Coronavirus e complicanze neurologiche: i chiarimenti della Sin

La Società italiana di neurologia spiega come, oltre alle complicanze respiratorie e trombo-emboliche, se ne possano manifestare altre. Non è però dimostrato che siano direttamente correlate al virus, e comunque la possibile relazione va valutata caso per caso.

La Sin (Società italiana di neurologia) fa chiarezza sulle possibili implicazioni neurologiche derivanti da una infezione da coronavirus. Diversi studi, alcuni dei quali condotti in Italia, hanno infatti riportato che, oltre alle note complicanze respiratorie e trombo-emboliche, l’infezione da Covid-19 ha causato un elevato numero di complicanze neurologiche, con valori superiori al 50% soprattutto nei pazienti più anziani con sintomi respiratori tali da richiedere un ricovero ospedaliero. Tuttavia non è dimostrato che queste siano direttamente correlate al virus, e comunque la possibile relazione va valutata caso per caso.

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In un certo numero di casi, pari a circa il 10% di tutte le manifestazioni neurologiche, l’infezione può indurre la comparsa di reazioni infiammatorie e immunitarie che coinvolgono il sistema nervoso, causando la comparsa di encefaliti, meningo-encefaliti, mieliti, polinevriti, e miositi. L’elemento nuovo è rappresentato dalla possibilità che i soggetti colpiti dal virus possano sviluppare complicanze neurologiche anche a distanza di tempo dall’avvenuto contagio, così come in presenza di sintomi respiratori modesti. A tal riguardo uno recente studio inglese suggerisce che un coinvolgimento tardivo del sistema nervoso centrale e periferico rappresenta il 20% di tutte le complicazioni neurologiche.

“Nonostante diversi autori abbiano riportato la possibilità di una invasione del virus SARS-COV-2 nelle cellule nervose – dichiara Alessandro Padovani, segretario della Sin –, ad oggi questa dimostrazione è riportata solo in condizioni sperimentali e non ci sono evidenze di infezioni virali nel cervello o nel midollo. Anzi, si può affermare che la possibilità di un interessamento diretto del virus nel cervello è abbastanza remota. Questo non significa che non siano possibili casi di coinvolgimento del sistema nervoso centrale e periferico durante l’infezione da Covid-19, oppure a distanza di tempo, ma si può dire che tale evenienza è poco frequente”

.

La reazione infiammatoria che non coinvolge unicamente le vie respiratorie è decisamente rilevante e causa la produzione di numerose sostanze, dette citochine, che possono determinare un’attivazione immunitaria in molti tessuti. In seguito all’epidemia si è evidenziato un aumento dei casi di reazioni autoimmuni.

“Ad oggi – aggiunge Gioacchino Tedeschi, presidente Sin – abbiamo a disposizione diverse strategie terapeutiche mediante farmaci antiinfiammatori, farmaci immunosoppressori, trattamenti con immunoglobuline e con plasmaferesi. Vi sono evidenze che la terapia con farmaci cortisonici e terapie immunomodulanti è in grado di controllare la maggior parte di questi casi. Fondamentale è quindi identificare i casi correlati a Covid-19 e stabilire se vi sia una correlazione con la pregressa infezione”.

Si deve dunque tenere presente che in molti casi il contagio non provoca malattia o sintomi (casi asintomatici). Inoltre la comparsa di un evento o disturbo neurologico non necessariamente comporta che la manifestazione neurologica sia correlata con l’eventuale contagio. Per i pazienti infetti il consiglio è quello di riportare tempestivamente al proprio medico di famiglia eventuali disturbi, sia insorti durante l’infezione che a distanza di tempo. Nel caso di disturbi persistenti è fondamentale una valutazione specialistica neurologica.

Redazione Nurse Times

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