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Due diamanti nati grazie alla Fecondazione Assistita

A cura della dott.ssa Altomare Locantore e dott.ssa Maria Custode

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La fecondazione assistita in Italia è regolamentata dalla Legge 40 del 2004, che è stata la prima legge del nostro Paese a regolamentare tale procedura. La legge 40/2004 non ha avuto in iter facile sin dal principio, come era facile prevedere trattando una materia tanto delicata in termini di etica e di morale. E molte associazioni, medici e famiglie l’hanno combattuta strenuamente prima e dopo la sua approvazione. Il provvedimento permette la fecondazione assistita alle coppie maggiorenni sterili di sesso diverso, coniugate o conviventi. L’infertilità o la sterilità della coppia devono essere certificate dal medico. Vieta la fecondazione eterologa, cioè il ricorso a ovulo o seme di donatori esterni alla coppia e la sperimentazione sugli embrioni.

Nell’anno successivo alla sua approvazione, il 2005, si è anche svolto un referendum abrogativo per smantellare i punti più controversi della Legge 40, senza esito per il mancato raggiungimento del quorum.

Ma recentemente, il 1° aprile 2009, la consulta si è espressa su dei ricorsi alla legge, dichiarandone incostituzionali alcuni punti.

  • La fecondazione assistita è preclusa ai single, alle coppie omosessuali e alle “mamme-nonne” (non viene precisata però l’età fertile), così come è vietata la fecondaziopne post-mortem (del padre).
  • Numero massimo di embrioni impiantabili. L’art. 14 al comma 2 afferma che non può essere prodotto un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario a un unico impianto, cioè tre al massimo, e tutti gli embrioni prodotti devono essere impiantati in utero. Questo è l’articolo dichiarato incostituzionale dalla recente sentenza del 1° aprile.
  • Analisi pre-impianto. La legge non vieta esplicitamente l’analisi pre-impianto, anche se il veto inizialmente era contenuto nelle linee guida. Nel 2008, in seguito a ricorsi al Tar, il divieto è scomparso dalla linee guida, ma non sono state aggiunte precisazoni sulla possibilità di diagnosi. Inoltre vieta la selezione eugenetica che non sia finalizzata alla salute dell’embrione. Se da un’analisi pre-impianto (effettuata cioè sull’embrione ancora in vitro) risultasse un embrione malato, si dovrebbe comunque procedere al suo impianto.In caso di concepimento (cioè se l’embrione attecchisce e si sviluppa il feto), resta la facoltà della madre di abortire. Una contraddizione, potendo sapere a priori che l’embrione è geneticamente malato, contestata dai detrattori della legge.
  • Congelamento degli embrioni. L’articolo 14 vieta la crioconservazione degli embrioni, per ridurre il sovrannumero di embrioni creato in corso di procreazione assistita. La crioconservazione è però consentita per temporanea e documentata causa di forza maggiore, non prevedibile al momento della fecondazione, o in caso di rischi per la salute della donna.
  • Secondo i detrattori della legge, questo divieto, obbliga la donna a una stimolazione ormonale per ogni tentativo di gravidanza, con conseguenze negative sulla sua salute. Il congelamento, viceversa, consentirebbe di produrre più embrioni in un solo ciclo (quindi con una sola stimolazione ormonale), impiantandone alcuni subito e conservando gli altri per tentativi futuri.
  • I fautori della legge sostengono la possibilità di conservare, invece degli embrioni, gli ovuli non fecondati, utilizzabili e fecondabili in caso di ulteriori tentativi senza stimolazione ormonale. Si evita così il problema etico derivante dal destino degli embrioni congelati inutilizzati. La crioconservazione degli ovuli però è attualmente meno efficace di quella degli embrioni, anche se la ricerca italiana mostra ottimismo nei confronti della tecnica di “vetrificazione”, che risolverebbe il problema etico.
  • Divieto di fecondazione eterologa. La fecondazione eterologa prevede il ricorso a ovulo o seme di donatori esterni alla coppia. Tale pratica è vietata dalla legge 40, mentre è consentita in molti paesi esteri. L’impossibilità di riproduzione per le coppie in cui uno dei due partner è sterile. Esplosione del “turismo della fecondazione” verso i paesi in cui la fecondazione eterologa è legale.
  • Divieto di clonazione e di sperimentazione sull’embrione. La legge 40 sancisce il divieto di sperimentazione sugli embrioni (ammessa solo se finalizzata alla tutela della sua salute e al suo sviluppo) e la clonazione umana.
  • Strutture abilitate. Gli interventi di procreazione medicalmente assistita possono essere realizzati nelle strutture pubbliche e private autorizzate iscritte in un apposito registro.
  • I LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) sono stabiliti a discrezione delle regioni. Alcune regione, inserendo le tecniche di PMA nei LEA, di fatto le rimborsano al cittadino, altre no. Questo ha dato luogo al fenomeno del turismo interregionale verso regioni, come la Lombardia, in cui presso strutture pubbliche e convenzionate i costi sono quasi interamente coperti dal SSN.

Il termine fecondazione artificiale è spesso sinonimo di procreazione artificiale (umana) detta anche procreazione (medicalmente) assistita.

Le tecniche attraverso le quali essa viene attuata sono molte; il tipo di intervento più diffuso, ma che presenta anche le maggiori problematiche etiche (cfr. bioetica), è quello della fecondazione in vitro con successivo trasferimento dell’embrione così formato nell’utero di una donna (Fivet) per via transvaginale ecoguidata o microiniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo nell’ovulo (Icsi).
Affinché l’embrione si impianti nell’utero attaccandosi all’endometrio e dia perciò luogo ad una gravidanza, occorre che la donna si sottoponga a pesanti cure ormonali (a base di dosaggi elevati di progesterone). Vengono impiantati non più di tre embrioni, per far sì che aumenti la probabilità che ve ne sia almeno uno che attecchisca; la probabilità di ottenere una gravidanza è intorno al 40% di successi per embrione impiantato. V’è anche la probabilità che si verifichi una “gravidanza multipla”.

Abbiamo voluto intervistare una coppia che si è sottoposta alla fecondazione assistita e capire la loro esperienza. Per scelta dei protagonisti di questa vicenda si manterrà l’anonimato.

Cosa vi ha spinto a ricorrere alla fecondazione assistita?

Il motivo per cui abbiamo deciso di “avventurarci” in questo percorso,è stata la diagnosi di una grave sterilità maschile che mio marito ha subìto come conseguenza di terapie mediche effettuate in età pediatrica. Il desiderio di avere un figlio per un uomo ed una donna, legati da un sentimento stupendo che è l’amore è a dir poco innato. Tutto, naturalmente basato su quello che per una coppia è il concetto di “Famiglia” e le proprie convinzioni etiche, religiose e morali. Naturalmente, come per qualsiasi argomento in grado di generare riflessioni etiche, anche per la procreazione artificiale, nella società attuale esiste un rilevante conflitto morale che comprende il senso della famiglia, della procreatività e della autodeterminazione che ogni individuo possiede. Bisogna molto spesso mettere da parte l’emotività, ed avere capacità razionali. Da ciò nasce l’esigenza di conoscere,comprendere ed acquisire informazioni corrette in modo da poter scegliere “SECONDO SCIENZA E COSCIENZA”. Per ciò non bastano leggi che ci dicono cosa fare, ma dobbiamo individuare quelli che per noi sono i veri valori da condividere con chi si ama, tanto da poter decidere come e perché mettere al mondo una nuova vita: UN FIGLIO.

Quali sono i sentimenti che avete provato?

Quello che si prova di fronte ad una esperienza così forte dal punto di vista fisico ma soprattutto psicologico è difficile da spiegare ma soprattutto da far comprendere in quanto credo che solo chi si trova a dover affrontare questo tipo di percorso, riesca a comprendere le difficoltà, i momenti di ansia che la coppia vive, le paure, il senso di frustrazione dopo un tentativo che non è andato a buon fine. Credo vivamente che solo se la coppia è salda ed alla base c’è un forte legame che non deve essere inficiato da “Colpe” da parte di uno, nei confronti dell’altro, si può superare qualsiasi ostacolo e a volte purtroppo qualche delusione.

Racconta a tutti i lettori questa esperienza e quanto ha cambiato la vostra vita.

Questa esperienza ha fortificato il legame tra me e mio marito. Siamo felicissimi di essere dei “genitori Speciali” di due bellissimi bambini, una bimba che oggi ha 9 anni ed un bimbo che ne ha 5. Ci riteniamo una coppia fortunata, che è riuscita dopo tante sconfitte a realizzare il sogno di diventare genitori per ben due volte. Risulta difficile per me far comprendere la gioia che abbiamo provato all’ascolto del primo vagito dei nostri due “Miracoli”.

Quante difficoltà avete riscontrato?

Abbiamo vissuto tante difficoltà di tipo organizzativo in quanto ci siamo rivolti ad una clinica lontana da dove viviamo di 850 Km, in quanto è uno dei centri in Italia con il più alto indice di successo per queste metodiche. Da non sottovalutare i problemi economici visto che io e mio marito siamo stati costretti a rimanere in sede per quasi 3 settimane per tentativo (sei in tutto).

Quale ruolo ha avuto “l’infermiere” in questo percorso?

In un processo così complesso e che genera tante aspettative come quello della fecondazione in vitro, l’importanza che riveste la consulenza e l’aiuto personalizzato dell’ infermiere, è decisiva per il raggiungimento di un buon risultato. In particolari momenti l’infermiere risulta essere una figura di riferimento in grado di chiarire tutti i dubbi che possono sorgere, stimolando il dialogo ed identificando le aree in cui vi manca l´informazione e dando le spiegazioni piú dettagliate. L’infermiere è un professionista che attraverso il dialogo favorisce l´empatia, che aiuta la donna ma soprattutto la coppia, ad integrarsi nella dinamica del processo, in modo da diminuire l´ansia e poter vivere la tecnica di riproduzione nella maniera più fisiologica possibile.

Durante i trattamenti di inseminazione artificiale, la coppia affronta momenti particolarmente impegnativi sia dal punto di vista fisico che psicologico soprattutto per la donna nella fase che precede il pick-up (prelievo ovocitario) e quello che segue il transfert degli embrioni. Durante queste due fasi,infatti, mi sono sentita sola, lontana da casa e per quanto mi confortava la presenza di mio marito, ero spesso assalita da mille dubbi, domande, paure e preoccupazioni. L’infermiere, con il quale si viene a conoscenza fin dalle prime visite, diventa punto di riferimento per chiarire ogni dubbio, per un conforto, per essere tranquillizzati ed informati, che tutto sta procedendo nel giusto modo. Molto spesso ci si trova a dover proporre domande ovvie ed a volte imbarazzanti, ma in tutti i casi l’infermiere è pronto a rispondere e dare ascolto perché il lavoro dell’infermiere è fatto prima di tutto di umanità”.

Concludo con una riflessione …

Mentre un pomeriggio,ero nel letto che piangevo perché rischiavo di perdere “il mio bambino prezioso”, ascoltavo un dibattito in Tv che riguardava, appunto, i problemi etici legati alla fecondazione assistita.

Il tutto ambientato in uno di quei bei salotti davanti ad una telecamera, dove tutti si sentono in grado di capire tutto di tutti. Era ospite un prete il quale nel bel mezzo del dibattito ha esclamato: “Questi bambini non sono figli naturali, ma figli del laboratorio”.

Questi figli di laboratorio hanno dato a me e mio marito la gioia di sentirli crescere dentro di me, partorirli ed oggi vederli crescere. Siamo una coppia credente, che ha fede in Dio, ma non per questo ci siamo privati di farci aiutare dalle tecniche che la medicina di oggi mette a disposizione, affinché potessimo essere genitori di due splendidi bambini ai quali un giorno racconteremo per quale motivo sono così “preziosi” per noi.

L’importante è non accanirsi ed agire sempre secondo scienza e coscienza.

Redazione Nurse Times

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