“Farmacisti vaccinatori? No, grazie”: dalla categoria si levano anche voci contrarie

Leonardo Galatioto, presidente del Sindacato dei titolari di farmacia della provincia di Trapani, va in controtendenza.

Non tutti i farmacisti vogliono essere coinvolti nella campagna vaccinale contro il coronavirus. Tra le voci in controtendenza, anche rispetto al parere favorevole di Federfarma e Fofi, spicca quella di Leonardo Galatioto, presidente del Sindacato dei titolari di farmacia della provincia di Trapani, il quale ha affidato a una circolare diffusa anche alle associazioni sindacali delle altre province alcune sue considerazioni sulla questione.

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“È di tutta evidenza – ha scritto – come la attività di somministrazione  dei vaccini, oltre a necessitare  in taluni casi di particolari e costose attrezzature per la conservazione dei vaccini stessi, comporti, fin dalla fase preparatoria antecedente l’inoculo, tutta una serie di azioni piuttosto complesse. È inoltre indispensabile la disponibilità di ulteriori mezzi e strumenti, dettagliatamente indicati nelle disposizioni ministeriali, dei quali attualmente le farmacie italiane sono sprovviste (e che costano parecchio denaro)”.

Prosegue Galatioto: “È altrettanto evidente come, vista l’enorme massa di soggetti che, nel tempo, dovranno essere sottoposti alla vaccinazione, si appaleseranno una serie di effetti collaterali di varia entità che, nell’immediato, dovranno essere gestiti da chi avrà provveduto alla somministrazione del vaccino”.

E aggiunge: “Il tanto decantato scudo penale (oggetto di apposita decretazione a salvaguardia del personale addetto alla somministrazione dei vaccini), nella sua formulazione risulta piuttosto tautologico (ovvero di un’ovvietà lapalissiana), stante che si potrà invocare la sua applicazione soltanto dopo aver accertato (attraverso un avviso di garanzia???) che la struttura addetta alla somministrazione dei vaccini si sia dotata di tutti gli strumenti e abbia posto in essere tutto quanto dettagliatamente indicato dal decreto ministeriale per fronteggiare le situazioni di emergenza; l’eventuale non procedibilità sotto il profilo penale, peraltro, non pone al sicuro da eventuali richieste risarcitorie  in sede civilistica”.

Sempre Galatioto: “È di tutta evidenza che, se la vaccinazione viene svolta all’interno di un hub appositamente allestito da enti quali la Protezione civile, la Croce Rossa ovvero le Asp, tale struttura sarà certamente dotata di tutte le attrezzature e del personale necessario alla gestione di tutte le operazioni (incluse quelle, tutt’altro che semplici, di carattere burocratico) e alla gestione delle eventuali  emergenze, salvaguardando in tal modo da responsabilità di natura penale il soggetto (sia esso medico, farmacista ovvero infermiere) che avrà provveduto all’inoculo del vaccino. Al contrario, appare assi poco  praticabile l’attivazione di tutti i protocolli – prescritti dalle disposizioni normative e pertanto ineludibili – all’interno delle farmacie che, se pur si doteranno (affrontandone il non lieve costo) della strumentazione richiesta, sicuramente non potranno disporre del personale formato e idoneo a porre in essere interventi di rianimazione o di altra natura emergenziale. Altrettanto evidenti, ineludibili e non facili appaiono gli adeguamenti al Dvr (Documento valutazione rischi) e tutte le ulteriori incombenze connesse all’impiego di personale dipendente per la somministrazione dei vaccini”.

Altra obiezione: “Coloro i quali,  a sostegno della tesi farmaceutico-vaccinatoria, eccepiscono che in altre nazioni europee tale pratica è  assolutamente normale, nonché da sempre attuata senza ostacolo veruno, o sono in malafede oppure non considerano le profonde differenze esistenti tra la complessa e complicata normativa italica e quella di altre nazioni, a cominciare dalle leggi che regolano l’attività giudiziaria nelle sue varie sfaccettature. Alla luce di quanto precede risulta a mio avviso inspiegabile l’incaponimento manifestato da vertici nazionali della nostra categoria, che con insistenza hanno chiesto il coinvolgimento  delle farmacie in un’attività per loro aliena e potenzialmente ad altissimo rischio”.

Il no al farmacista vaccinatore non è però un no alla possibilità di contribuire alla campagna vaccinale: “Al contrario, sono convinto che non si possa prescindere dal coinvolgimento delle farmacie, che sono davvero un asset imprescindibile dell’assistenza di prossimità. Ma va fatto cum grano salis, senza salti in avanti che servono più a soddisfare qualche personale vanità che non gli interessi della professione. Ho molto apprezzato, ad esempio, l’accordo stipulato dai colleghi titolari della Liguria con la loro Regione, in virtù del quale hanno messo a disposizione della campagna vaccinale regionale le loro farmacie come punti vaccinali territoriali per allargare il ventaglio di opzioni sul territorio. Ma le inoculazioni sono affidate a medici e infermieri, il tutto secondo un protocollo e con responsabilità ben definite e, aggiungo, anche con un interessante profilo di remunerazione. Sarà un caso, ma le farmacie liguri sono fin qui le uniche ad aver portato, senza voli pindarici e sogni di grandeur e con sano pragmatismo, un concreto contributo alla campagna vaccinale anti-Covid. Personalmente non credo davvero che sia un caso”.

Redazione Nurse Times

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