Guarito dal Covid chiama il figlio come l’infermiere che lo ha curato

Il padre è stato ricoverato nel reparto di Terapia intensiva a Piacenza.

Il piccolo Diego è nato a settembre 2020. Il nome è stato scelto dai genitori per onorare l’operato dell’infermiere che si è preso cura di suo padre, che è stato paziente Covid del reparto di Terapia intensiva a Piacenza. Si tratta di un fisioterapista di 33 anni, Stefano Provini, il suo percorso di malattia è iniziato un anno fa mentre Diego Zuffada, infermiere piacentino di 35 anni, veniva trasferito al reparto di Terapia intensiva dove si moltiplicavano i letti per i malati covid positivi.

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“Non riuscivo più a respirare, la saturazione era a 76 e quando lo ho comunicato al 118 mi sono venuti a prendere subito con l’ambulanza. Nel giro di poche ore mi sono ritrovato con il casco nel reparto di Terapia intensiva – ricorda Stefano Provini –. Mi sembrava di impazzire, faceva un rumore terribile. E’ lì che conosciuto l’infermiere Diego, con il quale si è creato subito un bel rapporto. E poi ricordo perfettamente anche i suoi colleghi e i medici che passavano come meteore perché avevano tanto da fare, ma c’era comunque molta umanità. Io devo la vita a queste persone”.

La paura per Stefano era sempre più grande perché, durante il suo ricovero, la moglie era incinta al terzo mese. Si può parlare di una storia a lieto fine, perchè Stefano si è ripreso dalla malattia e il 18 settembre è nato il piccolo Diego.

“Non ho avuto dubbi sul nome perché l’infermiere Diego si è preso cura di me in un momento difficile. Abbiamo la stessa passione per la natura e per i viaggi e, se non ci fosse stato lui, sarebbe stato molto difficile tenere su il morale in quei giorni. Così, quando è nato mio figlio all’ospedale di Piacenza lui era in reparto e io l’ho chiamato per farglielo conoscere subito. In quel momento gli ho comunicato che avevo scelto proprio il suo nome”.

“Per me è stata una sorpresa e una grande emozione – commenta Diego Zuffada –. Con Stefano siamo rimasti amici. Lui aveva il casco ed era sveglio, quindi vedeva tutto ciò che succedeva intorno a sé in reparto. Per questo non aveva solo bisogno di cure farmacologiche, ma anche di vicinanza. Dopo un po’ di tempo dalle dimissioni siamo stati noi a contattarlo per sapere come stava perché avevamo bisogno di storie positive per tirarci un po’ su di morale, dopo aver assistito a tanta sofferenza”.

L’assistenza infermieristica al paziente covid, in un momento così delicato, lascia ricordi indelebili ai malati.

“Dopo essere guarito dal Covid – conclude Provini –, ho deciso di cambiare le priorità perché ho davvero capito che nella vita di tutti i giorni ci stressiamo tanto inutilmente”.

Fonte: http://www.liberta.it

Arianna Michi

Arianna Michi

Infermiere libero professionista che opera negli ambiti dell'emergenza territoriale e delle dipendenze. Formazione nell'emergenza-urgenza ed educazione sanitaria. Istruttore American Heart Association.

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