Coronavirus e trapianti: quando prelevare gli organi da un paziente positivo deceduto

Presentato il Report del Cnt. L’approfondimento del direttore Massimo Cardillo.

“L’Italia è stato il primo Paese al mondo che ha realizzato un protocollo per utilizzare gli organi da donatore Covid positivo. Lo abbiamo fatto in totale sicurezza. I trapianti eseguiti sono stati tutti coronati da successo: non abbiamo avuto nemmeno un caso di trasmissione di malattia. E questo ci è stato riconosciuto anche dalla comunità scientifica internazionale, perché il nostro protocollo è stato pubblicato su una prestigiosissima rivista, l’American Journal of Transplantation. E poi ci hanno seguito tanti altri Paesi”. Così Massimo Cardillo, direttore del Centro nazionale trapianti (Cnt), intervistato dall’agenzia Dire dopo la presentazione del Report sull’attività di trapianti in Italia (vedi allegato).

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“Possono donare le persone che muoiono per un danno cerebrale o per un danno di altra natura che però non è direttamente collegato al Covid – prosegue Carrillo –. Quindi non sono persone che muoiono per il Covid, ma che muoiono per altre ragioni e che vengono trovate positive al Covid. È molto importante dire questo, perché invece, se una persona muore di Covid, la donazione è una controindicazione assoluta, dato che il rischio sarebbe troppo alto. Non è invece una controindicazione se il decesso avviene per un’altra ragione e la persona viene trovata positiva al Covid”.

Gli organi che si possono donare, prosegue Cardillo sono sicuramente cuore e fegato, “perché si tratta di organi salvavita”. Non i polmoni, in quanto sede della patologia, e dunque bersaglio principale del coronavirus. “Ecco perché – spiega il direttore del Cnt – trapiantare i polmoni da questi donatori sarebbe troppo pericoloso. Da qualche giorno, invece, abbiamo allargato il protocollo anche all’utilizzo dei reni. Abbiamo visto che il rischio di trasmissione è assolutamente basso. Anzi, direi praticamente nullo, proprio perché il virus, normalmente, non alberga in questi organi. Quindi tutti i trapianti eseguiti fino a oggi hanno avuto successo. Questo protocollo è basato su considerazioni teoriche, che poi si sono confermate nei fatti”

.

Per quanto riguarda invece le donazioni di midollo da parte di una persona positiva al Covid-19, Cardillo suggerisce “prudenzialmente” di posticipare la donazione, se possibile: “Trattandosi di un donatore vivente, se il paziente non ha urgenza la donazione e il trapianto possono essere posticipati, si aspetta che il donatore guarisca dal Covid, si attendono le canoniche due settimane e poi si fa la donazione, si fa il trapianto. Nel midollo la fattispecie è diversa rispetto al trapianto di organi, perché nel trapianto di organi da donatore deceduto, se non si usa l’organo quando il donatore muore, lo perdo. iI una donazione e in un trapianto da vivente, se non è urgente, si può posticipare il trapianto di qualche settimane ed è prudente aspettare la guarigione del donatore. Se invece il ricevente ha urgenza e deve subito sottoporsi a intervento, si potrebbe anche decidere di fare comunque il trapianto, perché il rischio di trasmissione del virus con il trapianto di midollo è anche qui molto basso, se non nullo. Alla fine, se il rischio è quello che il paziente muoia, bilanciando i due rischi si può anche fare il trapianto con un donatore positivo. Però non lo si fa mai, perché si riesce sempre ad aspettare la guarigione del donatore”.

ALLEGATO: Report donazione e trapianto 2021

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