Coronavirus, gli esperti di Pomezia lanciano l’allarme: “Attacca anche il cervello”

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Le rivelazioni a Repubblica dei ricercatori Irbm, al lavoro sul vaccino Azdl222.

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Sono riusciti a produrre il più promettente candidato vaccino anti-­Covid, chiamato Azdl222. Sono fiduciosi che la sperimentazione clinica, nonostante lo stop and go della scorsa settimana, andrà a buon fine. Ma sotto i camici bianchi, oltre le lauree in biologia molecolare e i tecnicismi del gergo della scienza, sono donne e uomini come gli altri. Al cospetto dei lati ancora oscuri del coronavirus provano inquietudine.

Ecco quindi Stefania Di Marco, direttrice scientifica di Advent­Irbm, sulle cui spalle da otto mesi grava la responsabilità del progetto, allarmata dall’ultima scoperta: «Il virus non attacca solo i polmoni, ma una pluralità di organi. I reni, il fegato e, ora è stato dimostrato, anche il cervello».

Siamo tornati a Pomezia, nel laboratorio da cui a maggio sono uscite le prime provette del candidato vaccino ideato dallo Jenner Institute di Oxford. Abbiamo trascorso una giornata con Piero Di Lorenzo e Matteo Liguori, amministratore delegato e managing director della Irbm, e con i 24 biologi che si occupano dell Azdl222. Il direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, è stato invitato a visitare tutto il campus: le clean room, che costituiscono il cuore asettico della struttura; le officine tecniche; la “libreria dei composti”, che racchiude 400mila sostanze diverse.

Le fiale per le sperimentazioni in corso in Gran Bretagna, Stati Uniti,
Brasile e Sudafrica sono state consegnate da tempo, ma il lavoro non
è diminuito. «Continuiamo a supportare la fase 3 del trial clinico, quella cruciale per stabilire se il vaccino è efficace e sicuro». Stefania Di Marco cita due recenti ricerche internazionali, nelle quali sono stati individuati i danni del Covid sul cervello

di esseri umani e sui topi: «Non me li aspettavo. Un virus respiratorio, di solito, sui guariti lascia cicatrici ai polmoni, ma non intacca altro».

Sorpresa anche Annalise Di Marco, sorella di Stefania, a capo della sezione High­Content Biology e Screening della Irbm: «L’aggressione a organi diversi da quelli dell’apparato respiratorio è la caratteristica che più spaventa del Covid». E non è l’unica, come ricorda il francese Christian Montalbetti, direttore della sezione Chimica: «Ha una trasmissibilità elevatissima».

Riflessioni tra scienziati che rendono ancor più impellente rispondere alla domanda: quando avremo il vaccino? «Lo stop temporaneo dei test è stata una cosa di routine -­ spiega Di Lorenzo -­ capita quando il campione è ampio e composto anche da soggetti non perfettamente sani. Appena si è capito che la reazione avversa non era dovuta al vaccino, la sperimentazione è ripresa. Se tutto andrà liscio, l’Italia avrà 3 milioni di dosi entro la fine dell’anno, da somministrare alle persone più a rischio».

Non è certo che la Irbm partecipi alla produzione per l’Italia, come invece ha lasciato intendere il ministro della Salute, Roberto Speranza. Il contratto con AstraZeneca, la multinazionale che detiene i diritti dell’Azdl222, non è stato ancora firmato. «La nostra azienda ha una vocazione per la ricerca -­ chiosa Di Lorenzo –, ma se sarà necessario, siamo pronti a garantire 10 milioni di dosi all’anno».

Redazione Nurse Times

Fonte: la Repubblica

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