuove terapie anticoncezionali; si garantiranno informazioni complete sull’aborto al netto di opinioni personali; si renderanno obbligatori corsi di formazione del personale sanitario; si assicurerà un percorso obbligatorio nelle scuole per l’ideazione di progetti sull’affettività e sulla vita sessuale. Solo dopo aver garantito questi servizi in tutta Italia si potrà finalmente affermare che una donna italiana può liberamente esercitare il suo diritto di scelta.

Valeria Pischetola

Redazione Nurse Times

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