Coronavirus, in Veneto l’app Immuni fa cilecca. Cigl: “Molto grave”

L’applicazione non allerta chi l’ha scaricata di essersi trovato vicino a una persona infetta. Sarà effettivamente operativa da lunedì prossimo.

Finora l’app Immuni non ha funzionato in Veneto. O meglio, funzionava, ma non ha potuto allertare nessuno di essersi trovato vicino a una persona infetta perchè i codici delle persone positive non sono mai stati immessi nell’applicazione dalle Usl.

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Il disservizio è stato scoperto da alcuni cittadini del Padovano, risultati positivi, che avrebbero voluto condividere nell’app il codice assegnato loro e hanno chiamato le Usl, sentendosi però dire che non era possibile. A rendere nota la vicenda è stato il Corriere del Veneto, che ha interpellato in merito la Regione Veneto.

Quest’ultima ha spiegato che le procedure di attivazione della piattaforma per la gestione di Immuni sono andate per le lunghe e che il servizio sarà effettivamente attivo dalla prossima settimana. “Adesso la piattaforma informatica che mette in relazione i soggetti positivi con gli eventuali contatti è pronta”, ha dichiarato al quotidiano Francesca Russo, della Direzione Prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria.

Intanto i sindacati attaccano: la Cgil definisce “molto grave” il fatto che in Veneto l’applicazione si scarichi, ma poi non si riesca a effettuare il tracciamento. Grave, a maggior ragione, perché Immuni “è stata scaricata da decine, anzi, centinaia di migliaia di cittadini veneti, tra i più ligi a livello nazionale”. Il Veneto risulta infatti al quarto posto per download.

Chi ha scaricato Immuni, denuncia il segretario regionale della Cgil Veneto, Christian Ferrari, era “convinto di avere in questo modo una tutela in più e di contribuire al contenimento del contagio”, mentre invece non era così, a causa “dell’inefficienza di chi doveva provvedere a far funzionare il sistema di tracciamento”. Ferrari punta il dito contro il governatore Luca Zaia, ricordando che “ci ha tenuto a far sapere di non aver scaricato Immuni”.

La situazione, prosegue Ferrari, “è inaccettabile e va posto immediatamente rimedio, anche perché, con l’aumento dei positivi e la difficoltà sempre crescente di testare tutte le persone che ne avrebbero bisogno, l’app può dare un contributo fondamentale”. In questo momento “non ci possiamo più permettere le polemiche tra Regioni e Governo”, che hanno tenuto banco negli scorsi mesi, conclude il segretario del sindacato veneto, ricordando “le fughe in avanti decise avventatamente a livello locale”

, come le aperture delle discoteche, le sagre e la pretesa di far viaggiare i mezzi pubblici a pieno regime, e denunciando la mancanza di “atti concreti”, con “le risorse stanziate a livello centrale su trasporto e scuola che inspiegabilmente non sono state interamente utilizzate”.

L’app Immuni sarà dunque attiva in Veneto a partire da lunedì prossimo. Finora non lo è stata perché nel giugno scorso la Regione Veneto ha avviato un confronto con le altre Regioni e il ministero della Salute per definire un protocollo operativo condiviso relativo alla gestione di un soggetto identificato dall’app Immuni come possibile contatto, evitando di sottoporre tutti a quarantena preventiva, senza la possibilità di effettuare una valutazione del profilo di rischio.

In sostanza, dato che Immuni non fornisce informazioni relative al soggetto positivo con cui si è venuti in contatto, al luogo del contatto o alle caratteristiche del contatto, segnalando quindi anche contatti che non si possono definire stretti, magari avvenuti con l’utilizzo della mascherina, non è possibile valutare il rischio di ogni situazione. E se è chiaro che finire in quarantena è un problema sia per i diretti interessati che per i loro famigliari e per i loro datori di lavoro, è evidente che finirci senza un motivo non gioverebbe a nessuno.

Questa la spiegazione fornita dalla direzione prevenzione della Regione Veneto in risposta alle polemiche sorte dopo la notizia che in Veneto l’app Immuni non è attiva. Secondo questa spiegazione, insomma, il motivo della mancata attivazione sarebbe paradossalmente quello che è considerato il punto forte dell’app, ovvero la completa tutela della privacy, che rende di fatto impossibile valutare il rischio del contatto con un soggetto positivo segnalato dal sistema, costringendo così alla quarantena anche chi non ne avrebbe bisogno.

Il Veneto, ad ogni modo, non è la sola Regione a non aver ancora attivato l’app, fa sapere la Direzione Prevenzione: “Risulta che allo stato attuale molte Regioni pronte per l’attivazione, che comunque avverrà nel più breve tempo possibile, stanno attendendo la definizione del citato protocollo”.

Redazione Nurse Times

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