Errico Tomaiuolo e il suo libro di fotografie: “Mostro il bello della nostra professione”

Il 32enne infermiere dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia spopola su Instagram e presto pubblicherà un volume a scopo benefico. Lo abbiamo intervistato.

Si chiama Errico Tomaiuolo, ha 32 anni, è originario di Manfredonia (Foggia) e lavora come infermiere strumentista di sala operatoria all’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia. Molti di voi, probabilmente, già lo conoscono. La sua passione per l’arte, in particolare per la fotografia, lo ha infatti reso celebre su Instagram (ScrubNurseArt), attirando persino l’attenzione della rivista Vanity Fair, che gli ha dedicato ampio spazio. Una passione che presto troverà sfogo anche attraverso la pubblicazione di un libro fotografico, intitolato Solo con gli occhi.

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Ne abbiamo parlato proprio con lui, raggiungendolo al telefono. «Ho iniziato qualche anno fa –racconta –, dipingendo quadri che “ritraggono” lo strumentario di sala, fisicamente presente sulla tela. Poi sono passato alla fotografia, immortalando non solo i “ferri del mestiere”, ma pure i volti e i gesti di chi in sala operatoria ci lavora. Il mio intento era mostrare la bellezza nascosta di quegli strumenti e quelle persone, che spesso incutono timore nel paziente, ma andrebbero guardati con occhi diversi, perché hanno lo scopo di curare, di donare la vita».

Poi è arrivato il coronavirus. Un’autentica sciagura, certo, ma anche un motivo in più per far emergere la bellezza del lavoro in corsia, nonostante le mille difficoltà per un ospedale come quello di Reggio Emilia, convertito in presidio Covid-19. Bellezza che l’obiettivo di Errico ha saputo cogliere ancora una volta: «In giro vedevo solo foto che rappresentavano la drammaticità del momento, e quindi trasmettevano paura. Io, invece, volevo trasmettere tranquillità. Così ho cominciato a fotografare anche gli operatori della Rianimazione. Molti di loro, all’inizio, non erano d’accordo. Mi dicevano: “Se ci fotografi, sembra che siamo qui per divertirci”. Poi, guardando i miei scatti, si sono ricreduti. Qualcuno stentava addirittura a riconoscersi nelle immagini, e le mostrava con orgoglio ai conoscenti».

Dalla Rianimazione agli altri reparti il passo è stato breve: «Ho fotografato il laboratorio analisi, dove ci si è ritrovati improvvisamente a eseguire centinaia di tamponi ogni giorno. In Ginecologia, dove non ero quasi mai andato, ho realizzato gli scatti di un bimbo messo al mondo con parto cesareo e della sua mamma, risultata positiva al Covid. Scatti che considero un autentico inno alla vita: il piccolo è nato sano e sta bene. Infine, per chiudere il cerchio, sono passato alla Riabilitazione, dove ho documentato il percorso dei pazienti verso la guarigione e il lavoro degli operatori di reparto, sempre alle prese con i dispositivi di protezione, da indossare per tutto il tempo»

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E veniamo al libro, che tutte queste immagini raccoglie. Senza bisogno di parole. Anzi, una sola: “Grazie”. «È una parola – spiega Errico – che noi sanitari in prima linea contro il coronavirus abbiamo sentito tante volte. Un sentimento di gratitudine espresso nei nostri confronti anche con bellissimi gesti, tipo la consegna di pizze e torte in corsia, o l’affissione di striscioni a noi dedicati fori dal presidio. L’idea del libro è venuta ad Andrea Casoli, di Corsiero Editore, che mi ha contattato per propormi il progetto. Al momento sono in stampa 5mila copie, di cui 4mila destinate all’ospedale di Reggio Emilia: ogni dipendente ne riceverà una. Le altre copie spettano a chi ha effettuato una donazione e, ovviamente, a chi le acquista. Sì, perché l’iniziativa ha uno scopo benefico, da perseguire sia attraverso la vendita del volume che attraverso una raccolta fondi. Il ricavato andrà sempre all’Arcispedale. Sin qui abbiamo messo insieme qualcosa come 13mila euro. L’uscita del libro e la consegna del denaro sono previste per la fine di giugno».

Chiusura dedicata alla figura dell’infermiere, oggi più che mai meritevole di rispetto e considerazione. I manifestazioni organizzate dal Movimento Infermieri Italiani in ben trenta piazze dimostrano come la categoria pretenda un giusto riconoscimento. Errico ci tiene a dire la sua: «Durante l’emergenza Covid i tiggì non facevano altro che parlare degli infermieri. Eroi di qua, eroi di là… Però non ho visto neanche un servizio in tivù sui flash mob di lunedì scorso. Spero che i mass media non si siano già dimenticati di noi. Di recente ho lanciato sui social l’hashtag #NoiSiamoLavatrici, che sintetizza il mio pensiero sulla nostra categoria. Tutti abbiamo una lavatrice in casa, ma spesso neanche ce ne accorgiamo. Solo quando si rompe ne comprendiamo l’importanza. Ecco, l’infermiere è un po’ come la lavatrice».

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