Normative

Danni esistenziali

Recentemente la Cassazione è intervenuta a Sezioni Unite per dirimere un contrasto tra tre principale filoni interpretativi in tema di prova del danno da demansionamento.

Naturalmente la prova del danno da demansionamento è da tenere ben distinta dalla prova del demansionamento.
Su quest’ultimo punto, la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 6572/2006 conferma la tesi maggioritaria in dottrina ed in giurisprudenza, che configura il demansionamento come inadempimento contrattuale, e pone a carico del datore di lavoro, ex art. 1218 cod. civ., una presunzione di colpevolezza.
La sent. 6572/2006 conferma peraltro che la dequalificazione è potenzialmente fonte di quattro voci distinte di danno: danno biologico, danno morale, danno professionale nelle due accezioni di danno alla professionalità e di danno da perdita di chances e danno esistenziale.
I tre indirizzi giurisprudenziali, su cui la Corte di Cassazione è stata chiamata a risolvere il contrasto, possono essere così brevemente riassunti:

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1) – IL DANNO DA DEMANSIONAMENTO NON NECESSITA DI PROVA

Secondo tale orientamento, dominante in dottrina e in giurisprudenza, la dequalificazione costituisce un danno di per sé (c.d. in re ipsa). Il giudice, quindi, al riscontro della mera dequalificazione deve liquidare il conseguente danno, anche in via equitativa. Tra le sentenze che hanno aderito a tale orientamento si ricordano:
– Cass. n. 10157 del 25/6/2004; – Cass. n. 10 del 2/1/2002;
– Cass. n. 7980 del 27/4/2004; – Cass. n. 7967 del 1/6/2002;
– Cass. n. 8721 del 29/4/2003; – Cass. n. 13033 del 23/101/2001;
– Cass. n. 12553 del 27/8/2003; – Cass. n. 14443 del 6/11/2000;
– Cass. n. 2763 del 22/2/2003; – Cass. n. 11727 del 18/10/1999;

2) – IL DANNO DA DEMANSIONAMENTO DEVE ESSERE PROVATO DAL LAVORATORE (prova rigida del danno)

Tale secondo orientamento richiede al lavoratore un onere probatorio specifico in tema di danno da demansionamento. La Cassazione, con la sentenza n. 26666 del 6/12/2005, afferma: “E’ necessario che il lavoratore indichi in maniera specifica il tipo di danno in concreto scaturito. La prova può essere fornita anche ex art. 2729 cod. civ. attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti (…) Corollario di quanto ora detto è che grava sul lavoratore l’onere di fornire l’indicazione del tipo di danno subito, restando in ogni caso affidato al giudice di merito il compito di verificare volta in volta se, in concreto, il suddetto danno sussista.” La sent. n. 6992 del 15/5/2002 afferma che per il danno da demansionamento “il risarcimento spetta quando sia provata non solo l’attività illecita ma anche l’oggettiva consistenza del pregiudizio che da essa derivi, non potendo confondersi il risarcimento con l’inflizione di una sanzione civile, o pena privata, soltanto quest’ultima conseguente automaticamente alla condotta illecita.” Tra le sentenze che hanno aderito a tale orientamento vedasi:
– Cass. n. 26666 del 6/12/2005;
– Cass. n. 8904 del 4/6/2003;
– Cass. n. 6992 del 14/5/2002;

3) – L’ORIENTAMENTO INTERMEDIO
Tra i due orientamenti sopra delineati si pone un terzo, intermedio, che propende per l’obbligo a carico del lavoratore di provare il danno alla professionalità – residualmente ed in forma attenuata – tramite presunzioni ex art. 2729 cod. civ., desumibili intrinsecamente dal magistrato per effetto dell’entità, gravità durata del demansionamento nonché dipendenti dal grado di dislivello intercorrente fra le mansioni a quo e quelle dequalificate ad quem in cui si è confinati, valorizzando altresì, ai fini del quantum per la liquidazione equitativa, un’indagine sull’intenzionalità vessatoria ed emarginazione rivelata dal comportamento dell’azienda.
Afferma la Cassazione:”Non ogni demansionamento determina un danno risarcibile ulteriore rispetto a quello costituito dal trattamento retributivo inferiore cui provvede, in funzione compensatoria tramite l’irriducibilità della retribuzione, la norma codicistica dell’art. 2103. Invero, non ogni modifica delle mansioni in senso riduttivo comporta di per sé una dequalificazione professionale, poiché questa fattispecie si connota, per sua natura, con un abbassamento del globale livello delle prestazioni del lavoratore, con una sottoutilizzazione delle sue capacità e una conseguenziale

FONTE: Diritto.it

Redazione Nurse Times

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