Il diabete si potrà curare con il calore

Forse presto si dirà addio alla cara, vecchia insulina. Una nuova cura potrebbe (il condizionale è d’obbligo) “mandare in pensione” le fastidiose iniezioni, spesso necessarie contro il diabete di tipo 2 (quello degli adulti, per intenderci).

Si tratta di una rivoluzionaria tecnica di chirurgia mini-invasiva, chiamata rimodellamento della mucosa duodenale, che promette di mettere ko la malattia usando il calore.

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Questo approccio, riportato dal Corriere della Sera datato 24 giugno 2016, è attualmente in sperimentazione al Policlinico Gemelli di Roma, dove ad oggi sono stati trattati sette pazienti, e negli ospedali di Bruxelles, Londra, Amsterdam, Lovanio (Belgio).

Varie le fasi dello studio, che si concluderà tra un paio di anni: la prima parte prevede l’arruolamento di 50 pazienti nei centri europei, la seconda lo estende ad oltre 400 pazienti in Europa e Stati Uniti.

“Alla fine, se i risultati saranno positivi, questo trattamento potrà essere utilizzato da tutti i malati di diabete che non riescono a tenere sotto controllo la malattia con i farmaci”, spiega Guido Costamagna, direttore dell’unità operativa complessa di Endoscopia digestiva chirurgica al Gemelli.

Non sarà più necessaria l’insulina, perché la patologia verrebbe arginata prima che le punture diventino indispensabili.

Complessi i meccanismi alla base della procedura. In sostanza, si tratta di agire proprio dove nasce il diabete di tipo 2, ovvero nella mucosa del primo tratto dell’intestino, il duodeno, che produce gli ormoni necessari a regolare la concentrazione di glucosio nel sangue (la glicemia). Un’alimentazione ricca di calorie può far impazzire

la mucosa che comincia a generare ormoni sballati che impennano il tasso glicemico.

Conseguenze: sviluppo di resistenza all’insulina (l’ormone prodotto dal pancreas che equilibra la quantità di glucosio, evitando i picchi di glicemia), disfunzione delle cellule pancreatiche che producono l’insulina, insorgenza di diabete di tipo 2.

La procedura avviene in sala di endoscopia introducendo dalla bocca un catetere a palloncino che arriva al duodeno, dove rilascia energia termica che elimina una parte della mucosa di superficie, normalizzando così in modo duraturo gli ormoni coinvolti nella resistenza all’insulina.

Per controllare a distanza e con precisione la temperatura applicata, i chirurghi si avvalgono del sistema Revita, un’apposita consolle sviluppata dall’azienda americana Fractyl Laboratories Inc. “Grazie a questo dispositivo, l’intervento, che dura circa un’ora ed è in anestesia generale, risulta sicuro e ben tollerato dai pazienti, che vengono dimessi il giorno dopo”, dice Geltrude Mingrone, direttore dell’unità operativa complessa di Patologie dell’obesità al Gemelli.

Se tutto andrà per il verso giusto (e i ricercatori sono ottimisti), si profilerà, dunque, all’orizzonte una vera e propria svolta nel trattamento del diabete di tipo 2, una malattia che colpisce circa 382 milioni di persone nel mondo e 3 milioni e mezzo in Italia.

Scupola Giovanni Maria

Giovanni Maria Scupola

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Giovanni Maria Scupola

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