Benessere

Gufi o allodole? Le alterazioni del bioritmo negli infermieri turnisti

Ecco come il lavoro a turni può influenzare l’andamento ciclico delle funzioni biologiche.

L’organizzazione del lavoro in Italia è disciplinata da alcuni riferimenti normativi: la Costituzione Italiana, all’articolo 1, afferma che ”L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”, e all’articolo 35 che ”La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni […]”, sottolineando che ”la parità tra uomo e donna è fondamentale […]”; anche il D.Lgs. 81/08 con l’articolo 20 in materia degli obblighi dei lavoratori afferma che ”Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro […]”.

Tra le tipologie di organizzazione del lavoro il lavoro a turni è quella secondo la quale diversi lavoratori sono occupati, in successione, nello stesso posto di lavoro seguendo determinati ritmi. Il lavoro in sanità avviene con l’alternarsi di 3 turni: mattina, pomeriggio e notte. Il turno della mattina e quello pomeridiano durano circa 6-7 ore giornaliere per un totale di circa 5-6 giorni alla settimana, mentre il turno notturno dura 10-11 ore per un totale complessivo settimanale di 36 ore.

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Secondo il D.Lgs. 66/03, per turno notturno si intende un periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le 5 del mattino; è notturno, quindi, qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno una parte del suo normale orario di lavoro per almeno 3 ore per un minimo di 80 giorni lavorativi all’anno.

Il lavoro a turni influenza l’andamento ciclico delle funzioni biologiche, ovvero il bioritmo; i ritmi biologici sono sincronizzati da specifici stimoli: l’orologio interno dell’organismo umano fornisce le indicazioni per le funzioni vitali che si svolgono nelle 24 ore, dall’alternanza sonno-veglia al consumo dei pasti principali.

E’ proprio in questa immagine che si sintetizza l’andamento del ritmo circadiano

nelle 24 ore, dalla secrezione degli ormoni fino alle variazioni di temperatura e pressione.
Gli studi in merito hanno confermato e dimostrato l’esistenza di diversi tipi di cronotipi: i gufi e le allodole. I gufi sono quei cronotipi che si adattano più ai turni notturni in quanto serotini. Le allodole, invece, ai turni diurni in quanto mattinieri. Si evince, quindi, che la tolleranza ai turni notturni è condizionata dalle caratteristiche individuali.

Quali possono essere le alterazioni provocate dalla de-sincronizzazione del ritmo circadiano? Esse possono variare dalle alterazioni degli esami ematochimici di colesterolo, trigliceridi e glicemia agli effetti a breve termine come sovrappeso, obesità, diabete, ipertensione, malattie cardio-vascolari, e a quelli a lungo termine come sarcopenia, tumori e, sulla donna, effetti negativi sulla fecondazione e sul concepimento. Inoltre si verificano ulteriori effetti a livello lavorativo e socio-familiare: per quest’ultimo si tratta di effetti causati dall’organizzazione lavorativa.

E quali sono gli effetti dati dalla deprivazione di sonno? Le conseguenze principali sono l’alterazione delle concentrazione e la riduzione della vigilanza, provocate dallo stress, e l’obesità, che è data principalmente da un incremento della fame e dell’opportunità di mangiare soprattutto durante il turno notturno, che porta a un aumento di introito di calorie. L’obesità, inoltre, è data anche dalla termoregolazione alterata e dalla sensazione di fatica, che si ripercuotono con una riduzione del consumo energetico durante il resto della giornata.

Quali consigli, allora, possono essere dati per attenuare questi effetti? Ecco un decalogo utile per limitare le alterazioni:
– Dormire immediatamente dopo il termine del lavoro di notte
– Evitare di mangiare in fretta, in piedi, senza interrompere altre attività
– Fare un pisolino prima e immediatamente dopo il turno
– Stabilire una routine regolare per i pasti
– Evitare cibi grassi, fritti e ricchi di zuccheri
– Strutturare il tempo libero dando spazio all’attività fisica
– Non eccedere nel consumo di caffè o bevande contenenti caffeina
– Non bere alcolici prima del turno di notte
– Essere a conoscenza della densità nutritiva dei pasti
– Idratarsi adeguatamente

Sarebbe quindi utile implementare e proseguire l’attività formativa su questa tematica per rendere tutte le categorie di turnisti più consapevoli delle ripercussioni date dal lavoro a turni. Anche il confronto, la riflessione e il dialogo su soluzioni organizzative diverse, tenendo conto dei bisogni organizzativi, dei riferimenti normativi e delle predisposizioni personali al ritmo serotino o diurno, possono rappresentare un primo passo per la ristrutturazione dell’organizzazione lavorativa.

Anna Arnone

Sitografia
https://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/studi-e-statistiche/Documents/Testo%20Unico%20sulla%20Salute%20e%20Sicurezza%20sul%20Lavoro/Testo-Unico-81-08-Edizione-Giugno%202016.pdf
https://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/03066dl.htm
https://www.praximedica.it/download/documenti/praxilavoro/ME11_dossier_lavoro_turni.pdf

Redazione Nurse Times

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