Coronavirus, studio conferma l’efficacia del lockdown

Secondo i ricercatori dell’Imperial College di Londra, la scelta operata dalla maggior parte dei governi avrebbe evitato circa 3,1 milioni di morti in Europa.

La scelta del lockdown come metodo principale per prevenire la diffusione del coronavirus, operata da quasi tutti i governi mondiali, avrebbe prodotto ottimi risultati in termini di morti evitate. Lo sostiene un gruppo di ricercatori dell’Imperial College di Londra, che ha eseguito uno studio, pubblicato sulla rivista Nature, dal quale emerge come il provvedimento attuato durante il picco della pandemia abbia scongiurato circa 3,1 milioni di decessi in Europa.

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“Questo studio suggerisce che senza alcun intervento, come il blocco e la chiusura delle scuole, avremmo potuto avere molti più morti e che questi provvedimenti hanno portato a una drastica riduzione della velocità di trasmissione del virus”, ha spiegato Samir Bhatt, uno dei principali autori della ricerca.

Le riduzioni stimate della trasmissione del virus, hanno spiegato gli esperti, si basano su dati combinati provenienti da 11 nazioni europee fino ai primi giorni di maggio 2020, quando ad esempio Italia e Spagna sono uscite dal blocco. Dal 2 al 29 marzo 2020 i Paesi europei hanno iniziato a implementare i principali provvedimenti, tra cui appunto la chiusura delle scuole e i blocchi dei confini nazionali, per controllare l’epidemia di Covid-19.

Misurare l’efficacia di questi interventi, sottolineano ancora i ricercatori, è stato importante, visto il loro impatto sia economico sia sociale, e può indicare quale linea di condotta sia necessaria per mantenere il controllo di un’epidemia. Per arrivare a tradurre tutto ciò in numeri è utile stimare il numero di riproduzione o indice Rt, ovvero il numero medio di casi che una persona infetta può causare mentre è infetta.

Questo valore, però, può essere particolarmente complesso da calcolare utilizzando i dati relativi ai casi segnalati, dal momento che una percentuale importante di infezioni può non non esere segnalata. Un modo alternativo consiste nel calcolare retrospettivamente i livelli di infezione

, analizzando il numero dei decessi. Ed è proprio ciò che ha scelto di fare il gruppo di scienziati guidato da Seth Flaxman per trarre le proprie conclusioni.

Nello specifico i ricercatori hanno analizzato i dati provenienti da Paesi quali Regno Unito, Spagna, Italia, Germania e Belgio fino al 4 maggio 2020, stimando che nel complesso, entro tale data, un numero compreso tra 12 e 15 milioni di individui in questi Paesi (tra il 3,2% e il 4% della popolazione) sia stato infettato dal coronavirus. La percentuale varia da Paese a Paese e passa da un 8% del Belgio, il Paese con il più alto numero di infetti, allo 0,85% della Germania, quello con il più basso tasso d’incidenza. In Italia la stima dei ricercatori riguarda il 4,6 % della popolazione.

In seguito, paragonando il numero di decessi osservati con quelli previsti dal loro modello in assenza di interventi (come il lockdown), gli esperti hanno stimato che circa 3,1 milioni di decessi siano stati evitati grazie a misure di questo tipo, quindi non farmaceutiche. “Il nostro modello suggerisce che le misure messe in atto in questi Paesi nel marzo 2020 sono riuscite a controllare l’epidemia, riducendo il numero di riproduzione e quello di persone che sarebbero state infettate dal virus Sars-Cov-2”, ha concluso Flaxman.

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