L’epatite D è una infiammazione del fegato causata dall’infezione di due virus, il virus dell’epatite B e il virus dell’epatite D.
Il virus dell’epatite D è difettivo, ossia non è in grado di causare l’infezione da solo, ma ha bisogno della presenza del virus dell’epatite B per potersi moltiplicare. Si tratta, quindi, di una co-infezione dei due virus che nel fegato si moltiplicano e causano l’infiammazione.
L’epatite virale da virus D (e da virus B) si trasmette con sangue o liquidi corporei di una persona infetta. Può essere di breve durata (acuta) e, nella maggioranza dei casi, guarisce spontaneamente senza necessità di terapia; oppure può svilupparsi lentamente e durare nel tempo (cronica). L’infezione da virus D raramente diventa cronica (meno del 5% dei casi) ma se si manifesta in una persona con l’epatite B cronica, nel 70-90% dei casi accelera la progressione verso una malattia più grave.
L’infezione acuta da virus dell’epatite D e B spesso non causa disturbi (sintomi) evidenti. Un individuo, quindi, potrebbe non rendersi conto di averla contratta. Anche in mancanza di disturbi, però, tutte le persone con epatite possono trasmettere l’infezione.
Se i disturbi si sviluppano, di solito entro tre mesi dal contagio, possono includere:
Anche l’epatite cronica (a lungo termine) può non causare alcun disturbo evidente per tempi lunghi, fino a quando il fegato non smette di funzionare correttamente (insufficienza epatica). Questa situazione può essere scoperta attraverso alcuni esami del sangue, quali ad esempio la ricerca delle transaminasi (alanina aminotransferasi: ALT o GPT e aspartato aminotransferasi: AST o GOT), enzimi normalmente contenuti all’interno delle cellule del fegato che vengono rilasciati in grandi quantità quando le cellule del fegato vanno incontro a morte (necrosi) a causa dell’infiammazione. Potrebbero comparire anche altri disturbi (sintomi) tra cui:
In presenza di epatocarcinoma può essere necessario ricorrere ad un intervento di chirurgia o ad un trapianto di fegato.
Se si manifestano in modo persistente o fastidioso alcuni dei disturbi indicati o se si teme di essere stato in situazioni a rischio di contagio, è consigliabile consultare sempre il proprio medico di famiglia. Potrà prescrivere accertamenti per identificare l’eventuale infezione.
Tra i comportamenti a rischio sono inclusi:
Se si è portatori del virus in caso di cure odontoiatriche o interventi medici bisogna avvertire sempre il dentista e il personale medico/infermieristico del proprio stato.
L’epatite D si diffonde attraverso il contatto con sangue infetto, sperma e secrezioni vaginali. La malattia si manifesta solo in concomitanza con l’infezione da epatite B o in persone già infette da epatite B. Chiunque sia stato infettato dall’epatite B è a rischio di epatite D. Molte persone con l’epatite B possono non avere disturbi (sintomi) e, quindi, non essendo consapevoli di essere malati possono trasmettere l’epatite senza rendersene conto.
Sono persone a rischio:
L’epatite D non è trasmessa dal bacio sulla guancia, dalla stretta di mano, dall’abbraccio, dallo starnuto, dalla tosse, o condividendo stoviglie e posate.
L’epatite D è accertata (diagnosticata) tramite un prelievo di sangue e l’esecuzione dei relativi test (ricerca di anticorpi anti HDV e HDV-RNA). Dopo circa tre mesi dall’infezione compaiono gli anticorpi diretti contro il virus D: quando permangono a lungo (per mesi o anni) indicano che il soggetto è infettante e che c’è cronicizzazione della malattia; quando gli anticorpi scompaiono è indice di guarigione.
Non esiste una terapia specifica per l’infezione acuta o cronica da virus dell’epatite D. Essa viene solitamente trattata con farmaci, quali l’interferon pegilato (PEG-IFNα2a), che hanno l’obiettivo di eliminare il virus oppure di tenerlo sotto controllo per ridurre il rischio di danni al fegato. Sono oggetto di studio potenziali nuovi farmaci, ad esempio gli inibitori della prenilazione (diretti contro il virus dell’epatite D) o gli inibitori dell’ingresso del virus (diretti contro i virus dell’epatite B e D).
Il cardine della prevenzione dell’epatite D è il vaccino. Sebbene non esista un vaccino specifico contro l’infezione da virus D, il vaccino contro l’epatite B è in grado di proteggere anche dall’epatite D. Il vaccino è sicuro ed efficace, non contiene il virus ma solo alcune sue porzioni costruite artificialmente in laboratorio.
Altre misure preventive comprendono l’evitare l’esposizione a sangue o organi infettati, ad aghi contaminati e a oggetti personali di una persona malata come, ad esempio, spazzolini da denti, rasoi e tagliaunghie, evitare rapporti sessuali non protetti.
Avere un’infezione da epatite D può portare a gravi complicazioni che includono:
Le persone malate di epatite D dovrebbero:
Redazione NurseTimes
Fonte: Iss
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